L'ala radicale di Syriza vuole un default in stile islandese e la nazionalizzazione del sistema bancario
La “Piattaforma di sinistra” è pronta a tornare alla dracma
La vera motivazione dietro la linea dura adottata dai creditori della Grecia nei negoziati con i rappresentati del paese ellenico è stata ben espressa in un recente articolo dell'economista francese Jacques Sapir:
"Ciò che l'Unione europea sta cercando, attraverso l'Eurogruppo, è cauterizzare il precedente inaugurato dalle elezioni greche del gennaio 2015. Questo per dimostrare non solo alla Grecia, ma alla Spagna, all'Italia e alla Francia, che non si può "uscire dal quadro di austerità", come è stato organizzato dai trattati. Così l'importante non è tanto piegare la Grecia, o umiliare i suoi dirigenti (anche se alcuni leader europei sono di questa idea), ma rimuovere il desiderio dei popoli d'Europa a ribellarsi attraverso elezioni contro i diktat di Bruxelles e Francoforte".
Questo è diventato ancora più importante dopo le elezioni regionali e municipali in Spagna che hanno esposto il crescente risentimento verso la troika e un forte sostegno per Podemos, un movimento politico progressista che è, per molti versi, ideologicamente allineate con Syriza.
Ma a minacciare Tsipras e il suo governo non sono solo i creditori.
Il 25 maggio c'è infatti stato il voto del comitato centrale di Syriza che ha respinto le proposte da parte della Piattaforma di sinistra del partito, guidata dal ministro per le Ricostruzione Produttive, l'Ambiente e l'Energia, Panagiotis Lafazanis, di non pagare la rata al FMI e di nazionalizzare le banche del paese.Tsipras ha vinto con 95 voti, mentre 75 hanno votato a favore di un default ma ciò significa che qualunque accordo con i creditori dovrà ottenere il via libera dei membri più radicali di Syriza, perchè la cosa peggiore dei controlli di capitale o di un 'Grimbo' sarebbe una sconfitta di Tsipras in Parlamento al momento della votazione sull'accordo con i creditori a causa di lotte intestine di partito che porterebbero ad una rapida disintegraziane del governo.
da WalStreetItalia
l'Islanda è diventato il primo paese europeo coinvolto nel caos finanziario del 2008 a registrare un Pil superiore ai livelli pre crisi. Il paese ha adottato un approccio totalmente differente dagli altri. Mentre il governo britannico ha nazionalizzato Lloyd e RBS con i soldi dei contribuenti e mentre gli Stati Uniti hanno comprato quote azionarie nelle banche di Wall Street ritenute 'too big to fail', Reykjavik ha lasciato che gli istituti di credito fallissero e ha messo in prigione i banchieri e gli altri responsabili della crisi.