Due parole su Calenda (non ne servono di più)

26 Luglio 2022 11:53 Savino Balzano

Sull'eclettico Calenda servono davvero poche parole: me lo ricordo, ai tempi del governo giallo verde, quando voleva farci credere di essere diventato un compagno in difesa degli operai. Me lo ricordo mentre (a mio sommesso avviso) si rendeva ridicolo nelle manifestazioni sotto il Ministero dello Sviluppo economico dicendo di voler tutelare i lavoratori di Embraco, mi faceva davvero ridere con le sue esternazioni tipo «Mi sono fidato di Whirlpool. E ho sbagliato».

Ne avete mai vista l'imitazione che ne fa Crozza? Penso che gli caschi a pennello, come quella che fa di Brunetta, che difatti Calenda vuole a tutti i costi nel suo partito. Brunetta, il ministro diffidente, quello dei tornelli, dei fannulloni, quello che recentemente ha umiliato un lavoratore che aveva la "colpa" di essere "dipendente" e non un autonomo. Brunetta il dipendente peraltro lo fa da una vita con i soldi nostri. Anche la Gelimini è ambita da Carletto nostro e andate a vedere i macelli che ha fatto nelle università italiane. I suoi perfetti compagni di viaggio.

Dicevo, mi ricordo quel buffo Calenda che faceva il Che Guevara dei poveri sotto il Mise, nonostante quel ministero lo avesse comandato fino a pochi mesi prima. È bene ricordare che è stato ministro ai tempi di Matteo Renzi, quello del Jobs Act: la riforma che ha dato il colpo di grazia alla comunità del lavoro di questo paese. Lui, Carlo Calenda riscopertosi poi guerrigliero per i diritti dei lavoratori. L'agenda Draghi che tanto auspica, peraltro, ha fatto macelleria tra i lavoratori e ne abbiamo parlato tante volte.

Ma c'è una citazione di Calenda che rappresenta in sè tutto il senso del personaggio (che dice di voler tutelare la sanità pubblica e poi si allea con la Bonino che amava le polizze private in sostituzione del sistema sanitario nazionale e voleva abolire l'art.18 già nel 1999 definendolo «vincolo disincentivante alla creazione di nuovi posti di lavoro»).

Leggetela con attenzione: «i liberaldemocratici, i liberisti ideologici, rispondevano […] con una delle più grandi cazzate che si siano sentite nella storia, cioè che non si devono salvaguardare i posti di lavoro, ma si deve salvaguardare il lavoro. La cosa sarebbe in questi termini: “caro operaio […], tu perdi il posto di lavoro, c’hai cinquant’anni, io non te lo salvo il tuo posto di lavoro però, tenendo le tasse basse si svilupperà per esempio l’economia delle app, dove tu potrai andare a lavorare”. Un operaio che fabbrica compressori va a lavorare in questa roba qua. Queste cose noi le abbiamo scritte, io le ho sostenute, e noi liberali le abbiamo scritte sui giornali per trent’anni! E poi vi chiedete perché quelli votano i sovranisti? Ma viene voglia a me di votare i sovranisti! […] E se questa roba di parlare dei fenomeni complessi - come innovazione tecnologica e globalizzazione, come se fossero interamente positivi perché non hanno mai un pezzo che deve essere gestito perché crea dei disagi – non ci passa, veniamo spazzati via. […] Io ho per trent’anni ripetuto tutte le banalità che si sono ripetute nel liberismo ideologico. […] Quando Giavazzi e Alesina scrivevano sul Corriere “non salvaguardare i posti di lavoro, ma salvaguardare il lavoro”, io dicevo “oh che ficata!”, poi […] ho capito che era una gran cacchiata» (2019).

Una storia triste, deprimente, e tuttavia utile: perché tutte le esistenze possono comunque ricoprire un ruolo ed avere una qualche utilità. Oggi Calenda è al centro di un'ipotesi di alleanza che potrebbe prevedere la "sinistra" (mi viene da ridere solo a dirlo) di Bersani e Letta e il centro(destra) di Brunetta: ecco, è utile per comprendere come tutto sia una recita, come siano tutti parte della stessa medaglia, un meschino cartello elettorale pensato per prenderci per i fondelli.

Mi pesa tanto dirlo, ma la contrapposizione destra sinistra nel nostro sistema partitico non ha più alcun senso. Oggi c'è chi è col popolo e chi è contro di esso. Punto.

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