Caserta, chiude la ex Jabil. 23 dipendenti esiliati in Sardegna
La vicenda dell'impianto della ex Jabil di Marcianise non è qualcosa di folle o di surreale, oggi è normalità della giungla, delle barbarie dell'era neo-liberista.
Aziende che prendono soldi dallo Stato, accordi non rispettati, promesse non mantenute, diritti calpestati, lavoratori licenziati o, quando proprio sono fortunati, li trasferiscono a centinaia di km dalle loro case e affetti.
Nei film di commedia italiana, dove un capo, un dirigente voleva intimorire o rimproverare un suo sottoposto si sentiva sempre la frase "ti faccio trasferire in Sardegna", per noi terra meravigliosa, ma esempio di massimo castigo.
Qui non siamo in un film, tantomeno comico, ai 23 lavoratori che producono generatori elettrici, passati al Gruppo Orefice dopo essere stata rilevata dalla ex Jabil, senza neanche aver lavorato un giorno gli è stato intimato di trasferirsi in Sardegna.
Un colpo di teatro inaspettato dopo la concessione della Cassa integrazione, fondi per la riconversione. Tutti soldi dei contribuenti. Altro che lo spreco del Reddito di Cittadinanza, con i denari a fondo perduto dati alle aziende, la Fiat in primis, senza mantenere gli impegni sottoscritti tra l'altro, si potrebbero impiegare miliardi, ad esempio, per la Sanità, l'ambiente e per l'assistenza sociale.
Oggi, durante un presidio davanti alla Sede della Regione Campania, Cgil-Cisl-Uil, prima sottoscrittori di accordi che si sa già dalla loro sottoscrizione che non potranno mai essere rispettati, in un comunicato "richiamano con forza la Regione Campania e il Governo centrale a mettere in campo la loro forza e autorevolezza nei confronti di questa Azienda affinché rispetti gli accordi: è intollerabile che vi siano non degli imprenditori ma dei “prenditori” di risorse pubbliche che possano pensare di prendere in giro un intero territorio, di non avviare nessuna attività produttiva, di andarsene indisturbati."