Evo Morales: “Il golpe del 2019 è stato finanziato da Trump e Musk”

Un’intervista esclusiva di The Grayzone svela i retroscena geopolitici del golpe in Bolivia: tra interessi minerari, ingerenze estere e repressione politica

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Evo Morales: “Il golpe del 2019 è stato finanziato da Trump e Musk”

L’ex presidente boliviano Evo Morales, primo capo di Stato indigeno nella storia del Paese, ha rivelato in un’intervista esclusiva a The Grayzone l’esistenza di un complotto per escluderlo dalla vita politica. Secondo Morales, membri del Tribunale Supremo Elettorale (TSE) avrebbero ricevuto denaro per detrminare la sua esclusione dalle prossime elezioni presidenziali. 

Abbiamo delle chat – ha dichiarato Morales – in cui si vede chiaramente che una persona del consiglio elettorale ha ricevuto denaro per votare a favore della mia ineligibilità. Questo non è solo un attacco personale, ma un attacco al movimento sociale che rappresento”. 

Morales ha parlato chiaramente del golpe del 2019 , che lo ha costretto alle dimissioni: “Il colpo di Stato del 2019 è stato finanziato dall’amministrazione di Donald Trump e da Elon Musk, proprietario di Tesla. È stato riportato anche da WikiLeaks. Non è stato solo un golpe al popolo, non solo un golpe all’indigeno. È stato un golpe al nostro modello economico, perché il nostro modello economico dava risultati migliori di quello neoliberista”. 
     

L’ex presidente ha spiegato che il golpe era motivato soprattutto dall’interesse per le risorse minerarie del Paese, in particolare il litio, fondamentale per la produzione di batterie elettriche. Nel 2013, Morales aveva lanciato un piano ambizioso per nazionalizzare l’estrazione del litio, con 41 impianti gestiti direttamente dallo Stato: “Le multinazionali non possono partecipare al settore estrattivo. Possono partecipare solo a quello industriale. Sappiamo che alcune aziende straniere hanno una visione ambientalista e vogliono collaborare, ma non permetteremo mai che i nostri beni comuni vengano svenduti”.

Oggi, Morales sostiene che si stia consumando un secondo golpe, questa volta non militare ma giudiziario e politico. Ha accusato il governo dell’attuale presidente Luis Arce (appartenente al suo stesso partito) di collaborare con il TSE e il Tribunale Costituzionale Plurinazionale per escludere lui e il MAS dal prossimo appuntamento elettorale. 

Ha fornito prove di trasferimenti bancari, biglietti aerei e decisioni giudiziarie scritte come se fossero ordini per i giudici. Ha rivelato che 200.000 dollari  sono stati trasferiti dalla moglie di Arce a un conto a Panama per creare un falso acronimo elettorale e impedirgli di candidarsi: “Questo non è solo un tentativo di eliminare me, ma di distruggere un intero movimento. Un movimento che ha portato tre milioni di persone alla classe media e ha chiuso la base militare statunitense in Bolivia”. 
     

L’ex presidente ha denunciato un ritorno del Piano Condor, ma in una versione aggiornata: “Oggi il piano Condor è tornato, ma con giudici e procuratori al posto dei generali. È un attacco alla sinistra, una campagna per escludere i candidati che rappresentano i popoli indigeni e le classi lavoratrici”. Ha ricordato che più di 300 leader sociali sono già in carcere, molti accusati di terrorismo, mentre i corrotti girano liberi. Morales ha anche sottolineato che l’ambasciatore statunitense in Bolivia ha detto pubblicamente di volere elezioni “libere, giuste e trasparenti”, ma senza la partecipazione indigena, e senza il suo nome tra i candidati: “In tutti i sondaggi, siamo sempre primi. Ma loro non ci permettono nemmeno di partecipare”.

Morales ha raccontato di aver subito un attentato nel 2023, con 18 colpi d’arma da fuoco sparati contro la sua auto, e di vivere sotto protezione da oltre un anno: “Ho 1.200 compagni di sicurezza provenienti da diverse regioni del Paese. Non è solo una difesa di Evo, ma una difesa della Patria, del processo rivoluzionario, delle conquiste sociali e dei programmi produttivi che abbiamo costruito negli anni”.      

Inoltre ha denunciato la sospensione del suo partito  da parte del TSE, dopo che gli è stato negato l’uso di un acronimo elettorale: “Sanno che vinco le elezioni. Ma ora mi colpiscono, mi escludono. Oggi le elezioni non sono democratiche. Sono pianificate da istituzioni che perseguono, escludono e criminalizzano i movimenti popolari”.

Morales ha concluso dicendo che non è sua intenzione tornare al potere, ma che non permetterà che il Paese venga svenduto alle multinazionali straniere, né che si cancelli la voce del popolo indigeno: “Dico ai miei compagni: non permettiamo che ci dividano. Non permettiamo che il nemico entri dalla porta di servizio. La Bolivia è nostra, e dobbiamo difenderla insieme”. 
     

La Redazione de l'AntiDiplomatico

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