"Prima i vaccinati": 4 considerazioni sulla bestialità pronunciata da Bersani

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Dice Bersani che se non ci fosse più posto negli ospedali un vaccinato deve avere la priorità su un novax. Ora, al simpatico Bersani mi permetto di sottolineare alcune semplici e banalissime cose.
 
La prima, ma proprio di passaggio, è che un “vaccinato” in ospedale non dovrebbe proprio finirci. E se malauguratamente ci finisce, probabilmente, il vaccino che la sedicente sinistra vuol rendere obbligatorio a tutti i nostri lavoratori (mentre addirittura gli americani rigettano il principio) non funziona esattamente come dovrebbe. Ma vabbè, qua parliamo di logica spicciola quindi non si può pretendere chissà che cosa.
 
La seconda è che il diritto universale alla salute è giuridicamente garantito dalla Costituzione “più bella del mondo”, lo stesso pezzo di carta da loro idolatrato come un totem. Benché a orologeria e solo ogni qual volta si rende necessario respingere le minacce dei fascisti fantasma. E che di principi fondamentali di questo tipo non si può fare carta straccia come nulla fosse, soprattutto se in ragione di un’emergenza causata principalmente da carenze strutturali. Tipo posti letto che mancano, ospedali chiusi, farmacie e laboratori ospedalieri senza farmaci e reagenti, liste d’attesa bibliche, migliaia di giovani medici e infermieri costretti a emigrare all’estero. Cose così, mica da un imprevedibile asteroide.
 
La terza è che queste carenze strutturali sono figlie di una violentissima stagione di tagli e privatizzazioni di cui proprio Bersani è stato massima espressione. Perché i decreti sulle liberalizzazioni mica li ho scritti e firmati io. Se si chiamano “decreti Bersani” un cazzo di motivo ci dev’essere.
 
Esattamente come i 37 miliardi di tagli alla sanità in sette anni. Tutti promossi e votati da governi con dentro il Pd, partito di cui, mi pare, sia stato ministro e pure segretario.
 
La quarta (e ultima) è che sostenere simili posizioni di meritocrazia sanitaria - oltre che figlio del più becero pensiero liberista ottocentesco - non è soltanto feccia. È proprio sbagliato a livello di strategia. Perché se oggi passa questo criterio di macabra lotteria a premi e poi domani cambiano gli equilibri di potere, finisce che arriva qualcun altro che di principio ne fa passare uno simile. Tipo che se non si può curare tutti allora diventa lecito negare assistenza medica a ministri, politici, segretari, giornalisti ed elettori di quei partiti che, durante la seconda Repubblica, hanno fattivamente contribuito a devastare l’intero sistema sanitario nazionale trasformandolo in uno da terzo mondo in cui ci si arroga il diritto di scegliere chi far vivere e chi no. Anche questo “bisogna che lo diciamo”. Occhio che la ruota gira.
 
 
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Antonio Di Siena

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Direttore editoriale della LAD edizioni. Avvocato, blogger e autore di "Memorandum. Una moderna tragedia greca" 

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