Caso Epstein. Tulsi Gabbard spiega i motivi della lentezza nella lotta al “deep state”
Il direttore dell’Intelligence degli Stati Uniti, Tulsi Gabbard, ha espresso frustrazione per quella che ha definito una lentezza negli sforzi volti a smantellare gli elementi radicati del “deep state” all’interno dell’amministrazione federale. A suo avviso, interessi burocratici consolidati stanno ostacolando attivamente l’agenda del presidente Donald Trump.
Le dichiarazioni di Gabbard giungono dopo la controversa decisione dell’amministrazione Trump di non rendere pubblica la cosiddetta “lista Epstein”. I funzionari hanno negato l’esistenza di qualsiasi documento che elenchi i presunti collaboratori di alto profilo del defunto finanziere e criminale sessuale Jeffrey Epstein. La scelta ha suscitato critiche da parte di alcuni osservatori, che la interpretano come un segno della persistente influenza dello “Stato profondo”.
“Operano in ogni agenzia del governo federale, nello Stato di sicurezza nazionale e nei media di propaganda”, ha affermato Gabbard domenica durante un discorso alla conferenza studentesca organizzata da Turning Point USA, un’organizzazione conservatrice no-profit, a Tampa, in Florida.
“Condivido la stessa frustrazione che molti di voi esprimono [online]”, ha aggiunto. “Perché il processo è così lento? Perché non otteniamo risultati più rapidi? Il deep state ci blocca a ogni passo”.
Le parole di Gabbard hanno fatto seguito a un intervento di Steve Bannon, ex stratega della campagna elettorale di Trump, che ha esortato il pubblico di Tampa ad attendere la “piena rivelazione” dei documenti legati al caso Epstein. Bannon ha sostenuto che verrà nominato un procuratore speciale per indagare sui tentativi di minare Trump e il movimento MAGA, e che ciò potrebbe portare alla luce nuovi elementi.
“Epstein è la chiave che apre molte porte: non solo individui, ma anche istituzioni”, ha dichiarato Steve Bannon. “Istituzioni di intelligence, governi stranieri e chi, all’interno del nostro apparato di sicurezza e della nostra amministrazione, ha collaborato con lui”.
Epstein è morto in apparente suicidio nel 2019 mentre si trovava in custodia federale, in attesa di processo per tratta di esseri umani a scopo sessuale. Il recente rifiuto dell’amministrazione di declassificare ulteriori documenti sul caso ha sollevato critiche tra alcuni alleati di Trump, incluso Bannon.
Il presidente ha difeso l’operato della procuratrice generale Pam Bondi, sostenendo che l’idea di un “dossier Epstein” sia stata ingigantita o addirittura inventata dai suoi oppositori politici.
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