La nostra salvezza non dipende dai tedeschi. Dipende da noi

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di Thomas Fazi
 

Come un orologio svizzero, in questi giorni è ripartito il coro pietoso degli europeisti che accusano la Germania di egoismo e di scarso spirito si solidarietà per la sua opposizione agli ormai mitici "eurobond". Trattasi dell'ennesima puntata di una sceneggiata francamente penosa che ormai va avanti da trent'anni. E che sarebbe ora di archiviare una volta per tutte.
 

Ora, chi mi conosce (e soprattutto chi magari ha letto il mio libro "Sovranità o barbarie") sa che non ho mai lesinato critiche alla Germania, ma in questo caso mi tocca spezzare una lancia a favore dei tedeschi. Forse non tutti lo sanno, ma l'opposizione della Germania agli eurobond non è un capriccio dei crucchi che nasce da una sorta di loro cattiveria congenita, come si sarebbe tentati di pensare a sentire i soliti pianti degli europeisti sulla "mancanza di spirito europeo" e altre amenità simili, ma è una posizione che nasce dalla serietà con la quale i tedeschi - e in particolare i giudici della loro Corte costituzionale - prendono i dettami della Costituzione tedesca, che stabilisce chiaramente che le decisioni di carattere fiscale e di bilancio sono di competenza esclusiva del Parlamento tedesco - dove risiede la sovranità popolare - e che dunque la cessione di sovranità fiscale e di bilancio all'Europa - per esempio tramite l'emissione di eurobond - rappresenterebbe una palese violazione della Costituzione e necessiterebbe di una sua riforma tramite referendum popolare.


Come dichiarò qualche anno fa in una memorabile intervista Jürgen Papier, presidente della Corte Costituzionale tedesca tra il 2002 e il 2010: «I limiti dell’integrazione europea si trovano nel rispetto dell’ordine democratico della legge fondamentale tedesca. Se la rappresentanza eletta del popolo tedesco non ha più niente da decidere, perché tutte le competenze fondamentali sono state trasferite a livello europeo, allora abbiamo svuotato l’ordine democratico. La richiesta di più Europa suona bene. Se però si superano i limiti, vengono sacrificati i valori fondamentali della Costituzione. La Costituzione tedesca non permette che l’Europa diventi uno Stato che può attrarre a sé, autonomamente, sempre più competenze. A questo fine il popolo tedesco dovrebbe darsi una nuova Costituzione [possibile solo con un referendum]. Ma non vedo alcuna disponibilità in merito. Il popolo tedesco non vuole, al momento, uno Stato federale europeo, come del resto non lo vogliono gli altri popoli europei».


È più chiara adesso la cosa? Qui il problema non sono i tedeschi, che si limitano a difendere la loro Costituzione e che giustamente non ravvedono minimamente le condizioni per la creazione di uno Stato federale europeo. Il problema sono i nostri governanti che aderendo all'eurozona hanno fatto carta straccia della nostra Costituzione formale e materiale, data la palese incompatibilità del modello sociale ed economico italiano con l'architettura di Maastricht, al momento della cui fondazione i tedeschi hanno espresso chiaramente quali erano i limiti dell'integrazione europea che non erano disposti a superare.


E che adesso che si rendono conto che la realtà del "sogno europeo" che ci propinano da anni (evidente a chiunque non avesse gli occhi foderati di bandiere blu) è che ci troviamo privi di tutti gli strumenti economici necessari per far fronte alla peggiore crisi economica e sanitaria della nostra storia, hanno pure il coraggio di prendersela con i tedeschi per il semplice fatto di tenere fede alla loro parola e di prendere sul serio la difesa della loro sovranità nazionale.


La nostra salvezza non dipende dai tedeschi. Dipende da noi. In questa situazione da incubo ci siamo messi con le nostre mani. E sole con le nostre mani ne potremo uscire, riprendendoci in mano - scusate il gioco di parole - il nostro destino. Altro che letterine e ultimatum all'Europa.

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