Ma perché la "scienza" in Italia è diversa da quella in Germania o Giappone?
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Forse a qualcuno sembrerà una banalità, ma difronte alle macroscopiche differenze nella gestione pandemica fra i vari paesi del mondo una riflessione viene abbastanza spontanea.
Se disposizioni come lockdown, mascherine, età minima per la vaccinazione, obbligo vaccinale, greenpass, sono adottate in misura difforme - maggiore, minore o addirittura nulla - a seconda del contesto nazionale di riferimento questo può significare soltanto due cose.
O le leggi scientifiche italiane sono sostanzialmente diverse rispetto a quelle inglesi, tedesche, svedesi o giapponesi. Oppure il tenore di quelle stesse decisioni, pur avendo una base di scientificità, è motivato da convincimenti e interessi principalmente politico-ideologici.
Non c’è una terza possibilità.
Beninteso, non che la cosa mi scandalizzi o mi veda contrario per principio. Tutto l’opposto. Ma che si abbia il coraggio di ammetterlo e rivendicarlo. E la si smetta, una volta per tutte, con questa stucchevole (e per nulla nuova) narrazione da “ce lo chiede lascienza” utile solo a de-responsabilizzare e mettere al riparo il decisore. Lasciandolo così sostanzialmente libero di imporre un modello che, fra decretazioni d’urgenza, commissari straordinari, delegittimazione del Parlamento, lasciapassare obbligatori e azzeramento del dibattito pubblico, ha di fatto sospeso a tempo indeterminato la democrazia in nome della scienza.
Ecco, se fossimo un Paese “sano” e con sufficienti anticorpi democratici questo modus operandi simile a un raggiro (per non dire abuso della credulità popolare o circonvenzione d’incapace) sarebbe un tema importante su cui riflettere e discutere.
Ma mi rendo conto che così è molto più facile. Soprattutto per chi, pur ammantandosi di democraticità e antifascismo, seguita nel ritenere il popolo un’informe massa di decerebrati che deve soltanto ubbidire. Senza fare troppe domande e, possibilmente, senza rompere troppo i c...