Giulio Tarro all'AntiDiplomatico: "Il panico da Covid si basa su fake news. Il dato dei ricoveri in terapia intensiva parla da solo"

Giulio Tarro all'AntiDiplomatico: "Il panico da Covid si basa su fake news. Il dato dei ricoveri in terapia intensiva parla da solo"

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di Francesco Santoianni


Con l’annunciata debacle del velleitario tentativo di trovare “nuovi spazi” per le scuole e, quindi, con l’imposizione a tutti (anche ai bambini sopra i sei anni) di una mascherina che scatenerà un inimmaginabile caos, nasce l’esigenza di gonfiare le cifre dell’epidemia per mobilitare, in sostegno del governo, l’esercito di ipocondriaci che si è riusciti a creare. E così è tutto un dilagare, a reti unificate, di “nuovi contagi che ora interessano i giovani”, “nuovi ricoveri” “nuovi morti per Covid”. Ne abbiamo parlato con l’illustre virologo  Prof. Giulio Tarro (qui, le sue precedenti interviste), proprio in questi giorni volgarmente attaccato da “Il Fatto Quotidiano
 
"Alle diffamazioni ci ho fatto il callo. E la valanga di critiche in calce a quell’articolo mi fa ben sperare in un cambiamento di rotta nell’opinione pubblica. Ma occupiamoci della attuale situazione del contagio in Italia che, mi si perdoni la vanità, conferma le previsioni che avevo espresso ad aprile. Intanto parliamo del dato più importante: i ricoveri in terapia intensiva. Nonostante le fake news che spacciano i giornali – in prima fila, ovviamente “Il Fatto Quotidiano” che si inventa addirittura i ricoveri – quelli per Covid si contano sulle dita di una mano. Ed è gravissimo che nulla ci viene detto sulla età e su eventuali gravi patologie pregresse dei ricoverati; stesso mistero per i pochi “morti per Covid” che si direbbe vengano ancora catalogati con il sistema inaugurato a marzo: basta che il morto sia risultato positivo al tampone e, pure se muore per cancro, “e morto per Covid”. Il tutto condito dalle dichiarazioni degli esperti da talk show che continuano a raccomandare di “non abbassare la guardia”.
Sarebbe, invece, il caso di comunicare che essere positivi al tampone non significa essere “malati” considerato che il virus nella stragrande dei casi non provoca nessun sintomo; in più, la capacità del soggetto positivo a tampone di trasmettere l’infezione si limita ai primi giorni, dopo di che la prolungata positività del tampone identifica solo tracce di materiale genetico virale, non virus integro, attivo, in replicazione, capace cioè di trasmettere l’infezione. Nonostante ciò in Italia la persona positiva a tampone, ancora oggi, resta ufficialmente “malata” e “contagiosa” finché per due volte consecutive l’analisi del tampone nasofaringeo non da’ esito negativo; un criterio, inizialmente dettato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), ma poi cambiato progressivamente in quasi tutti i paesi. Il risultato è che oggi, in Italia, considerando che il doppio tampone negativo RT-PCR può arrivare anche dopo 4 mesi (nei quali si è obbligati a stare in quarantena), quasi nessuno vuole sottoporsi a tampone; una circostanza che determina rischi in quanto disincentiva la segnalazione di uno stato clinico sospetto; qualunque esso sia."


 

E invece, cosa si dovrebbe fare?

"Il rischio di trasmettere l’infezione inizia circa 48 ore prima della comparsa di sintomi. Per questo sarebbe auspicabile strutturare un serio e stabile sistema di monitoraggio che permetta di tenere sotto controllo la situazione. Sto parlando di uno screening valido dal punto di vista epidemiologico; non già i tamponi che oggi vengono imposti ai vacanzieri che tornano dalla Grecia, Croazia, Spagna e Malta (una disposizione che si direbbe una “furbata” per costringere gli italiani a frequentare le spiagge in patria) o che vengono usati da qualche politicante locale come rappresaglia per spingere le comunità alla caccia all’untore."
 

Ma come si spiega che oggi in Italia risultano positive più persone che a maggio, quando si facevano meno tamponi?

"Come già detto, il parametro per misurare la situazione è il numero dei malati ricoverati in terapia intensiva. Secondo un blasonato studio epidemiologico a maggio, difeso in conferenza stampa dall’Istituto superiore della Sanità, avrebbero potuto essere questa estate 151.000. Oggi, ufficialmente, sono 68.
Ma vediamola da vicino questa faccenda dei nuovi positivi. Per quanto riguarda i tamponi è frequente che la negatività sia seguita da nuova positività, per via della alta sensibilità della reazione PCR al materiale genetico virale residuo presente nelle mucose del paziente e della disomogeneità di prelievo del tampone. Ma in nessun caso di ripositivizzazione è stata trovata evidenza di infezione attiva, né di contagiosità. Stessa situazione per quanto riguarda le immunoglobuline anticorpali a SARS-Cov-2 che in alcuni casi non sono più riscontrabili. Questo significa che sta per arrivare una nuova catastrofica ondata epidemica? Assolutamente no. Intanto, quasi tutti i beta-coronavirus danno luogo anche ad una immunità di tipo cellulare che è perenne; e non a caso, nessuno tra i guariti dalla SARS del 2002 ha contratto il Sars CoV2. Immunità di tipo cellulare, purtroppo, non rilevabile dai test diagnostici che si stanno utilizzando. Poi, oggi, esistono efficaci cure (prima tra tutte la plasma terapia) che non avevamo a marzo-aprile. Nonostante questo, continua ad impazzare il terroristico circo mediatico."

 

Si riferisce a quello che è stato deciso per la Scuola?

"Certo. L’obbligo delle mascherine per tutti, dai sei anni in su, non trova alcun sostegno nelle evidenze scientifiche. Gli studi sono innumerevoli. Tra questi mi piace citare quello prodotto dall’equipe nefrologica dell’Istituto Gaslini di Genova che documenta come sia irrilevante il rischio Covid persino in bambini resi immunodepressi a seguito di trapianto e, per di più, con familiari con Covid."
 
 

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