Produttori di armi e consulenze bancarie: a chi gioverà il riarmo europeo
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di Alessandro Volpi*
A chi giova il riarmo europeo. Una breve disamina in termini finanziari delle politiche del riarmo può essere utile per comprendere chi ne trarrà grandi benefici. Partiamo dagli stanziamenti pubblici: il piano Readiness 2030 prevede uno stanziamento di 800 miliardi, fra maggior debito statale e prestiti europei, a cui vanno aggiunti gli "extra" investimenti pubblici della Germania, impegnata nel più grande riarmo dal 1933, e di altri singoli paesi, a partire dai baltici.
Ci sono poi ben 2700 miliardi di maggior spesa aggiuntiva, entro il 2030, prevista dai membri della Nato, a cui si sommano le obbligazioni emesse dalla Banca Europea degli investimenti. Dunque, una montagna di soldi pubblici che servono a far lievitare il valore delle società che producono armi, i cui azionisti, a cominciare dai grandi fondi finanziari, saranno i principali beneficiari di un simile flusso. Ma le stesse società dedicate alla "difesa" potranno emettere obbligazioni per raccogliere ulteriori risorse, i cui rendimenti andranno a beneficio degli investitori finanziari dai portafogli più consistenti, mentre i già ricordati grandi fondi possono creare una quantità smisurata di strumenti come gli Etf, che replicano indici tutti costruiti sui titoli delle società produttrici di armi, attraverso cui creare una formidabile raccolta di risparmio gestito.
C'è poi l'altrettanto estesa componente delle consulenze bancarie sia alle società che producono armi sia ai loro clienti in merito alle scelte da operare e, naturalmente, accanto ad essa figura la sempre coltivata linea dei finanziamenti al settore delle armi, certo ora remunerativo come non mai. In questo scenario compaiono anche hedge fund e private equity di taglio eminentemente speculativo, fuori dalle Borse e fuori dalle regole. Grandi fondi, grandi banche, finanza speculativa saranno così i veri beneficiari di una mobilitazione di denaro pubblico quasi senza precedenti: una mobilitazione destinata a fornire rendimenti così alti da cancellare ogni possibile concorrenza da parte di altri settori ben più vitali per l'esistenza individuale e collettiva. In maniera paradossale, infine, questa grande messe di risorse pubbliche, raccolte con il debito, dovrà pagare interessi sempre più alti proprio perché dovrà fare i conti con la competizione dei fortissimi titoli azionari e obbligazionari delle società legate alle armi. Mi pare chiaro, quindi, chi siano i vincitori della "guerra".
Ci sono poi ben 2700 miliardi di maggior spesa aggiuntiva, entro il 2030, prevista dai membri della Nato, a cui si sommano le obbligazioni emesse dalla Banca Europea degli investimenti. Dunque, una montagna di soldi pubblici che servono a far lievitare il valore delle società che producono armi, i cui azionisti, a cominciare dai grandi fondi finanziari, saranno i principali beneficiari di un simile flusso. Ma le stesse società dedicate alla "difesa" potranno emettere obbligazioni per raccogliere ulteriori risorse, i cui rendimenti andranno a beneficio degli investitori finanziari dai portafogli più consistenti, mentre i già ricordati grandi fondi possono creare una quantità smisurata di strumenti come gli Etf, che replicano indici tutti costruiti sui titoli delle società produttrici di armi, attraverso cui creare una formidabile raccolta di risparmio gestito.
C'è poi l'altrettanto estesa componente delle consulenze bancarie sia alle società che producono armi sia ai loro clienti in merito alle scelte da operare e, naturalmente, accanto ad essa figura la sempre coltivata linea dei finanziamenti al settore delle armi, certo ora remunerativo come non mai. In questo scenario compaiono anche hedge fund e private equity di taglio eminentemente speculativo, fuori dalle Borse e fuori dalle regole. Grandi fondi, grandi banche, finanza speculativa saranno così i veri beneficiari di una mobilitazione di denaro pubblico quasi senza precedenti: una mobilitazione destinata a fornire rendimenti così alti da cancellare ogni possibile concorrenza da parte di altri settori ben più vitali per l'esistenza individuale e collettiva. In maniera paradossale, infine, questa grande messe di risorse pubbliche, raccolte con il debito, dovrà pagare interessi sempre più alti proprio perché dovrà fare i conti con la competizione dei fortissimi titoli azionari e obbligazionari delle società legate alle armi. Mi pare chiaro, quindi, chi siano i vincitori della "guerra".
*Post Facebook del 2 maggio 2025