Governo e aziende complici dei crimini di guerra israeliani. Si passa al boicottaggio
di Federico Ruocco - ControPiano
Per domenica prossima, la coalizione di forze politiche, sociali, sindacali, studentesche che ha promosso la manifestazione nazionale del 4 novembre scorso contro le guerre e in solidarietà al popolo palestinese, hanno convocato una assemblea nazionale a Roma (ore 10:00 al centro sociale Intifada via di Casal Bruciato, 15).
“I governi di Stati Uniti e Unione Europea continuano a sostenere politicamente, militarmente ed economicamente Israele, rifiutandosi persino di chiedere un cessate il fuoco a Gaza. Al contrario governi come quello della Bolivia hanno rotto le relazioni diplomatiche con Israele” è scritto nel documento di convocazione circolato in queste settimane.
Addirittura la vicepremier belga ha affermato che è tempo che Israele sia sottoposta a sanzioni per i crimini di guerra che sta commettendo contro i palestinesi, a Gaza ma anche in Cisgiordania, eppure su questo terreno i governi occidentali sembrano voler continuare ad adottare il doppio standard: sanzioni contro molti paesi ma mai contro Israele o stati alleati. E’ un doppio standard che gran parte del mondo ha deciso di non sopportare più.
L’obiettivo dell’assemblea di domenica a Roma, secondo quanto spiegato nel documento è che “Alle grande mobilitazioni di solidarietà con il popolo palestinese va affiancata una vasta e capillare mobilitazione che costringa governi e aziende a mettere fine ad ogni collaborazione con le istituzioni israeliane”.
E’ una campagna politica e di massa che dovrà muoversi su più aspetti.
Da un lato c’è un livello di iniziativa collettivo e individuale praticabile quotidianamente e in modo coordinato: il boicottaggio delle merci e degli investimenti israeliani in Italia. “Dal punto di vista economico va imposta la revoca degli accordi economici tra aziende italiane e israeliane, fino al boicottaggio dei prodotti israeliani sul mercato italiano” è spiegato nel documento che convoca l’assemblea.
Da anni anche in Italia è attiva la campagna Bds (Boicottaggio, Disinvestimenti, Sanzioni) verso Israele, spesso criminalizzata e ostracizzata in mille modi dall’ambasciata israeliana e da istituzioni italiane servili. Ma questo meccanismo di controllo sulla narrazione della questione palestinese e delle responsabilità di Israele si va rompendo in più punti.
Su questo segnali importanti sono venuti anche dai lavoratori dei porti di Genova e Salerno che stanno boicottando l’attracco delle navi israeliane e dai lavoratori dell’aeroporto di Pisa.
E poi ci sono le responsabilità della “politica” e del governo, appiattito, come del resto anche quelli precedenti, nel sostegno incondizionato a Israele. “Occorre tornare a chiedere la revoca del Memorandum di cooperazione militare Italia-Israele del 2005 e la cessazione degli accordi di collaborazione tra enti locali e università italiane e istituzioni israeliane” scrivono gli organizzatori dell’assemblea di domenica prossima.
Un’avvisaglia della posta in gioco su questo terreno è arrivata dall’aspro dibattito alla Camera di mercoledi, proprio sulla fornitura di armi italiane a Israele di cui il M5S ha chiesto la sospensione. Ma un segnale forte è arrivato soprattutto da diverse università, dove gli studenti hanno occupato o protestato chiedendo di mettere fine agli accordi di collaborazione tra gli atenei italiani e le istituzioni israeliane. Un obiettivo questo messo nero su bianco anche dall’importante appello di più di 4000 accademici e ricercatori che trovate in altra parte del giornale.
“Di fronte alla posizione di complicità con Israele dell’attuale governo – ed anche di quelli precedenti – diventa urgente che la società intervenga direttamente attuando quello che i governi non intendono fare” riporta il documento di convocazione dell’assemblea.
Le imponenti e ripetute manifestazioni di queste settimane al fianco del popolo palestinese hanno reso visibile l’empatia di vasti settori della società verso la causa della Palestina ma anche la netta contraddizione con le scelte insopportabili e inaccettabili del governo e della politica su tale questione. Occorre sostanziare quel “non in nostro nome” che è un sentimento ormai ampiamente diffuso.
Su tempi, modi e caratteristiche della mobilitazione sul boicottaggio a Israele nelle sue varie articolazioni, si discuterà e deciderà domenica.
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