Riapriamo Villa Tiburtina!
di Michele Metta
“C'è un cuore che batte nel cuore di Roma”, canta Venditti in una delle sue più celebri canzoni. Siamo in periferia, qui, e non al centro della Capitale, ma di cuore ce n'è tanto lo stesso. È quello che alberga nei petti dei membri del Comitato di quartiere Mammut, a Rebibbia.
Periferia, dicevamo. Eppure, quella periferia, un tempo, disponeva di una eccellenza straordinaria: un efficiente, grande poliambulatorio pubblico chiamato Villa Tiburtina. Poi, le politiche scellerate berlusconiane, assieme alle politiche scellerate di una certa sinistra che sinistra non è più, hanno determinato, per favorire la sanità privata, la perdita di tale struttura, la quale è ancora lì, come palazzina in sé, ma ha chiuso i battenti, sbattendoli in pieno viso di chi, grazie alla sua esistenza, poteva ottenere cure in loco. L'università La Sapienza, che è proprietaria dello stabile attraverso la Fondazione Eleonora Lorillard Spencer Cenci – che è, poi, il nome della nobildonna che, con generosità, donò tale grande edificio alla collettività – fa spallucce, malgrado le 3000 firme raccolte l’anno passato.
Ho conosciuto i membri del comitato, e, nei loro occhi, c’è la fierezza di chi ha già reso il quartiere più vivibile grazie, ad esempio, all’apertura di un parco pubblico dotato di, un campo da pallacanestro, altalene, scivoli e altri giochi per i bimbi, e persino di un percorso dedicato per chi voglia fare ginnastica. Roma, l’Italia, dovrebbe essere abitata, mi sento di dire, più da persone come loro, che si preoccupano attivamente, concretamente, veramente, del benessere collettivo, che da chi abita ai piani alti del potere, e finge, spudoratamente finge, di fare l’interesse di tutti ma, in realtà, privilegia i pochi.