Germania, austerità + nuovo avventurismo militare: cronaca di un fallimento annunciato

Germania, austerità + nuovo avventurismo militare: cronaca di un fallimento annunciato

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di Federico Bosco


Era il 2014 quando vicino alla città tedesca di Postdam venne costruita la Wald der Erinnerung (foresta della memoria/ricordo), un memoriale realizzato per onorare i soldati della Bundeswher caduti durante il servizio prestato alla nuova Germania riunificata. Nelle colonne del memoriale sono incisi i nomi, le date e il luogo sperduto in cui sono morti i 109 soldati spediti all’estero da un governo che, come vedremo, ha tradito la loro lealtà e il loro impegno. Tutti questi soldati sono morti in una delle missioni che dal Kosovo all’Afghanistan hanno visto un coinvolgimento sempre maggiore della nuova Germania.



 

Le cause della morte sono le più varie, sono considerati eroi sia i soldati rimasti uccisi nelle imboscate dei nemici che negli incidenti come la caduta da un elicottero. La caratteristica comune a tutte queste storie è quella di essere morti lontanissimo dalla Germania, in scenari e missioni assolutamente impensabili per i tedeschi della scorsa generazione. Come altri paesi europei, negli ultimi decenni la Germania ha abolito la coscrizione obbligatoria e “professionalizzato” il suo esercito, riconvertendo il budget per la difesa e spedendo le sue ridotte truppe all’estero nelle solite missioni di “mantenimento della pace” e altre classificazioni politicamente accettabili.

La Bundeswehr oggi è impegnata in una dozzina di paesi. L’evoluzione dell’approccio tedesco alla difesa e alla sicurezza è in parte una risposta alla nuova politica statunitense nei confronti dei partner della NATO, a cui già dai tempi della presidenza Obama venne chiesto di partecipare con maggiori risorse alla sicurezza dell’Europa

 

Il tema è molto divisivo per la politica tedesca. Mentre il presidente americano Donald Trump bacchettava Berlino perché non spende abbastanza per la difesa mettendo pressione al governo tedesco, l’ex leader dei socialdemocratici Martin Schulz ha fatto campagna elettorale cercando di riaccendere i sentimenti pacifisti tedeschi sottolineando il fatto che la Germania deve spendere di più per il welfare piuttosto che per la difesa. Di sicuro la Germania non può più permettersi l’approccio “svizzero” di un tempo in cui la difesa della linea di demarcazione della cortina di ferro era tutta nelle mani (e nel conto) di Washington lasciando a Berlino la libertà di occuparsi completamente del suo sistema industriale senza preoccuparsi di altro.

 

Fino alla fine della Guerra Fredda l’esercito tedesco aveva come unico dovere la difesa collettiva, svolto con il totale supporto di Washington, mentre dal 1990 in poi tutto l’impegno è stato trasferito sulle impegnative missioni all’estero. Adesso però alla Bundeswehr viene chiesto di occuparsi sia della difesa della nazione che delle missioni internazionali con le risorse umane e di budget più ridotte di tutta la sua storia. La Bundeswehr ha dovuto subire tagli di bilancio mentre gli veniva chiesto di prepararsi ad affrontare nuovi scenari. Per farsi un’idea della situazione, con il tempo il numero delle truppe è stato ridotto da 500.000 a soli 180.000 effettivi, che dal 1990 in poi hanno anche dovuto organizzarsi per dislocare piccoli contingenti molto flessibili in teatri di guerra lontani come l’Afghanistan e il Mali lasciando sostanzialmente indifesa la Germania che adesso viene chiamata a fare la sua parte nella nuova campagna di ostilità anti-russe scatenata dalla NATO dopo il colpo di stato in Ucraina.



 

Nelle 177 pagine dell’accordo definitivo per il governo di coalizione confermato in questi giorni e pronto al giuramento l’argomento è finito in fondo alla lista delle priorità. Bisogna arrivare fino a pagina 157 per trovare degli impegni molti generici sulla volontà di alzare il budget e darsi l’obiettivo di equipaggiare la Bundeswehr nel migliore dei modi, ma senza entrare nel dettaglio e senza darsi degli obiettivi precisi. Non ci sono indicazioni che possono far pensare che la Germania innalzerà il suo budget per la difesa fino al 2% del Pil come previsto nei parametri della NATO e come richiesto dagli Stati Uniti. Per noi italiani tanta reticenza da parte di Berlino può sembrare incomprensibile. Da noi l’opinione pubblica ha un occhio benevolo per “i nostri ragazzi” in divisa impegnati in Italia e nelle missioni all’estero, ma in Germania è diverso. Per i tedeschi le forze armate, gli uomini in divisa, sono ancora guardati con un certo sospetto e timore, un timore di cui i socialdemocratici della SPD che tanto hanno governato insieme alla Merkel si sono fatti portatori.

 

Il tema però si fa sempre più centrale. La NATO ha deciso di esibire forza e ostilità nei confronti della Russia e il ruolo della Germania è centrale, un ruolo che Berlino sta cercando di interpretare mettendosi alla guida della forza multinazionale dislocata in Lituania come parte del dispiegamento della NATO nella regione baltica. L’idea tedesca è di mettere su cinque brigate corazzate entro il 2032 come parte dell’iniziativa della NATO volta ad aumentare la capacità offensiva e il Ministro della Difesa prossimo alla riconferma, Ursula von der Layen, ha dichiarato l’intenzione di aumentare l’impegno militare tedesco in tutte le missioni internazionali più importanti, Afghanistan e Mali su tutte.

 

In Afghanistan la Germania è impegnata con la NATO (missione ISAF) da ormai 17 anni come terzo paese contributore di soldati, una storia infinita e drammatica che ha visto decine di morti, centinaia di feriti. Fino ad ora, la Bundeswehr ha mantenuto un massimo di 980 truppe nel paese, ma la ministra Von der Leyen vuole aumentare questo limite fino a 1.300 effettivi per quella che sarà una campagna ancora molto lunga.

 

Nel frattempo, la Bundeswehr invierà altri 100 soldati per unirsi alla missione delle Nazioni Unite in Mali, aumentando il contributo tedesco nella nazione dell'Africa occidentale a un massimo di 1.100 ufficiali in quello che sta diventando un vespaio terrorista sempre più pericoloso ma educatamente oscurato dai mass media.


 

La Bundeswehr fa parte della missione in Mali dal 2013, quando le Nazioni Unite hanno inviato truppe per contribuire a mantenere un accordo di pace che è stato istituito dopo un'operazione militare francese contro gruppi ribelli islamici nel nord del paese. Ci sono un totale di 12.000 soldati delle Nazioni Unite nel paese e 1.700 agenti di polizia. Circa 100 soldati (di varie nazionalità) sono stati uccisi finora, centinaia i feriti. La Germania, così come l’Italia, si sta lasciando trascinare in quel conflitto regionale senza riflettere adeguatamente sulle sue origini. La situazione in Mali non può essere spiegata senza parlare della distruzione della Libia da parte della NATO.

 

La Germania sta inoltre pianificando un'estensione di un anno del contributo della Bundeswehr alla missione delle Nazioni Unite nel Darfur, nel Sud Sudan, e il suo contributo alla missione della Guardia marittima della NATO nel Mediterraneo, che dovrebbe garantire le rotte marittime.

 

Alcuni soldati hanno già criticato le nuove ambizioni della Von der Leyen. Dopo 25 anni di tagli alla difesa ci sono interi sistemi d’arma completamente inutilizzabili a causa della mancanza di manutenzione e pezzi di ricambio. La condizione dei sei sottomarini 212A è emblematica per rendersi conto della portata di questa austerità militare: nessuno di questi sommergibili è in grado di lasciare il porto di stazionamento Dei 244 carri armati, solo 105 sono operativi (durante la Guerra Fredda erano 4500 i carri armati tedeschi pronti all’azione). Gli arei da trasporto A400M della Luftwaffe sono ridotti in condizioni talmente inaffidabili che spesso i soldati impegnati nelle missioni devono aspettare giorni e giorni prima di averli a disposizione per tornare a casa.

 

La Deutsche Welle racconta che il Darmstädter Signal, un “forum critico di cittadini in uniforme” ha detto che l'esercito non riuscirà a soddisfare i nuovi impegni. Il portavoce Florian Kling a detto al broadcaster SWR che “no, l’esercito non ce la farà, non abbiamo nemmeno gli aerei per portare i nostri soldati nelle missioni all'estero. Il budget per il personale e le attrezzature è talmente ristretto che la Bundeswehr è in realtà vicino al collasso”. Kling ha anche detto che l'espansione delle missioni renderà più pericolosa la sopravvivenza per i soldati tedeschi, in scenari dove la scelta tra un trasporto in elicottero e un più economico trasporto terrestre e il ritardo di un paio di giorni nella consegna dei rifornimenti possono fare la differenza tra la vita e la morte.

 

L’avventurismo militare di un governo che tiene ben stretta la mano sul portafoglio non può che finire male, e i nomi incisi sulle colonne del memoriale aumenteranno.

 

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