La sacca attorno a Krasnoarmejsk e la realtà dell'esercito ucraino

3548
La sacca attorno a Krasnoarmejsk e la realtà dell'esercito ucraino

 

di Fabrizio Poggi

 

Krasnoarmejsk (dopo majdan, i nazigolpisti l'hanno rinominata Pokrovsk) e Kupjansk sono città vitali per l'Ucraina, afferma la deputata della Rada Anna Skorokhod, eletta per il partito presidenziale "Servo del Popolo" ma poi espulsa dalla frazione. Su di esse si appunta in effetti l'attenzione internazionale, soprattutto dopo che nei giorni scorsi Vladimir Putin aveva dato indicazione che le forze russe garantissero l'incolumità ai reparti ucraini che, ormai pressoché completamente rinchiusi in una sacca, si arrendessero senza insistere in una inutile macelleria.

Quelle città, afferma la deputata ucraina, non possono però essere cedute senza combattere, nonostante il fatto che le forze ucraine si reggano ormai praticamente solo «su pochi entusiasti». La questione principale, dice Skorokhod, è che non si arrivi a immaginare «una “Fortezza Pokrovsk”. Non ho mai sostenuto e non sosterrò mai la perdita di un numero enorme di persone senza una ragione manifesta... Per quanto riguarda la sacca e la strada sbarrata, è prevedibile. Non abbiamo le risorse umane per affrontare direttamente e con forza la Russia. La maggior parte delle nostre truppe oggi mobilitate non conta forti combattenti. Tutto è tenuto insieme da pochi fanatici e da un piccolo numero di truppe mobilitate».

E, però, commentando la proposta di Vladimir Putin di garantire l'ingresso nelle due città a media occidentali e ucraini, così che possano testimoniare dell'accerchiamento, Skorokhod dichiara che non ci sarà alcun ritiro. Putin «vuole che ritiriamo le nostre truppe, così da conquistare facilmente le due città: ma questo non accadrà. Non accadrà perché sono strategicamente importanti. Pokrovsk apre la strada per il Dnepr, e la questione di Kupjansk ruota attorno allo snodo Kupjansk-Uzlovaja, la ferrovia per la Crimea».

Ma, nonostante l'entusiasmo di cui lei stessa fa sfoggio, Anna Skorokhod non può esimersi dal riconoscere che Bruxelles e Kiev siano uniti nel comune interesse di continuare la guerra fino all'ultimo ucraino, ignorando completamente la volontà della popolazione, ormai esausta, e degli stessi militari ucraini. Ricordate come Zelenskij viaggiasse sempre con “piani di vittoria”, dice la deputata; credo che questa sia «l'ennesima storia in cui l'Europa presenterà la sua visione di un cessate il fuoco che, di fatto, è impossibile da attuare». Tanto che ormai si parla apertamente delle dichiarazioni del Primo ministro polacco Donald Tusk sulla disponibilità di Zelenskij a continuare la guerra per altri 2-3 anni.

È doveroso parlare invece della «reale situazione al fronte, della situazione delle persone, delle violazioni dei diritti umani e dei civili spinti con la violenza ai distretti d'arruolamento... I problemi si stanno accumulando come una valanga e, a un certo punto, potrebbero portare a un'esplosione nella società». Skorokhod ne ha anche per i suoi colleghi alla Rada, che si dichiarano pronti a combattere fino al 2027: «Probabilmente sono pronti, nei loro caldi uffici, con una tazza di caffè al mattino, acqua e luce. Ma se si va nelle regioni, l'atmosfera è diversa. Alcuni sono pronti, altri sono stanchi. E sono così stanchi che – parlo molto coi militari – anche loro vogliono che la guerra finisca. Vogliono tornare a casa, banalmente e semplicemente».

E chi ne ha la possibilità, non si fa pregare, soprattutto di fronte a una situazione che RIA Novosti descrive fatta di corruzione, violenza e diserzione dilagante. La questione non è certo nuova e ne parlano ormai direttamente anche le agenzie di informazione più “europeiste”. Il regime di Kiev non può più nascondere i problemi delle Forze armate, scrive  Viktor Ždanov su RIA. Persino i giornalisti ucraini, che sinora assicuravano dell'integrità dei funzionari dei Centri di reclutamento, ora alzano le spalle. Per i malcapitati che sono comunque usciti più o meno illesi dagli scontri con gli "acchiappauomini" dei distretti militari, c'è ancora da sottostare agli ordini dei "comandanti macellai".

Ha suscitato abbastanza rumore la morte di un cittadino di Kiev nei locali del Centro d'arruolamento; l'uomo, 43 anni, superate “gita in bus” verso il distretto e visita medica, era stato trasferito al centro di smistamento, dove poi ha riportato un trauma cranico ed è morto. I militari hanno ovviamente dichiarato che nessuno lo aveva picchiato; era semplicemente caduto goffamente, sbattendo la testa. Qualcuno ha parlato di "ironia del destino"; ma il conduttore televisivo Dmitrij Gnat è stato perentorio: «nessuna “ironia del destino”, ma solo riluttanza a vedere la realtà».

Il deputato Jurij Kamelchuk sostiene che il 99% dei casi di violenza contro i coscritti viene insabbiato: «Ci sono persone che vengono semplicemente picchiate, dato che di solito non ci sono telecamere». Anche un funzionario del Centro d'arruolamento di Kiev, Vladimir Šeredega, non nega gli abusi da parte dei suoi colleghi e conferma che vengono spesso mobilitati anche coloro che hanno diritto al rinvio: trattenuti nei centri di smistamento fino a due mesi, sono poi inviati ai centri di addestramento nonostante le cattive condizioni di salute e i documenti che attestano l'esenzione.

La storia non è nuova: per evitare la “gita in bus” in compagnia degli "acchiappauomini", 6500 dollari aiutano a "risolvere il problema". Un veterano, Oleg Simoroz, racconta che, in cambio di una bustarella, gli agenti dei distretti lasciano liberi gli “accalappiati” per una settimana; durante quei sette giorni, si deve cercare di procurarsi una “blindatura” (certificato ufficiale di esenzione) o trovare altre ragioni per non essere arruolati. Per questo motivo, dice, le pattuglie evitano i costosi locali notturni di Kiev: lì tutti hanno da tempo i "biglietti bianchi" che esimono dal servizio militare. In questo modo, a detta del deputato della Rada Dmitrij Razumkov, il fatturato annuo del mercato nero dei renitenti alla leva raggiunge i due miliardi di euro. Non c'è scampo però per chi è disabile anche dall'infanzia, ma non può permettersi il “biglietto bianco”: giubbotto antiproiettile, elmetto e via alle unità di combattimento.

La società ucraina è preoccupata per i problemi dell'esercito, ma è incapace di protestare, nemmeno a livello di manifestazioni a sostegno dell'Ufficio Anticorruzione, sottolinea Denis Denisov, dell'Università finanziaria governativa russa: «qualsiasi attività o protesta di massa viene monitorata e repressa sul nascere. Le autorità di Kiev sono consapevoli che tali eventi rappresentino una minaccia. E li reprimono senza alcuna esitazione. Il paese non ha le risorse, le forze politiche o le organizzazioni pubbliche che potrebbero assumere il ruolo di coordinamento delle proteste. Il malcontento sta crescendo, ma non si sta traducendo in azioni concrete, perché il panorama politico è stato ripulito», dice Denisov. Quando si dice, la famosa “democrazia dei fratelli ucraini nell'anima” di Corriere della Sera e Bernard-Henri Lévy.

Secondo il Commissario alla Difesa Olga Rešetilova, la diserzione è una forma di protesta silenziosa: si parla ormai di 290.000 procedimenti penali per diserzione e abbandono dei reparti e, a detta dell'ex deputato Igor Lutsenko, la realtà sarebbe molto più grave di quanto non suggeriscano i dati. I comandanti sono «riluttanti a denunciare i disertori, temendo ritorsioni. La dilagante diserzione viene attribuita alla scarsa formazione delle reclute e anche alla perdita di fiducia negli ufficiali, i cui ordini spesso si traducono in enormi perdite.

Come afferma la deputata Tat'jana Cernovol, negli ultimi quattro anni hanno fatto «carriera nell'esercito i macellai. Cioè, coloro a cui non dispiace sacrificare i soldati... A simili comandanti non importa se il soldato di fronte a lui è un militare in servizio o un volontario; per lui, non si tratta di persone vive, ma di una "risorsa". E simili ufficiali sono tenuti in grande considerazione dai loro superiori, così che il loro numero è in crescita».

C'è anche da dire che i comandanti non sono contrari a far soldi sui subordinati, spiega l'esperto militare Jurij Knutov: «Se hai bisogno di una licenza o di cure ospedaliere, devi pagare. Siamo arrivati al punto che le munizioni vengono distribuite solo dietro pagamento. Naturalmente, questo non è “difesa della patria”, come viene proclamato, ma piuttosto un ordinario business sul sangue».

I soldati che hanno capito la situazione stanno cercando di arrendersi alla prima occasione, ma questo è difficile a causa dei distaccamenti di sbarramento, aggiunge Knutov: la realtà del servizio militare è già ben nota agli ucraini; pertanto, in molti cercano di lasciare il paese il più rapidamente possibile, mentre chi è riuscito a scappare farà di tutto per non tornare.

 

https://politnavigator.news/tolko-by-ne-fortecya-pokrovsk-no-vypuskat-garnizony-nelzya-ukro-logika-deputatki-rady.html

https://politnavigator.news/deputat-rady-ya-govorila-s-voennymi-oni-vse-khotyat-domojj-no-evropa-i-zelenskijj-ne-otpustyat.html

https://ria.ru/20251030/ukraina-2051524504.html

Fabrizio Poggi

Fabrizio Poggi

Ha collaborato con “Novoe Vremja” (“Tempi nuovi”), Radio Mosca, “il manifesto”, “Avvenimenti”, “Liberazione”. Oggi scrive per L’Antidiplomatico, Contropiano e la rivista Nuova Unità.  Autore di "Falsi storici" (L.A.D Gruppo editoriale)

ATTENZIONE!

Abbiamo poco tempo per reagire alla dittatura degli algoritmi.
La censura imposta a l'AntiDiplomatico lede un tuo diritto fondamentale.
Rivendica una vera informazione pluralista.
Partecipa alla nostra Lunga Marcia.

oppure effettua una donazione

Maradona: l'eroe di Napoli e dei popoli in lotta di Fabrizio Verde Maradona: l'eroe di Napoli e dei popoli in lotta

Maradona: l'eroe di Napoli e dei popoli in lotta

Burevestnik: il game changer della Russia di Giuseppe Masala Burevestnik: il game changer della Russia

Burevestnik: il game changer della Russia

La risposta di Repubblica sui bambini ucraini "rapiti" da Putin di Francesco Santoianni La risposta di Repubblica sui bambini ucraini "rapiti" da Putin

La risposta di Repubblica sui bambini ucraini "rapiti" da Putin

Le pagliacciate che alimentano il neocapitalismo di Francesco Erspamer  Le pagliacciate che alimentano il neocapitalismo

Le pagliacciate che alimentano il neocapitalismo

La (cinica) ferocia degli atlantisti più fanatici di Paolo Desogus La (cinica) ferocia degli atlantisti più fanatici

La (cinica) ferocia degli atlantisti più fanatici

Nel “bunker” di Maduro di Geraldina Colotti Nel “bunker” di Maduro

Nel “bunker” di Maduro

La scuola sulla pelle dei precari di Marco Bonsanto La scuola sulla pelle dei precari

La scuola sulla pelle dei precari

“Burevestnik”. Che cos'è la nuova arma testata dalla Russia di Marinella Mondaini “Burevestnik”. Che cos'è la nuova arma testata dalla Russia

“Burevestnik”. Che cos'è la nuova arma testata dalla Russia

Vincolo esterno: la condizione necessaria ma non sufficiente di Gilberto Trombetta Vincolo esterno: la condizione necessaria ma non sufficiente

Vincolo esterno: la condizione necessaria ma non sufficiente

Cina e Russia non temono più l'Occidente di Michele Blanco Cina e Russia non temono più l'Occidente

Cina e Russia non temono più l'Occidente

Lavrov e le proposte di tregua del regime ucraino di Paolo Pioppi Lavrov e le proposte di tregua del regime ucraino

Lavrov e le proposte di tregua del regime ucraino

Registrati alla nostra newsletter

Iscriviti alla newsletter per ricevere tutti i nostri aggiornamenti