Afrin, il cortocircuito della "sinistra antagonista": "Ribelli moderati" contro curdi ma "la colpa è di Putin"
Annegano nelle contraddizioni del loro “internazionalismo” i tanti che - nella “sinistra antagonista” – inneggiavano acriticamente sia alla “causa curda” (senza domandarsi perché questa infatuazione era sostenuta da tutti i media mainstream) sia a quella dei “ribelli siriani”, vedendo oggi la bandiera di questi tagliagole spiegata, a fianco di quella turca, sulle macerie di Afrin? Per loro fortuna c’è chi ha trovato il capro espiatorio sul quale scaricare tutte le colpe: Putin, come ci illumina questo davvero sbalorditivo tweet (incredibilmente fatto suo anche dal Segretario di Rifondazione Comunista, Maurizio Acerbo) messo in rete dalla conventicola sushi&spumantino unita sotto la sigla Wu-Ming Foundation.
Si, ma allora, cosa e chi c’è dietro l’attuale tragedia di Afrin?
Davvero arduo qui sintetizzare tutte le contorsioni della politica estera russa (finalizzata principalmente a liberare la Siria dalle bande di tagliagole - finanziate dall’Occidente e dalle Petromonarchie - e a detronizzare il potere di Erdogan, sganciando la Turchia dalla Nato) e delle varie organizzazioni politiche e militari curde, alcune delle quali accusate di “pulizia etnica”. Ma qualche cosa può essere detto sull’area di Afrin che, fino al qualche tempo, fa sembrava essere scampata dagli orrori della guerra e dalla dominazione dei tagliagole di cui sopra.
Intanto, Afrin (al pari di Idlib) non è affatto una “città curda” (solo il trenta per cento della sua popolazione è di questa etnia) e per di più (come Idlib) è ubicata al di fuori di quello che, storicamente, viene inteso come Kurdistan. A considerare “curda” Afrin, come Idlib, sono solo fanatici nazionalisti curdi, in piena sintonia con gli USA (ai quali hanno permesso la creazione di ben sette basi militari nel Kurdistan siriano) e soprattutto con l’Arabia Saudita (la quale spera così di realizzare una striscia di territorio ex siriano per fare sfociare nel Mediterraneo un suo gasdotto).
Ebbene, nonostante ciò, dopo la proclamazione dell’Operazione “Ramo d’ulivo” da parte della Turchia, il governo siriano ha ripetutamente proposto a tutte le milizie curde di rinunciare alle loro pretese su Afrin, permettendo alle truppe di Damasco e all’aviazione russa di porsi a difesa della città siriana. Proposta rifiutata, verosimilmente nella speranza di una intercessione degli USA. I risultati si vedono oggi con innumerevoli curdi fucilati tra le macerie di Afrin da parte delle milizie dei “ribelli siriani” (piene di riciclati di Al Nusra e altre formazioni apertamente jihadiste).
Chissà ora se i nostri media parleranno di “occupazione”, o “conquista”, o “liberazione”… della città di Afrin? Quello che, invece, già dicono i tanti allocchi della “sinistra antagonista” lo sappiamo già: è colpa di Putin.
Francesco Santoianni