Il Niger e il neocolonialismo europeo in Africa - Il tramonto dell’Occidente
"Rifiutatevi di volare": l'appello di 45 veterani militari Usa agli operatori di droni
"Nessuno deve obbedire a una legge immorale"
Le tendenze cui abbiamo accennato sono qualcosa di nuovo per l'America. Esse cominciarono ad affiorare quando, per effetto delle due Guerre Mondiali e della conseguente concentrazione di ogni energia su un obiettivo di tipo militare, prese a svilupparsi una mentalità prevalentemente militarista, che si è andata ancor più accentuando con la quasi improvvisa vittoria. Il tratto tipico di questa mentalità è che la gente attribuisce a quello che Bertrand Russell chiama in modo così efficace «potere nudo» un'importanza di gran lunga superiore a quella riservata a tutti gli altri fattori influenzanti le relazioni tra i popoli. I tedeschi, fuorviati in particolare dai successi di Bismarck, subirono esattamente questo tipo di mutamento di mentalità, in conseguenza del quale conobbero una rovina completa in meno di un centinaio di anni.
Devo francamente confessare che la politica estera degli Stati Uniti dalla cessazione delle ostilità mi ha ricordato, in modo irresistibile, l'atteggiamento della Germania sotto il Kaiser Guglielmo II, e so che che la stessa analogia è venuta in mente con acuto dolore anche ad altri, indipendentemente da me. È tipico della mentalità militarista considerare essenziali i fattori non-umani (bombe atomiche, basi strategiche, armi di ogni sorta, il possesso di materie prime ecc.) e ritenere invece trascurabile e secondario l'essere umano, i suoi desideri e pensieri, in breve i fattori psicologici. Qui si riscontra una rassomiglianza con il Marxismo, almeno finché se ne tiene unicamente presente il lato teorico. L'individuo è degradato a mero strumento; egli diventa «materiale umano». Con concezione simile i normali fini delle aspirazioni umane svaniscono. Al loro posto, la mentalità militarista eleva il «potere nudo» a fine in sé, uno dei più sconcertanti inganni a cui gli uomini possano soccombere.
Nel nostro tempo la mentalità militare si è fatta ancora più pericolosa che in passato perché le armi offensive sono diventate molto più potenti di quelle difensive. Perciò essa conduce di necessità alla guerra preventiva. L'insicurezza generale che ad essa si accompagna porta a sacrificare i diritti civili del cittadino al presunto bene dello stato.
Appaiono inevitabili la caccia politica alle streghe, controlli di ogni sorta (per es., il controllo dell'insegnamento e della ricerca, della stampa e così via), e, per questa ragione, essi non incontrano quella resistenza popolare che, non fosse per la mentalità militarista, costituirebbe una protezione. Si assiste a un graduale riassestamento di tutti i valori in quanto tutto ciò che non serve in modo esplicito i fini utopici è considerato e trattato come inferiore.
L'intrusione dei militari nella scienza
di Albert Einstein (1947)
La mentalità militarista
Michael Krieger sul suo blog riporta la notizia diffusa dal Guardian di quarantacinque ex militari statunitensi, tra cui un colonnello dell'esercito in pensione, che hanno pubblicato un appello congiunto ai "piloti" di droni che operano in Afghanistan, Iraq, Pakistan, Siria e altrove, chiedendo loro di rifiutare di svolgere i propri compiti e sostenendo che le missioni, che sono diventate una caratteristica sempre più dominante della strategia militare degli Stati Uniti degli ultimi anni, " violano profondamente le leggi nazionali e internazionali".
"Almeno 6.000 vite sono state ingiustamente spezzate dagli attacchi dei droni statunitensi in Afghanistan, Pakistan, Yemen, Somalia, Iraq, Filippine, Libia e Siria. Questi attacchi minano i principi del diritto internazionale e dei diritti umani", scrivono gli autori.
La nuova protesta si presenta mentre l'esercito americano sta affrontando una crisi nel suo programma di droni come risultato di un costante calo del numero di piloti addestrati disponibili a prendere parte alle missioni. Il New York Times ha riferito che l'aviazione aveva intenzione di ridurre il numero dei suoi voli giornalieri di droni da 65 a 60 a seguito del rifiuto dei piloti.
La lettera dei 45 ex militari è parte della campagna "Refuse to fly", coordinata dal sito KnowDrones.com. La campagna ha anche mandato in onda spot televisivi che invitano i piloti delle forze aeree a lasciare le loro postazioni di controllo dei droni.
Michael Krieger sul suo blog riporta la notizia diffusa dal Guardian di quarantacinque ex militari statunitensi, tra cui un colonnello dell'esercito in pensione, che hanno pubblicato un appello congiunto ai "piloti" di droni che operano in Afghanistan, Iraq, Pakistan, Siria e altrove, chiedendo loro di rifiutare di svolgere i propri compiti e sostenendo che le missioni, che sono diventate una caratteristica sempre più dominante della strategia militare degli Stati Uniti degli ultimi anni, " violano profondamente le leggi nazionali e internazionali".
"Almeno 6.000 vite sono state ingiustamente spezzate dagli attacchi dei droni statunitensi in Afghanistan, Pakistan, Yemen, Somalia, Iraq, Filippine, Libia e Siria. Questi attacchi minano i principi del diritto internazionale e dei diritti umani", scrivono gli autori.
La nuova protesta si presenta mentre l'esercito americano sta affrontando una crisi nel suo programma di droni come risultato di un costante calo del numero di piloti addestrati disponibili a prendere parte alle missioni. Il New York Times ha riferito che l'aviazione aveva intenzione di ridurre il numero dei suoi voli giornalieri di droni da 65 a 60 a seguito del rifiuto dei piloti.
La lettera dei 45 ex militari è parte della campagna "Refuse to fly", coordinata dal sito KnowDrones.com. La campagna ha anche mandato in onda spot televisivi che invitano i piloti delle forze aeree a lasciare le loro postazioni di controllo dei droni.