"Ci vuole un bel coraggio a chiamare missioni di pace gli avamposti delle conquiste neo-liberali"

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"Ci vuole un bel coraggio a chiamare missioni di pace gli avamposti delle conquiste neo-liberali"



di Mauro Armanino* - il Fatto Quotidiano



Ci vuole davvero un bel coraggio. Chiamate missioni militari di pace gli avamposti delle conquiste neoliberali camuffate da buon samaritano. Arriviamo a quota 35, con le due ultime partorite dalla diplomazia di sabbia del nostro Paese. Nel Sahel c’è posto per tutti. Controllori di frontiere, migranti, risorse, capitali e soprattutto traffici, di armi, cocaina, terroristi, attivisti e transumanti.
 

Immaginiamo per un attimo che l’Assemblea Nazionale del Niger avesse discusso se inviare o meno una missione militare in Italia. Concepita per controllare il territorio e i traffici di migranti per le raccolte di pomodori e carciofi nelle campagne pugliesi. Una missione di pace nigerina in Italia, con qualche centinaio di militari per addestrare la guardia di finanza e incoraggiare i sindacati. Pensiamo solo per un momento alle colorite reazioni nell’italica penisola. Fantapolitica non diversa o peggiore di quella chiamata ‘reale’ nel Sahel. Una vera di-missione.

 

La deriva italiana non è cominciata in questi giorni di polvere. Si è andata delineando nello spazio e nel tempo dell’Africa coloniale, si è rafforzata nell’onda lunga fascista e si è infine imposta come narrazione unica col regime neoliberista. Poche le resistenze, minate alla base dalla miopia politica e dai reiterati tradimenti dei valori costituzionali. Una repubblica che si fonda sul lavoro come fonte di dignità per tutti si ritrova insabbiata in di-missioni militari armate di pace. Sono esse che hanno contribuito a fare della Repubblica, che ripudia la guerra come empia, una fabbrica di armi all’ingrosso e delle spese militari il prezzo da pagare al dio sconosciuto. Tra non molto sventolerà la bandiera tricolore delle armate in questo paese assediato dalla polvere della dignità. La bandiera dell’ambasciata e quella dei militari che esprimono, come in uno specchio, la verità taciuta. Siamo qui per arraffare la nostra parte di bottino rapinato ai poveri.

 

Siamo lontani. I morti sono lontani. Sono morti di periferia. E’ accaduto mercoledì 17 gennaio scorso all’imbrunire. Secondo l’agenzia la Voce dell’America, ci sono stati almeno 18 militari uccisi e un civile. Erano alla frontiera col Tchad e la Nigeria. Morti poco importanti come tutti i poveri, che al massimo vengono usati per arricchirsi. Grazie a loro vivono gli umanitari e tra questi i militari umanitari delle missioni. Non è mai accaduto che dalla guerra scaturisca una pace durevole. Perché, in fondo, ciò che si cerca non è la giustizia, che sola genera la pace, ma sono solo i propri interessi e neppure tanto mascherati.


 

Stamane c’era una foto su uno dei quotidiani di Niamey. In prima pagina si legge ‘alpini paracadutisti’, con una baionetta che spunta tanto per ricordare l’essenziale. Le missioni militari sono dei militari in missione. La gente lo sa e per questo tace. Non applaude, non sorride, non acclama, non approva, non dice, non è d’accordo. Siamo degli invasori pagati per esserlo in cambio di soldi. La di-missione dell’etica si realizza.
 

L’Assemblea Nazionale nigerina non ha discusso o approvato la missione italiana. E’ stata una scelta illegale di un governo senza legittimità. Andrà a finire come sempre. Peggioreranno le cose e nel frattempo ci saranno aiuti per eliminare i poveri più che la povertà. Quest’ultima sarà garantita e perpetuata come le frontiere delle quali nessuno si era mai occupato fino a poco fa. Sono diventate di una importanza capitale, tanto che tutti le rincorrono e, come i mirage (stazionati a Niamey), non si raggiungono mai. Fondi fiduciari in un Sahel dove, ormai da tempo la fiducia è scomparsa con la polvere e la sabbia delle agenzie onusiane e le famigerate ONG di pietosa memoria.
 

Siamo una forza militare non desiderata. E’ questa la pura e semplice realtà del posto e della gente. Le altre sono inutili chiacchiere di geopolitici imprenditori da strapazzo. Che dovremmo cercare in questa zona del Sahel? I nostri tornaconti sono i conti che per i poveri non tornano e non torneranno mai. Perché ai nigerini dovrebbe interessare che l’Africa è diventata una priorità per gli interessi italiani? Le Camere italiane da tempo dimesse non potevano che generare una di-missione senza gloria nel Sahel.


Niamey, gennaio 2018


* Missionario, dottore in antropologia culturale ed etnologia. 

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