Sensibilizzare sul genocidio palestinese è “divisivo”: la normalità aberrante di una scuola romana
di Giulia Bertotto per l’Antidiplomatico
Il signor Massimo Bosco ci ha contattati per testimoniare lo scambio di missive tra lui, nel ruolo di genitore, e la Dirigente Scolastica della scuola elementare romana frequentata da due dei suoi 4 figli. Massimo in passato ha ricoperto il ruolo di insegnante, di Dirigente presso la RAI per il Festival di Sanremo, Dirigente Sindacale Confederale, nonché premiato musicista.
Le sue due bimbe studiano nella scuola elementare della capitale alla quale ha fatto richiesta via e-mail di appendere nell’istituto pubblico una bandiera palestinese con scritto: "STOP AL GENOCIDIO DEI BAMBINI A GAZA".
Ci siamo fatti raccontare questa storia di quotidiana omertà. Per proteggere le bimbe non renderemo noto il nome della scuola e della dirigenza.
Di seguito riportiamo il testo dell’e-mail inviata alla Dirigente in data 24 Marzo 2024.
“Salve Dottoressa, in questa Domenica delle Palme sento la necessità di scriverle la presente. Senza dilungarmi sui perché che mi auguro risultino più che ovvi, sarei molto felice ed orgoglioso che la scuola delle mie figlie prendesse una posizione netta rispetto alla situazione israelita-palestinese.
Mi sono permesso di acquistare una bandiera palestinese che mi piacerebbe vedere appesa all'ingresso della sede centrale con accanto la scritta: "STOP AL GENOCIDIO DEI BAMBINI A GAZA”. Oggi stiamo assistendo passivamente alla mattanza di una popolazione inerme, soprattutto di donne e bambini.
Il nostro Istituto, grazie alla sua attenta direzione ha già sensibilizzato gli studenti tutti e anche noi genitori nella "Giornata della Memoria" e dei "calzini spaiati" contro la discriminazione della diversità.
Sicuro di incontrare da parte sua accoglienza a questa mia proposta di sincero sentimento umanitario, importante anche dal punto di vista educativo non solo degli studenti, ma anche di testimonianza civica tangibile rivolta alla comunità del nostro quartiere, auguro a lei e ai suoi cari una serena Domenica delle Palme”.
Riportiamo la risposta della dirigenza scolastica ricevuta in data 25 marzo 2024.
"Gen.mo,
in merito a quanto mi scrive, sono a dirle di essere nella necessità di declinare la sua richiesta.
Gli argomenti da lei esposti, infatti, ancorché a detta di molti fondati, sono tuttavia estremamente divisivi e generatori di conflitto.
Un'istituzione scolastica ed i valori di rispetto, tolleranza ed equilibrio che essa incarna deve, in questo contesto sopra ogni cosa, mantenere una posizione neutrale e terza, tale da porsi in ascolto imparziale rispetto alle diverse posizioni in conflitto. Quello che farò, invece, sollecitata dalla sua istanza, è esporre il simbolo, attraverso bandiera, della pace, unico sacro valore che, a mio avviso, la scuola deve professare e difendere senza incertezze. Con la speranza di incontrare la sua comprensione le porgo i più cordiali saluti".
L’INTERVISTA A MASSIMO BOSCO
Cosa ha pensato quando ha letto al risposta della scuola?
La mia proposta non ha ricevuto accoglienza, ho pensato che fosse ovvio!
Certo, la mia era più una provocazione che una richiesta, ma il fine non era creare agitazione, era invece mostrare il livello di ipocrisia raggiunto nel nostro Paese. Ero certo di ricevere una tale risposta, ma speravo anche di essere piacevolmente smentito. Ci siamo chiesti in tutti questi anni come è stata possibile la Shoah? Nella stessa modalità. Restare passivamente, silenziosamente, neutrali. Mi sono sempre chiesto come si è potuto arrivare ai campi di sterminio, la realtà del mio tempo mi ha purtroppo risposto: con l’indifferenza, l’ottusità, la superficialità complice delle persone comuni.
Questa tipologia di persone (e sono stati in tantissimi) è quella che alla fine della Seconda Guerra Mondiale si è dichiarata antifascista, magari si è fatta la tessera dei nuovi partiti e ha percorso e continua a godere di una brillante e redditizia carriera in nome di presunti valori democratici. Con tanto di medaglia d'onore al petto. Penso però che se tanti genitori facessero gesti di coscienza come questo potremmo smuovere qualcosa; l’opinione pubblica può e deve fare pressione sul governo perché esso deve rispondere alla cittadinanza.
Stiamo assistendo alla normalizzazione di un genocidio, negli anni duemila, mentre non si parla d’altro che di diritti umani, di attenzione alle minoranze, perfino il linguaggio deve essere inclusivo. Eppure la realtà dei fatti smentisce tutti questi ottimi propositi di giustizia e uguaglianza.
L’apparente incoerenza della nostra epoca è impressionante, tuttavia non è incoerenza, è un modo per ingannarci. Apprendiamo dunque che per gli educatori, per alcuni tra coloro che rappresentano le principali figure formative dei nostri figli, i moti della coscienza e le azioni contro un genocidio (che tutti possono vedere e verificare su social, giornali e reportage) sono atti “divisivi”. Ci rendiamo conto? Non è divisivo il crimine ma il denunciarlo. Questo meccanismo non ci ricorda il periodo più oscuro della storia del Novecento?
Non possiamo più dire frasi vaghe e senza presa in carico di responsabilità come “stop alla guerra”; chiamare guerra ciò che avviene sulla Striscia è una falsità perché a Gaza non sta avvenendo nessuna guerra tra forze militari, bensì è in corso uno sterminio programmato e sistematico, commesso in ogni modo dal regime israeliano, e nessuno può affermare di non aver visto immagini, foto e video di vessazioni, torture, umiliazioni, anche su bambini, donne e anziani.
Anche se io non sono fisicamente a Gaza, la mia anima e la mia mente, il mio cuore, sono giornalmente connessi con quel popolo, così come lo sono con tutti i popoli che subiscono da sempre, così come lo sono per ogni bambino che piange ed ha paura tra le mura di un appartamento, di un istituto, di una prigione, di un campo nomadi, di una parrocchia, di un sotterraneo. Il mio cuore è quotidianamente connesso con i bambini rapiti, torturati e uccisi, per gli espianti di organi illegali, per gli aborti, per gli uteri in affitto, così come lo è con ogni animale di ogni specie costretto a vivere e morire nel terrore, nella malattia, nel dolore, nelle mani sadiche dei loro padroni per finire poi nel nostro lucido piatto.
Voglio ricordare le parole di un grande artista da sempre impegnato nella lotta contro le dittature, Roger Waters: «Io non voglio essere al quartier generale, io non voglio essere seduto in un albergo da qualche parte a guardare il mondo che cambia, voglio cambiarlo io. Voglio essere impegnato. Voglio essere nella trincea della vita. Probabilmente, in un modo che mio padre forse approverebbe».
La Redazione de L’Antidiplomatico ricorda a tutti i lettori che in virtù del diritto di replica tutti i coinvolti possono rispondere in merito ai fatti citati.
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L'Associazione "Gazzella" (www.gazzella-onlus.com) è da anni impegnata nel portare assistenza e cure ai bambini palestinesi feriti da armi di fuoco (soprattutto a Gaza). Con lo sterminio in atto e la popolazione allo stremo sono molti i progetti in corso con 4 associazioni affiliate presenti nella Striscia.
LAD EDIZIONI sostiene le attività di "Gazzella" e ACQUISTANDO QUI "Il racconto di Suaad" - prigioniera palestinese - (Edizioni Q con la nostra collaborazione) sosterrete i prossimi progetti di "Gazzella" per la popolazione di Gaza: