Cosa c'è veramente dietro il caso Morisi? Nel Draghistan iniziano a cadere i birilli

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Cosa c'è veramente dietro il caso Morisi? Nel Draghistan iniziano a cadere i birilli

 

di Pino Cabras* 

 

A sostegno della piattaforma che sorregge Mario Draghi, che sta riorganizzando il nucleo cesaristico dello Stato con spregiudicata determinazione centralizzatrice, si stanno elevando solide colonne, pronte a sostituire quelle altre colonne deboli come birilli che – proprio da birilli – cadono o sono pronte a cadere. Nel Draghistan non ci sarà molto spazio per inutili orpelli partitici. La repubblica sarà resettata espellendo dal nucleo quel che ancora vorrebbe illudersi di negoziare ancora un po’ del potere dei bei vecchi tempi parlamentari. Draghi, lo abbiamo detto fin da subito, agisce come il “solvente universale” che accelera la liquefazione del sistema partitico e lo mette a cuccia rispetto al vero comando.
Tira ad esempio una brutta aria intorno ai birilli Salvini, Renzi e Conte, lambiti da inchieste che riguardano personalità a loro assai vicine. Si aggiungono a Grillo. Le inchieste hanno sviluppi contemporanei. Se questo non significa per forza una comune regia, segnala comunque l’accelerarsi di una comune crisi: una crisi molto profonda e “di sistema”.

Il caso del birillo Matteo Salvini è quello dai risvolti più pop. Fa emergere una totale ricattabilità dell’entourage salviniano che ora trova opportunamente il modo di rivelarsi in pieno. Per anni il leader della Lega ha usato metodi spudorati per costruire un apparato propagandistico in perenne campagna elettorale. Il capo dell’apparato propagandistico, Morisi, che oggi cade rovinosamente, aveva espanso fino al limite massimo il bacino di voti potenziali della Lega salvinizzata, ma ora sconta l’emergere di interessi molto più solidi, quelli della cara vecchia Lega Nord, che sa che nel Draghistan tutto cambia e allora alcune cose, stavolta al Settentrione, devono cambiare affinché nulla cambi. Una parte significativa dell’economia del Nord è inserita nella catena del valore tedesca, un mondo che dopo Merkel vuole ribadire la vecchia austerity dei “nordici” che non fa sconti ai “sudici”. Sono solidi interessi che non si sentono garantiti da Morisi e Salvini, bensì da Draghi, anche se questo costa loro un ridimensionamento. Chiederanno di mettere Draghi al Colle, e più non dimandare. Il birillo è lì per cadere.

Il caso del birillo Matteo Renzi non merita in realtà molte parole. Il saudita di Rignano sull’Arno è la divinizzazione della ricattabilità. Ha fatto il kamikaze per portare Draghi a Palazzo Chigi. Ora i suoi scheletri nell’armadio modereranno le sue ambizioni affinché non si monti troppo la testa e non faccia scherzi. Dovrà anche lui docilmente portare Draghi alla prossima tappa: il Quirinale.

Quanto a Conte, l’unico ruolo che il sistema gli concederà è farsi garante della capitolazione totale del Movimento 5 Stelle ai piedi dei partiti della sinistra istituzionale, senza sbavature, senza slanci e senza spazi di autonomia, senza che osi distogliere la sua Palude parlamentare dal portare acqua, seppure melmosa, all’unico mulino ammesso, quello di Draghi a capo dello Stato. Nel frattempo, il birillo viene scosso, e nella sua disperazione urla persino di voler allargare il Green Pass ricattatorio in ogni campo dell’umano.

Potranno ancora accadere delle sorprese nel segreto delle urne del collegio degli elettori che eleggeranno fra qualche mese il nuovo presidente della Repubblica? Difficile. Molte forze lavorano per evitare sorprese, in modo da blindare per almeno altri sette anni la trasformazione tecnocratica che si prospetta: una trasformazione dello Stato, della società e dell’economia, un reset che salverà alcuni ceti e alcuni territori ma sacrificherà il futuro di milioni di persone.
Se qualcuno intorno ai birilli volesse pensare per tempo a un’alternativa a Draghi, cioè un’alternativa al Draghistan, forse è il momento che batta un colpo. Dovremo unire delle forze che magari si sono combattute, magari non governeranno mai insieme, ma che pensano che Draghi, l’autobiografia di trent’anni di un Paese in declino, non sia proprio il massimo da regalare al futuro di questa repubblica e dei nostri figli. Altri nomi ci saranno. L'Alternativa c'è

 

* Deputato della componente "L'Alternativa c'è"

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