Ecuador, «el pueblo unido jamás será vencido». Popoli indigeni e movimenti sociali entrano a Quito. Le forze del regime di Moreno arretrano

Ecuador, «el pueblo unido jamás será vencido». Popoli indigeni e movimenti sociali entrano a Quito. Le forze del regime di Moreno arretrano

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di Fabrizio Verde
 

Immagini che valgono più di mille parole e tante cronache: i movimenti indigeni e sociali dell’Ecuador in rivolta contro le misure neoliberiste implementate dal presidente Lenin Moreno avanzano entrando nella capitale Quito al grido di «el Pueblo Unido jamas sera vencido», con le forze di sicurezza del regime che arretrano. 

 

Le legittime proteste popolari sono state scatenate dalla dissennata decisione di Moreno deciso ad applicare misure neoliberiste ‘consigliate’ dal Fondo Monetario Internazionale in cambio di un prestito al paese andino. Come l’eliminazione dei sussidi volti a calmierare i prezzi dei combustibili. La decisione ha generato aumenti fino al 123% nei prezzi dei carburanti più utilizzati. Il gallone di 3,79 litri di diesel è passato da 1,03 a 2,30 dollari e quello della benzina comune da 1,85 a 2,40 dollari.

 

Tra le ‘riforme’ di Moreno per «rilanciare l’economia» troviamo anche la riduzione delle indennità salariali per gli impiegati pubblici assunti su base temporanea.

 

A questo punto sono partite le proteste popolari. In Ecuador hanno già vissuto queste situazioni e sanno che le misure neoliberiste hanno l’unico scopo di massacrare il popolo facendogli pagare per intero i prezzi delle crisi capitalistiche scatenate da governi inetti al servizio non del popolo ma delle èlite. Nel caso di Lenin Moreno anche degli Stati Uniti. 

 

Il governo guidato dall’ex vicepresidente di Rafael Correa ha risposto con una repressione brutale. Addirittura si è spinto fino a dichiarare lo stato di emergenza. La decisione non ha fermato le proteste. Anzi, i movimenti indigeni si sono diretti verso la capitale Quito dove mercoledì è previsto uno sciopero generale. 

 

Intanto Moreno scappava in quel di Guayaquil. Città costiera, ubicata in una delle regioni più ricche del paese, e quartier generale storico della destra ecuadoriana, che si è alleata de facto con il governo Moreno nonostante questi abbia vinto le elezioni con il sostegno della sinistra e di Alianza País, il movimento politico progressista fondato da Rafael Correa. 

 

Organizzazioni indigene e gruppi sociali che accompagnano il movimento indigeno hanno accusato il presidente dell'Ecuador, Lenín Moreno, e il suo ministro della difesa, di «dichiarare guerra al popolo».

 

Aggiungendo che la lotta intrapresa non è solo per le misure economiche che colpiscono il popolo, ma anche per la difesa dei territori, dell'acqua, dell'ambiente e dei diritti dei lavoratori.

 

La Confederación de Nacionalidades Indígenas del Ecuador (CONAIE) in risposta alla brutale repressione ordinata dal governo nei confronti della protesta popolare ha risposto che «militari e poliziotti che si avvicineranno ai territori indigeni saranno trattenuti e sottoposti alla giustizia indigena, riconosciuta dalla Costituzione dell’Ecuador». 

 

Nonostante lo sconvolgimento sociale che vive Quito, i principali media ecuadoriani, nelle mani della destra, restano in silenzio sugli eventi nella capitale e concentrano la loro copertura sulle dichiarazioni del presidente da Guayaquil. I media internazionali parimenti mantengono il silenzio. Le loro simpatie non vanno verso quei popoli che lottano per la sovranità nazionale e popolare. Per un sistema più giusto ed equo. Le loro simpatie si palesano quando a protestare contro i governi popolari, progressisti e di segno socialista sono i ricchi. Basta vedere lo spazio mediatico e il sostegno dato ai rivoltosi di Hong Kong e i guarimberos in Venezuela. 

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