Se la popolazione invecchia…

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Se la popolazione invecchia…

 

di Federico Giusti

Nell’arco di venti anni la popolazione italiana sarà in prevalenza composta da over 60. Ha senso perseverare con le politiche di contenimento dei flussi migratori?

L’Italia si annovera tra i paesi dove il numero degli anziani è destinato a crescere in misura maggiore anche rispetto ad altre nazioni della Ue e le prime riflessioni riguardano il rapporto tra occupati e pensionati e le politiche in materia di immigrazione.

Un paese a capitalismo avanzato può oggi permettersi il rapido invecchiamento della popolazione? È, ammesso che sia lecito pensare ad un paese di vecchi, i conti della Previdenza pubblica potranno sopportare il peso economico di tanti pensionati specie se gli occupati risulteranno in calo con la popolazione attiva in fase regressiva e tanti contratti part time o precari con un gettito contributivo ridotto?

Domande scontate ma tali da suggerire ben altre risposte a quelle lette sugli organi di stampa, ad esempio sarebbe socialmente insostenibile un ulteriore aumento dell’età pensionabile “per la tenuta dei conti pubblici”, stesso discorso vale per la riduzione delle misure di welfare con ulteriori tagli alla sanità e alla previdenza. Perfino i vertici Inps manifestano preoccupazione annunciando da qui a dieci anni una passività in forte aumento: dall’attivo odierno di 23 miliardi ad un passivo di circa 45.

Siamo abituati all’utilizzo strumentale dei dati statistici per indurre il legislatore di turno ad intraprendere politiche restrittive di austerità, intanto la nostra economia non cresce, il Pil aumenterà meno di quanto previsto, le ore lavorate al contrario di altri paesi non aumentano.

E la coperta diventa troppo corta, gli scenari macroeconomici, stando ai documenti ufficiali della finanza pubblica, non inducono ad ottimismo specie se le previsioni vengono smentite e se dalla Ue parte una procedura per mettere sotto controllo il nostro paese.   Nel Documento di economia e finanza è possibile cogliere la preoccupazione per la crescita del debito e per l’invecchiamento della popolazione, aumentando gli inattivi il deficit dello Stato sarà fuori controllo, del resto il debito già oggi si attesta l 150% del Pil. Non siamo un paese che vive al di sopra delle proprie possibilità, semmai il ragionamento dovrebbe partire da altre considerazioni ossia dalla revisione radicale delle tasse, in Italia i super ricchi pagano assai meno di tutti gli altri paesi, le imprese beneficiano di aiuti e sgravi fiscali anche quando non investono in tecnologia, ricerca e formazione o quando si ostinano a delocalizzare produzioni senza alcun ritorno occupazionale.  Il vero problema non viene mai evidenziato: in troppi non pagano le tasse o le pagano in misura non proporzionale alla ricchezza posseduta, avere ridotto le aliquote fiscali è stato un errore alimentando le disuguaglianze sociali e impoverendo le casse statali.

Gli argomenti trattati e le soluzioni prospettate sono ben altre, si giustifica l’attuale sistema di tassazione invece di modificarne le regole, ci si limita a prendere atto dell’invecchiamento della popolazione atteso nei prossimi anni senza mai ampliare il nostro welfare per offrire condizioni di vita migliori e servizi accessibili per quanti decideranno di mettere su famiglia, acquistare una prima casa e facendo dei figli. All’aumento del debito si vorrebbe rispondere con le solite politiche di austerità che sono causa del problema e non certo la soluzione.

 

 Non rappresenta certo una novità che tra meno di 30 anni, nel 2050, i cittadini over 65 rappresenteranno il 35% della popolazione, a quel punto è lecito chiedersi se l’Inps sarà in condizione di pagare le pensioni e soprattutto se l’assegno previdenziale erogato raggiungerà cifre tali da assicurare una vecchia dignitosa.

Non è in gioco solo la tenuta delle casse statali ma risulta invece insostenibile un sistema avulso dalla logica proporzionale tra ricchezza posseduta e versamento delle tasse. Se pensiamo alle pensioni di domani poi il rischio è quello di divere intervenire a sostegno di tanti pensionati che percepiranno assegni di poco superiori a 1000 euro mensili in virtù del sistema previdenziale costruito da decenni di controriforme.

E per concludere, se il tasso di fertilità italiano è in fondo alla classifica mondiale non basta ricordare che il calo demografico riguarda tutti i paesi sviluppati perché il nostro paese presenta una situazione ben più grave delle nazioni Ue e del g7. Non basta allora contenere il debito pubblico senza aumentare le aliquote fiscale, urge rivedere le politiche in materia di immigrazione, quelle del lavoro e al contempo mettere mano alla riforma del welfare non nell’ottica di impoverirlo o di privatizzarlo (magari per favore sanità e previdenza integrative) ma semmai per ampliarne i servizi offerti senza alcuna distinzione generazionale.

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