"C’è un lockdown di fatto che atterra il piccolo commercio"

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"C’è un lockdown di fatto che atterra il piccolo commercio"

 

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Incontro un’amica negoziante, parliamo di come sta andando il piccolo commercio nella sua zona dall’autunno a questi mesi invernali.

Lei afferma: ”i commercianti sono sfiduciati, in crisi, c’è un lockdown di fatto che atterra il piccolo commercio. In giro non si vede nessuno e le stesse persone che hanno soldi non spendono, terrorizzate dal presente e dal futuro. E’ come se la gente fosse in ipnosi, bombardata da messaggi terrorizzanti e discordanti dalla tv e dai giornali. Tieni conto che prevalentemente l’italiano  è di cultura medio-bassa quindi si beve tutto ciò che vede e legge dai media ufficiali. Certo, c’è la pandemia e ci sono i morti, non c’è dubbio alcuno, ma è come se i governanti abbiano portato gli italiani a non vivere”.

Le chiedo se questa primavera le cose cambieranno come lo scorso anno. Lei mi risponde: “solo se chi governa cambia atteggiamento e la smette di terrorizzare gli italiani. Comunque voglio sottolineare che la crisi del piccolo commercio viene da lontano, con i centri commerciali e i megastore. Ora il commerciante piccolo sopravvive. Ti ho parlato del lockdown di fatto attuale. Ebbene il piccolo commercio ha respirato paradossalmente più con il lockdown totale, quando i centri commerciali erano chiusi e la gente, per non fare la fila nei supermercati preferiva il negozio di prossimità. Ora c’è il lockdown di fatto: la massa si dirige verso i centri commerciali mentre l’individuo, quando c’è, preferisce il negozio di prossimità. E’ una questione di psicologia, di cultura di massa. La massa preferisce affollare i megastore piuttosto che passeggiare per le vie della cittadina e magari fermarsi presso qualche piccolo negozio. Ma per le vie cittadine non passa nessuno, la gente è terrorizzata, i messaggi del governo non aiutano affatto”.

Infine le chiedo quali prospettive ci potrebbero essere per il piccolo commercio. Lei risponde: ” i dettaglianti potranno salvarsi solo se riusciranno a fare rete, a fare associazioni con gli altri commercianti, ma questa mentalità non esiste. Durante il periodo natalizio ho proposto ai colleghi di fare una colletta per offrire servizi alla nostra cittadina, niente, non c’è stato nulla da fare. Nel periodo natalizio non c’era nessuno, casualmente sono andato in un megastore cinese dove vendono di tutto e a prezzi stracciati ed era pieno. Ecco, l’unica soluzione è fare rete, perché le banche non ci sono più, le istituzioni non ci sono più, c’è sfiducia totale e in qualche modo va ricostruita attraverso uno slancio imprenditoriale del piccolo commerciante, ultimamente molto affievolito. Altrimenti la vedo dura”.

La ringrazio e mi sovviene come il capitale commerciale sia stato sacrificato in nome del big business e come il piccolo dettagliante costituisca un’ossatura della memoria e della stessa cultura della cittadina. Se solo i piccoli commercianti ne rivendicassero il ruolo forse la situazione potrebbe cambiare. Da parte mia un invito ad andare nei bar, nelle pizzerie, negli alimentari, nelle botteghe artigianali e quanto altro dei vostri quartieri, che contribuiscono a renderli meno aridi dei centri città.

 

P. s. Pasquale Cicalese ha aperto un suo blog Pianocontromercato.it dove raccoglierà tutti gli scritti della sua lunga produzione scientifica. 

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