Accordo con la Cina: un successo del Cinque Stelle e l'involuzione della Lega salviniana
Di Giuseppe Masala
Davvero triste l'involuzione della Lega salviniana ormai affondata nelle sabbie mobili dei suoi esponenti provenienti dalla Seconda Repubblica (Maroni, Giorgetti e la Bongiorno per fare qualche nome). Tutta gente che probabilmente è legata a filo doppio a chi su di loro conosce vita, morte e miracoli (ho detto Berlusconi?).
Salvini anziché intestarsi almeno in parte il successo della firma del memorandum italo-Cinese, ricordando che uno dei suoi maggiori artefici è Michele Geraci - palermitano, leghista, economista, sinoparlante e sottosegretario alla Sviluppo Economico - da retta all'armata Brancaleone di scorie berlusconiane che albergano nel suo partito e si mette a fare le pulci. Ma alla fine quest'uomo che proposta politica ha? Legge, ordine e manganello a protezione del nostro impoverimento minacciato da degli africani più disgraziati di noi e però rimanendo succubi dell'Entità Europoide? No, grazie. Spero che cambi registro.
Dall'altro lato invece, Di Maio, l'altro azionista del Governo Gialloverde, si intesta giustamente il successo che potrebbe sdoganare il Movimento Cinque Stelle come partito della crescita e dello sviluppo: un nuovo partito che ha sufficiente dinamismo e visione tale da poterci levare dalle sabbie mobili della sudditanza verso l'Europa Ingrata e in Malafede. Questo anche in quello strato di elettorato che fino ad ora è stato ad esclusivo appannaggio della Lega: la Classe Produttiva del Nord Italia sempre attentissima agli Ordini e alle Fatture che da ora potrebbe veder crescere le opportunità anche verso i ricchissimi mercati del Estremo Oriente.
Infine gli Alti Lai dei piddini che non potendo criticare apertamente l'accordo Sino-Italiano (benedetto anche da Mattarella) straparlano di accordi nel quadro europeo. Quadro europeo dove Germania e Francia menano le danze nel loro interesse troppo spesso a danno dell'Italia. Rilevante oggi un intervista al cinematografaro e romanziere di Stato (nel senso sovvenzionato e pubblicizzato ampliamente dalla Rai) Uolter Veltroni - l'ammeregano de Roma che non parla inglese - che ha sparato una serie di supercazzole dalle colonne de La Repubblica tali da tramortire anche Giobbe che pazienza ne aveva. Un partito in stato comatoso, senza leader nuovi e costretto a riproporre gli ormai vecchi Veltroni e Prodi come Padri Nobili a dettare una linea vecchia e superata dalla Storia.
La partita nell'agone politico nazionale è molto complessa e l'accordo con la Cina l'ha riaperta riportando sulla cresta dell'onda Di Maio e i pentastellati.