5 milioni di invisibili. Il lavoro nella società dei servizi: intervista alla Prf. Giovanna Fullin

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5 milioni di invisibili. Il lavoro nella società dei servizi: intervista alla Prf. Giovanna Fullin

 

di Federico Giusti

Intervista a Giovanna Fullin, docente dell'università Bicocca di Milano, a proposito del suo ultimo libro edito da Il Mulino “I clienti siamo noi”.


Come nasce il libro? 

Il libro nasce dal desiderio di rendere visibile il lavoro di molte persone – parliamo di più di 5 milioni di persone in Italia – che lavorano nei servizi al consumo, svolgono attività a medio bassa qualificazione ma ci permettono di usufruire di servizi tutti i giorni, di fare la spesa al supermercato, prendere un caffè al bar, fare acquisti in un qualunque negozio, andare a ristorante ecc ecc. Si parla tanto dei riders – giustamente – e dei call center ma esistono molte altre attività a servizio dei clienti che non possiamo dimenticarci e che hanno delle specificità che derivano dal fatto che l’attività lavorativa si svolge attraverso interazioni con altre persone, appunto i clienti.


Abbiamo letto passi estrapolati da numerose interviste a lavoratori e lavoratrici del terziario che ci restituiscono una finestra privilegiata sul loro vissuto dentro un difficile equilibrio tra le richieste del datore di lavoro e le esigenze dei clienti...

Il libro in effetti si basa su più di 250 interviste a lavoratori e lavoratrici (e anche ad alcuni rappresentanti sindacali) e ho preferito usare direttamente le loro parole per spiegare gli aspetti positivi e gratificanti e le fatiche che derivano dalle interazioni con i clienti. Oltre al rapporto con il proprio datore di lavoro, infatti, che tutti i lavoratori hanno, queste persone devono gestire anche il rapporto con i clienti. Si trovano una ina relazione che non è a due ma a tre. Si trovano quindi spesso stretti tra le richieste dei clienti che si trovano di fronte e le necessità dell’organizzazione per cui lavorano, le richieste dei loro responsabili e i vincoli che questi pongono. Un addetto all banco di un fast food, ad esempio, deve essere veloce, ha un cronometro sulla cassa che gli ricorda quanto tempo sta impiegando per servire un cliente. Allo stesso tempo, però, deve essere gentile e aiutare anche qualche cliente che non sa come funzionano i menu del fast food o cambia idea dopo aver già ordinato. Deve gestire il nervosismo degli altri clienti che aspettano e hanno fretta. E potrei fare mille altri esempi di situazioni di questo genere.


Molti dipendenti del terziario oggi rischiano il posto di lavoro per le vendite on line e per i continui processi di innovazione tecnologica: Non ci sono dati relativi alla perdita di posti di lavoro nei vecchi negozi soppiantati da ipermercati. Anni fa in quartiere di una città della Toscana aprì un ipermercato, chiusero diversi piccoli negozi e il marchio accettò di compensare il danno offrendo a ogni famiglia un posto di lavoro. Allora calcolammo che solo la metà dei dipendenti prima impiegati ha trovato un lavoro. Ma in questi ultimi 30 anni vediamo invece crescere il part time e i contratti a chiamata. Possiamo dire che parte del terziario è la culla della precarietà?

In effetti i servizi al cliente spessissimo offrono contratti part-time perché i datori di lavoro cercano di adattare la forza lavoro impiegata ai flussi dei clienti che si concentrano in alcuni orari della giornata. Pensiamo al cameriere di un ristorante, se anche si reca al lavoro in tarda mattinata per aiutare a preparare la sala, serve il pranzo ma dopo aver sistemato i tavoli a pranzo finito ha finito anche la sua attività lavorativa. Lo stesso vale per gli addetti al banco dei bar, per le cassiere dei supermercati che hanno anche loro i loro orari di picco. Il lavoro in queste attività, anche nei negozi aperti 12 o 14 ore al giorno, è spessissimo organizzato con turni part time che cambiano di giorno in giorno e di settimana in settimana. Sarebbero forse anche contratti utili per chi deve conciliare lavoro e altre attività, di cura, di studio, di svago. Ma il problema è che i turni variano e spesso vengono comunicati con poco preavviso per cui diventa difficilissimo organizzarsi e conciliare davvero.

Inoltre, molte attività sono stagionali, si pensi alle attività turistiche che si concentrano in alcuni mesi dell’anno, o ai saldi nei negozi, o ai mille eventi di una città come Milano che vede arrivare la fashion week, e poi la design week ecce cc. Vi sono quindi anche tantissimi contratti a tempo determinato che durano qualche mese. Dunque, per tornare alla tua domanda, il terziario offre opportunità di impiego spesso più precarie di altri settori e da svolgersi spessissimo in orari asociali, la sera, nei week end, nelle feste. Perché molti servizi si rivolgono ai clienti quando questi ultimi non lavorano, negli orari del loro tempo libero. I lavoratori e le lavoratrici di questi settori quindi si trovano a dover lavorare proprio in questi momenti, riuscendo quindi difficilmente a usare poi il proprio tempo libero per stare con gli altri, per le proprie relazioni sociali e famigliari. I contratti week end, ad esempio, molto diffusi tra i giovani, funzionano bene per chi sta studiando e può trovare tempo per stare con gli altri in altri giorni della settimana, mal si adattano invece a madri e padri che devono rinunciare al proprio tempo con i figli e devono trovare chi sta con loro quando non vanno a scuola.

Nel rapporto con i clienti ci sono molti aspetti positivi e di gratificazione per chi fa questi lavori, anche quando i datori di lavoro invece stentano a riconoscere il lavoro svolto con contratti e retribuzioni adeguate. Ma esistono anche lati negativi del rapporto con i clienti, che possono essere aggressivi, maleducati e anche molesti.

I comportamenti molesti da parte dei clienti sono emersi come un problema molto diffuso, in tutti i settori che ho analizzato. Ovunque, nelle pizzerie, nei bar, alla cassa del supermercato o al banco affettati ogni tanto arriva un cliente – quasi sempre uomo – che fa apprezzamenti, battute a sfondo sessuale nei confronti delle addette. Capita anche spesso che vi siano contatti fisici indesiderati. E le lavoratrici spesso devono abbozzare, non possono reagire come vorrebbero, devono mantenere un certo contegno, possono lamentarsi dal proprio superiore, se è presente, ma spesso non ricevono il dovuto sostegno. Sono cose che vengono considerate “parte del lavoro” ma in realtà non dovrebbero esserlo. Sono umilianti e irrispettose, e inaccettabili. È importante che si parli di più di queste cose. Che le giovani ragazze che iniziano a svolgere queste attività lavorative sappiano che si tratta di comportamenti inaccettabili e abbiano lo spazio e le opportunità per dirlo. Per vedere riconosciuto il loro disagio e perché questi comportamenti dei clienti vengano sanzionati. Perché’ il cliente non ha sempre ragione. L’atteggiamento di datori di lavoro e colleghi è importantissimo per rendere meno faticose e difficili queste situazioni. In attesa che la società tutta cambi e questi atteggiamenti e comportamenti vengano sradicati davvero.

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