Governare il mondo. Il colloquio Biden-Xi Jinping e il vertice sul clima

Governare il mondo. Il colloquio Biden-Xi Jinping e il vertice sul clima

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di Gianni Cadoppi - Cumpanis

La pericolosità della Cina non è militare. La pericolosità della Cina è che non può essere ricattata. L’Europa la puoi ricattare. Quando gli USA provano a far smettere di investire in Iran, le imprese europee ritirano gli investimenti, la Cina invece ignora le minacce. (Noam Chomsky)

Il 16 novembre il presidente della Cina Xi Jinping e il presidente degli Stati Uniti Joe Biden hanno tenuto un vertice virtuale. L’iniziativa era stata presa dagli americani. Le aspettative erano basse, il risultato scarso, interlocutorio. Il rapporto tra le due potenze era precipitato pericolosamente verso il basso. Certamente l’intento non era quello appianare in un colpo tutte le divergenze. I due leader hanno cercato di impedire che le numerose controversie tra i due paesi degenerassero in un conflitto più ampio. Diciamo che una relativa distensione sarebbe già un successo data la tendenza dell’amministrazione Biden a proseguire in un trumpismo senza Trump, o meglio a quella sorta di fascismo con caratteristiche americane che era sottinteso dal comportamento dell’ex Segretario di Stato Mike Pompeo. Similmente all’ultimo incontro con Trump, nel 2019, che aveva segnato l’inizio del deterioramento dei rapporti tra i due paesi non c’è stata nessuna dichiarazione congiunta come era avvenuto in passato. Questioni importanti come il controllo degli armamenti non sono emerse se non attraverso una generica “gestione dei rischi strategici”.

Tra i membri del gabinetto che hanno affiancato il presidente americano nel suo vertice con Xi Jinping c’era la colomba dell’amministrazione, il segretario al Tesoro Janet Yellen. L’ex presidente della Fed ritiene che tagliare le tariffe americane sulle importazioni cinesi potrebbe ridurre l’inflazione, il più grande grattacapo economico e politico dell’amministrazione. A ottobre, gli Stati Uniti importavano merci cinesi a un tasso annuo di 600 miliardi di dollari, un aumento del 60% rispetto al livello pre-Covid-19 dell’ottobre 2018. Yellen aveva dichiarato alla Reuters: ??”Il nostro rappresentante commerciale ha affermato che prenderemmo in considerazione ulteriori riduzioni delle tariffe. Vogliamo che la Cina rispetti gli impegni assunti durante la Fase 1, ma anche stabilizzare e forse eventualmente abbassare alcune tariffe in modo reciproco potrebbe essere un risultato auspicabile”.

Generalmente più ottimista la lettura dell’incontro da parte di Pechino. Il Global Times sottolineava che l’esito dell’incontro è relativamente positivo notando come le controporte non avesse usato parole dure. Ma i cinesi evidenziano pure che sebbene sia risultato un buon colloquio spesso gli USA tendano a non dare seguito alle parole spese. Secondo il giornale cinese la controparte ha rilanciato i messaggi conflittuali subito dopo il vertice dato che il Washinton Post segnala che probabilmente Biden e altri alti funzionari non saranno presenti all’inaugurazione dei Giochi Olimpici Invernali a Pechino. Una sorta di boicottaggio diplomatico senza danneggiare gli atleti americani. Gli Stati Uniti li hanno boicottati solo una volta, a Mosca nel 1980 mentre non boicottarono le Olimpiadi nella Berlino di Hitler del 1936.

Boicottaggio diplomatico dei giochi olimpici?

Biden non è stato invitato formalmente ai giochi perché probabilmente i cinesi sapevano che non avrebbe comunque partecipato e la diplomazia americana ne avrebbe approfittato propagandisticamente per delineare una sconfitta diplomatica dei cinesi. La proposta del boicottaggio diplomatico è della solita Nancy Pelosi già a inizio anno. La notizia recentemente è stata rilanciata sul Washington Post dal famigerato Josh Rogin, l’urlatore in capo delle politiche anti-cinesi. Sebbene l’amministrazione non abbia tecnicamente finalizzato questa decisione, è stata fatta una raccomandazione formale al presidente e dovrebbe approvarla entro la fine del mese avrebbero confermato fonti dell’amministrazione. Biden ha risposta alla domanda se avrebbe mandato una delegazione con: “la delegazione sono io”. I giornalisti sospettano che, come al solito, non abbia capito la domanda. Ci potrebbe però essere anche un tentativo dei Cold warrior nei media di influenzare il presidente. Gli organizzatori hanno già concordato con il CIO che non ci sarebbero stati cittadini stranieri ammessi, solo persone residenti in Cina. È la stessa modalità con cui si sono tenuti i Giochi di Tokyo della scorsa estate. Neanche Biden andò a Tokyo, mandò sua moglie.  Pochissimi altri stranieri di alto livello vi parteciparono.

Le Olimpiadi estive del 2008 sono state un grande successo. Un po’ meno i Military World Games di Wuhan nel 2019. Siamo però sicuri che i cinesi terranno d’occhio questa volta tutti i visitatori americani e saranno pronti ad agire immediatamente su chiunque sembri mostrare un insolito interesse per le maniglie delle porte e i corrimani. Xi dovrebbe invitare Biden a soggiornare al Wuhan International Hotel (quello abbastanza vicino al famigerato “mercato umido”), dove hanno soggiornato i concorrenti statunitensi durante di Giochi Militari. E dormire sul letto di Maatje Benassi. Così, per fare un po’di complottismo.

Le Olimpiadi del 2008 hanno mostrato straordinarie imprese della disciplina collettiva, coesione e coordinamento, esempi simbolici del potere del partito e dello stato cinesi. I luoghi dove si sono svolge hanno anche impressionato per la capacità di costruire infrastrutture, un tema che continua fino ai giorni nostri. Il 2008 ha preannunciato il posto che avrebbe assunto la Cina sulla scena mondiale.

Le imminenti Olimpiadi, sulla base di ciò che dice il Global Times, metteranno in evidenza robot e altre tecnologie avanzate, segnalando il passaggio della Cina da fabbrica del mondo ad avanguardia della nuova rivoluzione industriale. Se quel messaggio avrà successo, il tentativo degli Stati Uniti di schierare “alleati” per contenere la Cina sarà ulteriormente ridotto. Non c’è da meravigliarsi se gli Stati Uniti vogliono sminuire il più possibile le Olimpiadi di Pechino. Ma intanto il mainstream guidato dal New York Times è all’opera per il boicottaggio dei giochi con codazzo di femministe pro-impero e altri dirittoumanisti a senso unico. L’occasione è data da un post di una tennista cinese. Peng Shuai ha pubblicato un post sui social media in cui era triste per la fine di una storia d’amore durata anni. Pochi minuti dopo lei, o qualcun altro, ha eliminato il post. Gli screenshot, tuttavia, erano stati realizzati e continuavano a circolare.

Peng Shuai, che ha 35 anni, ha avuto una relazione insolita con un uomo sposato che ha 40 anni più di lei. Hanno iniziato a fare sesso consensuale dieci anni fa e quella relazione è andata avanti per un po’ fino a quando l’uomo non è stato promosso. L’uomo, Zhang Gaoli, si trovava in una nuova posizione di potere dove qualsiasi scandalo avrebbe avuto gravi conseguenze per lui, per chiunque fosse coinvolto, per il partito e per il Paese. Ma non aveva dimenticato Peng Shuai e appena andato in pensione la contattò nuovamente. Si sono incontrati, lei non voleva fare sesso quel giorno e non afferma da nessuna parte che abbiano fatto sesso quel pomeriggio. Lui glielo ha chiesto, lei ha detto no. Non è successo niente. È rimasta a cena.

Steve Simon, numero uno della associazione tennistica WTA, e altri tennisti si sono uniti alla condanna delle presunte “violenze”sulla donna sulla base di false informazioni del New York Times. L’e-mail mandata dalla tennista cinese al WTA chiarisce: “Le notizie nella dichiarazione del WTA, comprese le accuse di aggressione sessuale, non sono vere. Non sono sparita, né in pericolo”. Nell’e-mail Peng Shuai chiede anche sensatamente di chiedere la conferma a lei stessa per qualsiasi ulteriore dichiarazione WTA su di lei. Peng Shuai non ha mai affermato che sia stata “aggredita”. L’affermazione di una “aggressione” è stata completamente inventata da alcuni giornalisti del New York Times. Ma ormai l’Apparato Mediatico-Industriale è altrettanto pericoloso quanto quello Militar-Industriale nel promuovere le guerre più o meno fredde.

L’esito dell’incontro dipende dalla questione Taiwan

La prova dell’esito positivo dell’incontro sarà come verrà gestita la questione Taiwan in futuro. Se Biden e il suo gruppo continuano a spingere per l’indipendenza di Taiwan, la Cina intensificherà la propria risposta. Molto probabilmente hanno influenzato l’atteggiamento morbido di Biden i donatori che tirano le fila della sua campagna elettorale con cui la Cina coltiva sempre rapporti molto buoni e che sono desiderosi di fare sempre più affari,  ora che la Cina sta diventando il compratore in ultima istanza.

Parlando con Biden, Xi Jinping ha proposto questi principi per le relazioni USA-Cina: rispetto reciproco, trattare l’un l’altro come uguali, cercare un terreno comune; convivenza pacifica, fare di tutto per evitare conflitti; cooperazione vantaggiosa per tutti, il mondo è abbastanza grande perché gli Stati Uniti e la Cina possano convivere.

Il Global Times poi ha riportato che Biden ha riaffermato che gli Stati Uniti non sosterranno l’indipendenza di Taiwan. Ci si basa però su dichiarazioni che non sono disponibili pubblicamente. Tuttavia, Biden deve averlo ribadito a Xi affinché il giornale semiufficiale del governo e del partito faccia questa dichiarazione. Se così fosse, sarebbe una buona notizia. Significa che l’amministratore di Biden non vuole entrare in guerra contro la Cina in questo momento.

Xi ha sottolineato che attualmente la Cina e gli Stati Uniti sono in una fase critica di sviluppo e l’umanità sta affrontando molte sfide. Le due principali economie del mondo di paesi membri permanenti del consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite dovrebbero rafforzare la comunicazione e la cooperazione, non solo per fare bene i propri affari interni, ma anche “per assumersi le dovute responsabilità internazionali e promuovere congiuntamente la nobile causa della pace e dello sviluppo dell’umanità. questa è l’aspirazione comune della Cina e del Stati Uniti e dei popoli del mondo, ed è anche la missione comune dei leader della Cina e degli Stati Uniti”.

Questa è chiaramente un’affermazione “ambiziosa”, che non descrive ciò che l’oratore crede che accada, ma ciò che vorrebbe che accadesse. Le dichiarazioni ambiziose non sono offensive, come troppo spesso lo sono le dichiarazioni americane, ma nel contesto dovrebbero essere compreso che questo è ciò che gli Stati Uniti dovrebbero fare ma non fanno. Si mostra direttamente il progetto per il futuro che ci si aspetta di creare. Piuttosto che soffermarsi sugli errori, i cinesi mettono in risalto la tendenza positiva per il mondo e i suoi leader superando questo periodo di dominio oligarchico e unilaterale verso uno di vera leadership illuminata.

I media cinesi in lingua inglese hanno affermato che Biden era d’accordo con Xi su questi punti. Inoltre, si può vedere come la Cina alla fine ha diretto la conferenza verso gli esiti voluti come negoziatore da una posizione di forza; in questo caso e in altri che vedremo presto, da una posizione di saggezza superiore: il fratello maggiore che parla al fratellino. Il primato degli Stati Uniti, se mai lo ha avuto, è in realtà una reliquia del passato. Ora è in grado di controllare solo stati corrotti e deboli.

L’atmosfera era un pochino diversa dal vertice in Alaska. Ad Anchorage nel marzo 2021, Yang Jiechi e Wang Yi incontrarono Anthony Blinken e Jake Sullivan, Yang Jiechi disse agli americani che “non erano qualificati per parlare da una posizione di forza”.

La Casa Bianca ha affermato che durante i colloqui, il presidente Biden ha sfidato la sua controparte cinese su quella che Washington vede come persecuzione contro la popolazione uigura nella regione dello Xinjiang, nonché violazioni dei diritti umani in Tibet e Hong Kong. La Cina ha negato con forza le affermazioni, accusando gli Stati Uniti di interferire nei suoi affari interni. D’altra parte, dopo la fuga ingloriosa dall’Afganistan, con conseguente strage di civili innocenti, un qualche successo Biden doveva mostrarlo alla sua gente. In ogni caso il primo risultato è stato che l’annuncio di un nuovo formato strategico per i contatti tra Europa e Taiwan su questioni commerciali ed economiche è stato rinviato. In Europa si teme che gli USA li vogliano ancora una volta fregare facendo con la Cina gli affari propri mentre predicano ai sudditi di fare gli affari del loro patron d’oltre oceano. Fate come dico e non come faccio!

In occasione del centenario del PCC, Xi Jinping ha affermato: “Mentre ci impegniamo consapevolmente nell’imparare dalla storia per creare un futuro luminoso… dobbiamo continuare a lavorare per promuovere la costruzione di una comunità globale di futuro condiviso”. I cinesi continuano a spendere soldi per la Belt and Road e per rafforzare le sue forze armate senza per questo condurre la corsa agli armamenti. Al fine di estendere la “moderata prosperità” anche agli altri popoli il beneficio che ottiene la Cina è un miglioramento della connettività mondiale e del mercato per la propria economia, relazioni notevolmente migliorate con il terzo mondo e un esercito competitivo. Ciò che la Cina sta facendo ora è promuovere un network di reti che utilizzino ferrovia, strada, 5G, rotte marittime, partner di cooptazione quando disponibili, ad es. Russia, Pakistan, Iran, ASEAN, et al. La rete è così grande che non può essere costruita tutta in una volta, quindi, anche quando un partner o due dovessero temporaneamente inciampare (rivoluzione colorata ecc.), altre parti della rete possono continuare a crescere rapidamente. D’altra parte, la veloce crescita degli Stati Uniti in passato è dovuta in gran parte alla costruzione rapida della rete ferroviaria in tutto il continente nordamericano (ironicamente, utilizzando il lavoro degli schiavi, questi sì, cinesi).

La battaglia sul clima

Biden ha detto che Xi ha sbagliato a non essere presente al Cop26 a Glasgow. Xi Jinping ha parlato in videoconferenza che produce molte meno emissioni di un jet privato o dell’enorme corteo di automobili per le strade di Roma.  La guerra fredda non aiuta, solo perché è “fredda”, la lotta al riscaldamento globale. La lotta contro le guerre è la prima battaglia per la preservazione dell’ambiente.

Il Cop26 ha cercato il modo trovare il modo di far pagare i costi della transizione ecologica ai più poveri e cosa ancora più importante scaricare tutte le responsabilità sui paesi in via di sviluppo. Il ministro dell’Economia della Malaysia Nor Mohamed Yakcop aveva giustamente accusato di “imperialismo verde” e di ipocrisia le nazioni avanzate.

Il principale modo di incolpare la Cina per la crisi climatica è quello di descriverla come il paese che emette più CO2 al giorno d’oggi. Vero, ma con una popolazione di 1,4 miliardi di persone sarebbe difficile che non fosse così. La narrazione dei veri paesi inquinatori evita di menzionare le sgradite emissioni pro-capite come dovrebbe fare naturalmente chiunque pensa che ogni essere umano abbia gli stessi diritti. In altre parole, i poveri cinesi non hanno diritto di inquinare pro-capite quanto noi che siamo di pura razza ariana e possiamo fare i nostri comodi. I cinesi dopo essere stati accusati di genocidio per aver effettuato il controllo delle nascite ora devono autodistruggersi con un ulteriore genocidio perché sono in troppi e perché l’Occidente è stato colto da un raptus neomaltusiano. Sarebbe ora che simili discorsi fossero censurati dai media seri che invece li rilanciano come fanno sempre quando il contesto non gli è favorevole.

L’anno scorso, il presidente Xi Jinping ha promesso che le emissioni di anidride carbonica della Cina avrebbero raggiunto il picco prima del 2030 e che il paese sarebbe diventato carbon neutral prima del 2060. Un articolo di KJ Noh e Michael Wong, originariamente pubblicato su Asia Times il 12 novembre 2021, descrive in dettaglio i notevoli progressi che la Cina ha compiuto nella decarbonizzazione della sua economia. Affrontiamo allora alcuni punti salienti su questo tema.

La Cina ha il più grande programma di sviluppo dell’energia rinnovabile di qualsiasi altro paese. Genera più energia rinnovabile del Nord, Centro e Sud America – 42 paesi – messi insieme. Ha più parchi solari e parchi eolici di qualsiasi altro paese. L’anno scorso ha creato più energia eolica rispetto al resto del mondo messo insieme. John Kerry nel dicembre 2019, quando stava esponendo la sua visione sugli Stati Uniticome  futuro attore importante nelle energie rinnovabili, ha scritto sul New York Times che la Cina stava diventando una superpotenza energetica nel settore.

La Cina ha più veicoli elettrici di qualsiasi altro Paese: gestisce 420.000 autobus elettrici, il 99% del totale mondiale; la sola Shenzhen ha 16.000 e-bus e 22.000 e-taxi; mira ad avere 325 milioni di veicoli elettrici operativi entro il 2050.

La sua rete ferroviaria ad alta velocità che copre 38.000 chilometri è così estesa ed efficace che il trasporto aereo sta iniziando a diventare obsoleto. Nessun paese ha un sistema denso, ampio ed efficiente di trasporti pubblici puliti e ferrovie ad alta velocità come la Cina.

Inoltre, la Cina ha il più grande programma di rimboschimento per la cattura e il sequestro del carbonio al mondo, creando foreste delle dimensioni del Belgio ogni anno. Ha aumentato la sua copertura forestale al 23% negli ultimi 40 anni. L’analisi satellitare condotta negli ultimi 20 anni dall’Ames Research Lab della National Aeronautics and Space Administration degli Stati Uniti dimostra che la Cina ha contribuito a rendere verde il pianeta più di qualsiasi altro paese al mondo.

In altre parole, per quasi tutti gli indici di sostenibilità, la Cina è leader mondiale, ad esempio molto più avanti degli Stati Uniti, e sta aprendo una strada da seguire per il pianeta. Probabilmente raggiungerà i suoi obiettivi prima del tempo. 

Queste cose stanno accadendo perché la Cina ha inserito la sostenibilità e lo sviluppo ecologico direttamente nella sua costituzione. Questo viene quindi implementato nella politica regionale e locale: con le eco-città sostenibili, la politica dei trasporti, le infrastrutture energetiche e la ricerca avanzata, oltre a finanziamenti dedicati per lo sviluppo di energia alternativa per le aziende per avviare e costruire tecnologie energetiche pulite. 

Questi impegni esistono nonostante il fatto che le emissioni storiche e pro-capite di GHG (Greenhouse gas emissions) e CO2 della Cina siano una frazione del totale mondiale. Secondo la Banca Mondiale, su base annua pro-capite, la quota della Cina è meno della metà degli Stati Uniti; il suo consumo energetico domestico è un ottavo di quello americano.

Le quantità storiche di emissioni accumulate contano perché la CO2 non si dissipa ma si accumula nell’atmosfera: ciò che conta sono le scorte, non i flussi. Nella contabilità, si guarda al proprio debito totale maturato, non alle proprie spese di credito giornaliere, per determinare ciò che si deve agli altri. Allo stesso modo, è necessario esaminare i GHG accumulati storicamente per comprendere con precisione danni, responsabilità che si ha per la sua mitigazione. 

Si noti inoltre che tra il 14% e il 33% delle emissioni annuali di gas serra della Cina sono in realtà quelle occidentali che sono state trasferite all’estero attraverso la produzione. In questo modo, anche l’Occidente può avere la sua torta e mangiarla: consuma, inquina e distrugge il pianeta, mentre sottolinea le proprie virtù e incolpa paesi in via di sviluppo come la Cina per il costo del consumo occidentale. Troppo comodo. Bisogna pensare a ciò che consumiamo e non solo a ciò che produciamo, da questo punto di vista gli USA sono sopra le 22 tonnellate pro-capite: Italia, Francia, Germania, Giappone tutti compresi in una forbice tra le 10 e le 15 e la Cina soltanto tre.

Come ha rilevato il giornalista Giuliano Marrucci in una recente interessantissima trasmissione di OttolinaTv (una TV online molto molto militante e innovativa) in media i paesi sviluppati hanno cominciato introdurre politiche ambientali quando il loro reddito pro capite, calcolato a parità di potere d’acquisto, aveva raggiunto quota 17/18000 euro l’anno per gli Stati Uniti questa spesa era 28mila euro l’anno. La Cina ha incominciato a intervenire quando era ancora sotto i 10mila euro. Insomma, gli stati canaglia della devastazione ambientale sono proprio quelli che oggi vorrebbero fare la morale. Nel 2009 l’avevano pure riconosciuto e si erano impegnati a investire 100 miliardi l’anno per finanziare la transizione ecologica nei paesi in via di sviluppo, solo una frazione di ciò che sarebbe dovuto e necessario, comunque era un segnale importante.  A 12 anni di distanza quella cifra non è mai stata nemmeno lontanamente raggiunta.  I paesi avanzati si erano anche impegnato costruire un sistema assicurativo per tutelare i paesi più poveri in caso di gravi perdite dovute proprio al cambiamento climatico ma anche di questo nel documento finale di Cop26 non c’era traccia. Se vediamo la situazione dal punto di vista dei grandi gruppi finanziari occidentali troviamo che su 16500 fondi di investimento privati analizzati dal Carbon Disclosure Project soltanto 158 risulterebbero rispettare gli accordi. Il resto continua a finanziare tranquillamente attività che comporterebbero l’innalzamento della temperatura entro la fine del secolo di oltre tre gradi. Ecco perché in Italia, ad esempio, degli 8 GW l’anno di nuovo impianti per la produzione di energia da fonte rinnovabile che dovremmo installare siamo fermi a 6/ 700 MW, meno di un decimo.

Sulle centrali a carbone i cinesi hanno fatto molto, si tratta di impianti cosiddetti supercritici o ultra-supercritici avanzati, il che significa che sono molto più efficienti e puliti di parecchi degli impianti ereditati dall’era industriale negli Stati Uniti.

Sul fronte finanziario la banca centrale cinese valuterà gli istituti sulla base del livello di prestiti verdi e sulla detenzione di bond verdi, fornendo prestiti a tassi scontati a quelli che si impegnano seriamente su tale fronte, mentre il mercato delle obbligazioni verdi è in pieno boom.

La Cina ha un approccio più sostenibile lungo l’intera catena di produzione e consumo. Detto questo, la Cina considera il carbone come una fonte di transizione che vuole eliminare gradualmente, tranne per il fatto che gli Stati Uniti hanno un piano militare esplicito per soffocare le importazioni cinesi di combustibili alternativi attraverso il Mar Cinese Meridionale. Gli USA cercano pure di vietare l’importazione dei pannelli solari cinesi e di pale eoliche.  A seguito delle azioni del Dipartimento del Commercio e della Sicurezza interna del giugno 2021 contro le società cinesi nel settore dell’energia solare, il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha pubblicato un aggiornamento per le aziende sulla catena di fornitura dello Xinjiang, tra cui “informazioni sul lavoro forzato nella catena di approvvigionamento di silicio e polisilicio dello Xinjiang”. Bisogna dire che gran parte dell’energia eolica della Cina viene dalle grandi distese collocate nelle provincie delle minoranze etniche: Tibet, Mongolia e Xinjiang. Tutto questo indica che l’amministrazione Biden ha avuto la tentazione di dare la priorità alla competizione della Guerra Fredda rispetto alla cooperazione sul clima. Questo almeno fino alla visita di John Kerry che ha aperto uno spiraglio.

La Cina ha bisogno di mantenere la capacità di riserva nel carbone pulito mentre passa alle energie rinnovabili, che costituiranno l’80% del suo portafoglio energetico entro il 2060. Per quanto riguarda il finanziamento delle centrali a carbone all’estero, l’87% di tale finanziamento proviene dall’Occidente o dal Giappone, e la Cina si è impegnata a non finanziare più impianti a carbone all’estero. Con queste premesse, la Cina ha dimostrato di essere impegnata nella sostenibilità e nella neutralità del carbonio sia nazionale che globale. 

Infine, la maggior parte dei calcoli delle emissioni di GHG tralascia l’apparato militare degli Stati Uniti, il singolo più grande emettitore istituzionale del mondo, maggiore delle emissioni di 140 paesi. Aggiungendo il costo delle infinite guerre statunitensi e sottraendo i gas a effetto serra offshore dall’Occidente dal totale della Cina, si ottiene un’immagine diversa della responsabilità per le emissioni globali.

Nonostante l’ipocrita parata contro la Cina alla COP26 dei peggiori inquinatori, Stati Uniti e Occidente, i semplici fatti confutano le menzogne. 

Fatti contro menzogne

La Cina è una nazione creditrice netta di gas serra, non una debitrice. Lancet ha mostrato che il 92% delle emissioni al di sopra del livello di sicurezza di 350 parti per milione può essere attribuito al Nord del mondo, di cui il 40% solo agli Stati Uniti. Solo l’8% può essere attribuito al Sud del mondo. Al contrario, la Cina è una nazione creditrice netta.

In altre parole, l’atmosfera (capacità di carico atmosferica), prezioso bene comune globale, è stata colonizzata e monopolizzata dall’Occidente a scapito del resto del mondo. In questo, gli Stati Uniti hanno la più grande responsabilità individuale per la crisi climatica globale. Il problema del CO2 che si accumula e quindi noi paghiamo le conseguenze di chi ha inquinano anche prima. Secondo uno studio pubblicato nel 2017 sul New York Times gli Stati Uniti avrebbero esaurito la loro quota di emissioni addirittura nel 1944.

Nonostante tutto ciò, la Cina è leader nelle soluzioni: nella tecnologia, nella politica, nella pianificazione della transizione e nell’implementazione. Non si sta solo occupando di ciò che gli compete, sta mostrando al mondo una via da seguire.   

Questo è in netto contrasto con gli Stati Uniti, dove il 25% dei membri del Congresso rifiuta ancora di credere nei cambiamenti climatici causati dall’uomo e dove l’ultimo presidente ha affermato che il riscaldamento globale era una “bufala cinese”. Gli Stati Uniti sono stati anche responsabili della uscita dal Protocollo di Kyoto originale del 1997 abbassando gli standard, progettando scappatoie sul carbonio (“carbon trading”), esentando le emissioni militari e cercando ingiustamente di scaricare la responsabilità sui paesi in via di sviluppo. 

Nella recente dichiarazione congiunta Cina-USA di Glasgow sul rafforzamento dell’azione per il clima, gli Stati Uniti hanno momentaneamente abbandonato il loro attacco alla Cina e si sono impegnati a rafforzare l’attuazione dell’accordo di Parigi.

Questo voltafaccia è un segno di un tentativo significativo di lavorare insieme o è una tregua temporanea e opportunistica per ragioni elettorali interne? Gli Stati Uniti sono in grado di cooperare per il bene globale o si tratta di un momentaneo reset tattico all’interno di una strategia generale di escalation dell’ostilità contro la Cina?

La costante demonizzazione della Cina da parte della leadership statunitense, non solo sul cambiamento climatico, ma su tutti i fronti, rafforzata da un incessante eco nei media mainstream, non promette bene.

Per il bene del pianeta si deve cercare una vera cooperazione vantaggiosa per tutti su tutti i fronti per affrontare la minaccia esistenziale del nostro tempo. La Cina sta facendo la sua parte dimostrando come potrebbe essere una civiltà ecologicamente sostenibile basata sulla prosperità comune.

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