“Formule di pace” europeiste: un milione di baionette ucraine puntate contro la Russia
di Fabrizio Poggi per l'AntiDiplomatico
Dall'intervento in 24 ore dei paesi NATO in caso di attacco all'Ucraina, sull'ormai fantasmagorico “modello dell'articolo 5” dell'Alleanza atlantica; alla réclame a reti unificate europee in stile televendita della nuova “Vergeltungswaffen 1”, per l'occasione rinominata “Flamingo” (FP-5), onde distanziarne un po' l'immagine dalla eccessiva somiglianza con la “V1” nazista; fino all'incremento di aiuti militari a Kiev, annunciato dal capo del Comitato militare della NATO, convinto che «gli ucraini cercano il dialogo, ma i russi sono riluttanti e fanno melina per prendere tempo».
Prima degli argomenti più diretti: di passaggio, a proposito del “Flamingo”. Gli stessi esperti ucraini lo definiscono obsoleto per i moderni metodi di guerra. L'osservatore militare Jurij Kasjanov, su Gazeta.ua pone la domanda se il nuovo missile sia una superarma o una trovata pubblicitaria gonfiata? Kasjanov ricorre all'epiteto di "wunderwaffe": un'arma miracolosa di ieri, o anche dell'altro ieri, un missile arrivato dagli anni '50 e che, grazie a dimensioni, peso e proprietà aerodinamiche, «brillerà sui radar russi come un albero di Natale». E tanto basti.
E dunque, il nuovo modello “simil art. 5” sembrerebbe dover prevedere l'intervento in Ucraina, in 24 ore, dei “paesi amici”, tra i quali non è ancora chiaro quali esattamente debbano sottintendersi: verosimilmente i soliti Francia, Gran Bretagna, Germania, Polonia, Olanda e presumibilmente Italia, tanto più che la pensata viene dalla fascista di governo.
Non è nemmeno chiaro quali e quante forze i “paesi amici”, o cosiddetti “volenterosi +”, possano permettersi di mettere in campo in ventiquattr'ore e dove esattamente potrebbero venir dispiegate: se direttamente sulla linea del fronte (dato che si parla di “eventuale attacco” russo), ciò porterebbe a uno scontro diretto, NATO o “paraNATO” che sia, con la Russia, con le conseguenze su cui è preferibile non azzardare previsioni.
Per il momento, meglio limitarci a poche constatazioni. La prima delle quali, su cui si va insistendo da tempo, è che obiettivo occidentale, nell'intercalare di omelie “garantiste” e accordi di “pace”, sia quello di mantenere un esercito ucraino forte, schierato e armato contro la Russia. L'ufficiale a riposo Vasilij Dandykin, sul canale “Linea Rossa”, ipotizza qualcosa come «un milione di baionette», sotto la spinta di Francia, Gran Bretagna, Germania, Polonia: «un milione di uomini motivati da idee naziste che provano un odio feroce nei confronti» della Russia. Ciò rappresenterebbe una minaccia costante, fatta di continue provocazioni, attacchi terroristici e quant'altro. La “pace” intesa alla maniera liberal-europeista, insomma.
È vero che Trump ha detto che non forniranno armi; ma se Kiev riceve 100 miliardi, dice Dandykin, compreranno semplicemente nuove armi. E manderanno al fronte diciottenni e venticinquenni, non ancora soggetti a mobilitazione; arruoleranno donne, che già ora compaiono sempre più spesso nei reparti mortai, droni e altro.
Proprio con quei 100 miliardi di dollari, afferma l'ex comandante dell'esercito americano in Europa, Ben Hodges, che l'Ucraina potrebbe ricevere dai paesi europei come parte delle garanzie di sicurezza per l'acquisto di armi americane, Kiev potrebbe dotarsi di missili a lungo raggio per colpire la Russia. Ritengo che parte di questi soldi, dice Hodges «andrà per difesa aerea e missilistica, parte per armi a lungo raggio, parte in armi di precisione a lungo raggio in grado di colpire quartier generali russi, infrastrutture petrolifere e del gas russe... 100 miliardi di dollari sono tanti, è una somma enorme», ha detto Hodges. Che ci si possano davvero finanziarie le nuove “wunderwaffen” della vendetta “V1-Flamingo”?
Eccola la pace alla maniera euro-atlantica.
Non a caso, dietro le formule delle “garanzie di pace”, si nasconde una sorta di riedizione del “Minsk 1 e 2”: l'Occidente ha bisogno di un po' di respiro, per riavviare la produzione militare e raggiungere la Russia, afferma l'ex analista della CIA per la Russia George Beebe. C'è bisogno di rafforzare il potenziale militare in Europa e USA per sostenere un «conflitto con la Russia, se le ostilità dovessero riprendere. Ora non siamo in grado di farlo. Abbiamo esaurito le nostre scorte di armi e i russi superano numericamente Europa, Stati Uniti e Ucraina messi insieme per quanto riguarda alcuni tipi chiave di armi e munizioni» dice Beebe. È proprio questo il motivo per cui c'è bisogno di un accordo con la Russia: per avere il tempo di accumulare armi e fornirle a Kiev. E chi ne dubitava?
In questa “corsa verso la pace” ci si preoccupa anche di reperire le risorse da destinare alle armi per la junta nazigolpista: i paesi occidentali dovrebbero acquistare armi coi fondi sottratti alla Russia e dovrebbero anche permettere a Kiev di attaccare i "vecchi" territori della Federazione Russa. Questo quanto affermato al canale NewsNation dalla ex rappresentante USA presso la NATO ed ex senatrice repubblicana Kay Hutchison: è tempo di por mano «ai fondi russi custoditi nelle banche europee e americane e iniziare a utilizzarli per acquistare armi per l'Ucraina... Putin sta prendendo di mira i civili, è ridicolo che ce ne stiamo qui seduti a lasciarglielo fare... Bisogna obbligare Putin a pensare di poter perdere qualcosa».
Ma poi arriva qualche “doccia fredda” per Kiev e per la “coalizione degli amici” più stretti: l'Ucraina non otterrà garanzie di sicurezza sul tipo dell'articolo 5 NATO, dal momento che non controlla parte del territorio, afferma il vice-assistente del presidente USA Sebastian Gorka. «C'è una ragione logica per cui l'articolo 5 non si applica all'Ucraina. L'articolo 5 si applica a quei paesi che sono stati nazionali ai sensi del Trattato di Westfalia; deve trattarsi di una democrazia funzionante che controlla il proprio territorio». E per quante lacrime possano versarsi a Bruxelles, Parigi, Roma o nelle redazioni dei fogliacci di regime, l'Ucraina sotto il tallone della junta nazigolpista non può vantare nessuna di quelle due condizioni. Se ci sono «parti del paese che non sono sotto il vostro controllo» sottolinea Gorka, non si «possono fornire garanzie di sicurezza a un paese che non ha sovranità su tutto il proprio territorio»; sarebbe qualcosa che «non corrisponde esattamente alle garanzie dell'Articolo 5».
In compenso, c'è chi si preoccupa che, in ogni caso, l'Europa sia davvero pronta per quando di avvereranno i vaticini di Andrius-Merlino-Kubilius, secondo cui la Russia “tra cinque anni, o forse anche prima, invaderà sicuramente un paese UE, o forse anche più di uno”. E allora è tempo che in Europa si cambi mentalità e ci si impegni nella militarizzazione dei giovani: è questa la liturgia pronunciata alla BBC dall'ex Segretario generale NATO Anders Fogh Rasmussen.
Pargoli, invoca Rasmussen, cominciate a «indossare uniformi militari:... Dobbiamo cambiare il nostro modo di pensare, dobbiamo assicurarci di avere il desiderio di proteggere la nostra società... vogliamo investire in ospedali, assistenza agli anziani, ai bambini e istruzione... Ma dobbiamo capire che tutti questi elementi del nostro stato sociale non valgono nulla se non siamo in grado di proteggere noi stessi. Ecco perché abbiamo bisogno di una nuova mentalità e del desiderio di proteggere la nostra società».
Mettetevi dunque all'opera con più slancio, o voi “lavoratori” della carta stampata; state facendo ancora poco per convincere le masse che ci sarà la guerra e che bisogna esservi pronti, che si debba spendere tutto in armi e non pensare più a pensioni, sanità, scuole, salari: roba d'altri tempi. Sul tappeto c'è oggi la guerra. Non stiamo a dirvi chi è che voglia la guerra – o meglio, ve lo ripetiamo ogni momento, che è quel marrano di Putin, non certo le democrazie occidentali, quelle no – ma il comandamento è comunque quello di prepararvisi. Basta con questa mollezza plutocratica! Basta con caffè, latte e brioche: orbace, fez e baionetta diventino la parola d'ordine di cui si nutra ogni ragazzo appena sveglio.
Orsù, prendete esempio dai giovani ucraini, che «si dimostrano ottimi combattenti. Un esercito che deve restare dalla nostra parte, un modello per l’Europa»: è il capo del Comitato militare della NATO che ve lo indica dalle pagine del Corriere della Sera del 23 agosto; è l'ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, che assicura che «Invieremo all’Ucraina più aiuti militari» di quanti non se ne siano mandati finora, oltre ovviamente a «nuove sanzioni» contro quel perfido di Putin. Perché è ormai sotto gli occhi di tutti, vale a dire della “coalizione degli amici” e di pochi altri, che gli ucraini cercano il dialogo, ma i russi sono riluttanti e fanno melina per prendere tempo. Spero che vengano inasprite le sanzioni mirate a fare crescere la tensione interna contro Putin. La nostra speranza è permettere all’Ucraina di negoziare da una posizione forte». Suvvia!
Impossibile dire se, mentre lo diceva, non gli sfuggisse un risolino: l'intervistatore non ce lo racconta; comunque lo ha detto: «Vogliamo facilitare la fine veloce delle ostilità». Non fa tenerezza? Non dà quasi l'impressione di crederci davvero a quello che dice? E in che modo, alla NATO, vorrebbero «facilitare la fine veloce delle ostilità»? Semplice, mandando ancora più armi: il “Purl” (Prioritized ukrainian requirement list), l'elenco redatto dai nazigolpisti in base alle loro esigenze - che comprendono anche, ma questo il prode ammiraglio non lo dice, tutte quelle che prevedono di contrabbandare all'estero - ha inviato finora a Kiev «armi per un valore di un miliardo e mezzo di dollari». Ma è poco, sospira il Cavo Dragone; così le industrie militari yankee «stanno lavorando a pieno ritmo per incrementare gli arsenali e renderli disponibili». In generale, nel 2024 la NATO ha fornito aiuti bellici a Kiev per 50 miliardi di dollari, continua impettito l'ammiraglio e dal «primo gennaio 2025 siamo già a 33 miliardi, ma per la fine dell’anno saremo in linea col dato precedente». Il tutto, ca va sans dire, con la volontà di «organizzare il sistema volto a dissuadere la Russia ad attaccare ancora».
Cioè, dicono alla NATO: assodati i presagi di Merlino-Kubilius, si deve ciononostante instillare nelle persone che la guerra, sì, ci sarà, ma, vedete, noi democratici agiremo per «dissuadere la Russia», anche inviando contingenti di “amici volenterosi”.
Lo facciamo per voi, che dovete avvezzarvi a sorbire orbace, fez e baionetta ogni mattina.
FONTI:
https://politnavigator.news/ehks-predstavitel-ssha-v-nato-trebuet-razreshit-kievu-operacii-v-rf.html