Pompeo abbaia e il Vaticano porta a scuola di sovranità il Governo Conte

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Pompeo abbaia e il Vaticano porta a scuola di sovranità il Governo Conte


di Aurelio Armellini


Che il Segretario di Stato del paese di Youtube, Facebook, Instagram, Snapchat, Whats’up, Google, Pinterest, Linkedin… consigli di prestare attenzione sulla “tutela dei dati dei propri cittadini” fa sorridere. Che lo faccia con l’arroganza con cui Mike Pompeo si è presentato oggi a Roma nell’incontro con il premier Conte e il ministro degli esteri Di Maio, non fa più ridere. Anzi, diviene oltraggioso e ripugnante anche per una semi-colonia come l’Italia si è rifilata ad essere da troppi anni.
 
Prima dell’incontro con Di Maio e Conte, l’ex capo della Cia noto per aver detto di essere addestrato a mentire, imbrogliare e rubare, aveva subito un’umiliazione storica da un vero stato sovrano, quello del Vaticano. La mancata visita papale era un chiaro segnale contro le incredibili ingerenze delle relazioni con la Repubblica popolare cinese. Molto duro il Segretario di Stato Parolin che, insieme a Papa Francesco, si sono dichiarati “sorpresi dall’uscita di Pompeo sui nostri rapporti con la Cina”. Per poi ribadire come “la linea distensiva con Pechino andrà avanti, almeno da parte nostra c’è questa volontà”.  Nessuna marcia indietro quindi da quel Papa che i neo-conn Usa come Pompeo mal digeriscono per la contrarietà espressa con forza nel 2013 alle solite bombe “democratiche” pronte contro Damasco dopo i falsi rapporti delle "armi chimiche di Assad".

Del resto, lo dicono loro stessi sono addestrati a mentire, imbrogliare, rubare. E bombardare. E preparare golpe. E sanzionare in modo criminale anche in epoca di pandemia mondiale. E fare tutto questo contemporaneamente come sanno bene tanti paesi che scelgono comunque la via dell’indipendenza e della sovranità.

A tal proposito Pompeo, nel corso della conferenza stampa con Di Maio, ha poi dichiarato come la "missione" degli Stati Uniti è quella di appoggiare "tutti gli attori che possono dare sostegno al popolo cinese e mettere fine all'orrore del regime autoritario del Partito comunista cinese". Abbiamo dovuto più volte leggere questa frase increduli. Ci sarebbe da rabbrividire se non fosse che a dirlo è il rappresentante di un paese in guerra per 223 anni sui 244 di esistenza.

Sono addestrati a mentire, imbrogliare, rubare, bombardare, sanzionare, preparare golpe e richiamare all’ordine le colonie.

Esistono, del resto, due modi possibili per fare politica estera: da stati sovrani in grado di dare seguito ai propri impegni, come sta facendo la Cina verso l’Italia dopo la firma del Memorandum del marzo 2019 e come ha ampiamento spiegato ed illustrato Kartana su questo giornale. O da semi-colonia che può seguire solo le direzioni della Madrepatria e quando viene richiamato all’ordine per qualcosa di sbagliato diventa ancora più protettorato. In questo secondo caso è meglio, come indicava Lucio Caracciolo in un editoriale su Repubblica post Memorandum commentato sull’AntiDiplomatico da Francesco Maringiò, non fare niente che possa urtare i padroni. Perché poi si arrabbiano e abbaiano come oggi Pompeo.
 
La risposta di Luigi Di Maio ai diktat anticinesi del Segretario di Stato Usa – "Sulla questione del 5G ho comunicato al Segretario Mark Pompeo che abbiamo ben presenti le preoccupazioni degli alleati statunitensi e siamo ben consapevoli della responsabilità che grava su ogni Paese Nato quando entra in gioco la sicurezza degli alleati” – vi mostra chiaramente quale opzione abbia purtroppo scelto il Governo Conte 2 dopo la firma del Memorandum nel Conte 1. Anche il silenzio sulle parole eversive e belliche di Pompeo verso il Partito comunista cinese sono altrettanto eloquenti.
 
Tutto questo mentre Francia e Germania possono continuare a firmare miliardi di contratti con la Cina e mentre il Portogallo – sì avete capito bene il piccolo Portogallo - zittisce (con una prova di sovranità che imbarazza le prestazioni dei governanti italiani) Pompeo ribadendo che sono “scelte nazionali” l’utilizzo o meno del 5G, il porto di Trieste viene dato alla mercé di quello di Amburgo con l’Italia, come scritto da Pasquale Cicalese su l’AntiDiplomatico oggi, che, senza un brusco scatto d'orgoglio nazionale, si appresta ad altri 20 anni buttati da colonia tedesca (euro) e Usa (Nato).
 

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