Polizia, fascisti e Cgil: 3 domande senza risposta
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Quando avrete finito di esibire la vostra superiorità intellettuale con varianti solo un poco più raffinate del tema fasciNoVaxdimmerda vorrei che qualcuno di buona volontà rispondesse a queste banalissime domande.
Stante le ripetute dichiarazioni del governo, che ha individuato nell’estremismo no vax una concreta minaccia terroristica, come spiegate il comportamento del Ministero dell’interno che, in una giornata di mobilitazione massiccia, non ha ritenuto opportuno:
1 - vigilare su un controverso personaggio legato agli anni di piombo, condannato per banda armata e chiaramente protetto dai servizi segreti britannici cui è stato consentito di prendere parte, fin dal principio, a gran parte delle manifestazioni antigovernative contro le misure anti-covid;
2 - impedire a un tizio in regime di sorveglianza speciale, con braccialetto elettronico e Daspo di partecipare a una manifestazione di piazza arringando impunemente migliaia di persone dal palco;
3 - predisporre un adeguato cordone di sicurezza nei pressi della sede del principale sindacato italiano nonostante reiterate minacce pubbliche e concreti elementi indiziari lasciassero agevolmente prevederne l’assalto.
Perché se l’atteggiamento inspiegabilmente inerme delle forze dell’ordine difronte agli assalitori o un dirigente di PS che chiacchiera amichevolmente con un ex terrorista dei NAR con 18 anni di carcere alle spalle sono circostanze che si possono pure provare a giustificare (seppure con una discreta arrampicata di specchi), tutto quanto avvenuto (rectius non avvenuto) prima no. E meriterebbe una discussione un po’ più seria del ridurre tutto - come al solito - a complottismo d’accatto. Beninteso, qui non si sta certo ciarlando di “infiltrati”, come la ricostruzione di qualche sprovveduto vorrebbe sostenere. Perché quella gente lì stava bellamente in prima fila, alla luce del sole. E non era manco la prima volta.
Si ipotizza altro, qualche neanche troppo sofisticata operazione sotto falsa bandiera. Nulla di più, nulla di meno. Roba basica, da manuale operativo per giovani reclute. E non lo si fa così, tanto per ciurlare nel manico. Ma per rispetto nei confronti di tutti quei cittadini ben consapevoli di vivere in uno dei paesi storicamente fra i più eterodiretti del mondo. Dove, nei periodi più caldi del conflitto sociale, si è sperimentata (e poi affinata) la strategia della tensione ai massimi livelli.
Rinunciare a priori a comprendere se quanto andato in scena l’altro pomeriggio rientra, anche solo per ipotesi, in uno schema ampiamente collaudato diventa quindi esercizio obbligato. Quale che sia l’orizzonte politico all’interno del quale ci si muove.
Diversamente, evitando di inquadrare la questione da diverse prospettive, si rischia di perdere il quadro complessivo e fare il gioco del manovratore del caso. Chiunque esso sia. Il governo, i neofascisti o i rettiliani.
Perché a non porsi le giuste domande, nemmeno difronte ad eventi così inquietanti, si finisce per bersi qualunque stronzata propalata dai media a reti unificate. Un epilogo ben chiaro ad Hannah Arendt quando ci ammonì che “ il suddito ideale del regime totalitario non è il nazista convinto o il comunista convinto, ma l'individuo per il quale la distinzione fra realtà e finzione, fra vero e falso non esiste più.“