Il caldo e la sicurezza sul lavoro
di Federico Giusti
Prima storia
Non sono una esperta di sicurezza, anzi sono felice di non esserlo visti i numeri degli infortuni e delle morti sul lavoro, tenuto conto delle malattie professionali in aumento. Vorrei solo richiamare l’attenzione su alcuni problemi, farlo senza tecnicismi ossia guardando alla sostanza del problema e per questo vorrei limitarmi ad alcuni casi.
Giugno 2025, temperature elevate, da un anno non funziona l’impianto di riscaldamento e di aria condizionata negli uffici, siamo in un edificio gestito da una partecipata del Comune, io stessa sono una dipendente comunale. Aria insopportabile, il pezzo da cambiare che non arriva, l’impianto obsoleto, trascorrono settimane prima del suo arrivo ma nel frattempo, anche dopo turni faticosi, trovare un po’ di riposo nelle stanze soffocanti è impossibile. Arriva un Rls, fa il suo minimo sindacale e alla fine i problemi si risolvono anche per la attenzione dei tecnici della partecipata che devono rattoppare l’impianto. A poche centinaia di metri sorge un altro edificio, a gestirlo sono privati del ramo dei rifiuti speciali, entro dentro e l’aria condizionata funziona, c’è perfino un erogatore di acqua gratuito e due poltrone nello spogliatoio. La ragione? Vogliono i loro dipendenti operativi, meglio spendere qualche soldo in più, anche con i mezzi di servizio, ma avere certezza che la forza lavoro sia sfruttabile sempre e comunque, non si lesina sul buono pasto, nel pubblico è fermo per legge a 7 euro, fermo per ignavia sindacale, in quella azienda è di 12 euro che in trasferta diventano 21. Sono padroni filantropi? No, sono solo padroni oculati e attenti al profitto.
Seconda storia
Mia figlia frequenta l’asilo nido, è al suo ultimo anno, io sono impossibilitata a gestire la piccola con i nonni che a 60 anni lavorano ancora e ne avranno per anni. Ma la struttura che la ospita, aperta per la prima volta le prime due settimane di luglio, è senza adeguato microclima, si è sentita male una maestra, un amichetto di mia figlia ha avuto per l’eccessiva temperatura un piccolo malore. Le lavoratrici dei nidi sono scese in sciopero, osteggiate da buona parte dei sindacati confederali, hanno perfino rifiutato una indennità, prima di ogni altra cosa chiedevano il benessere dei piccoli utenti e il microclima. Hanno provato in mille modi a chiedere interventi, alcuni sono stati fatti ma solo a fine maggio, quando invece dovevano essere già pianificati ed effettuati nei mesi precedenti, almeno quando la Giunta aveva deciso di vendere alla cittadinanza la novità della apertura estiva dei nidi. Rispetto queste lavoratrici pur creandomi un disagio, sono l’esatto contrario del dipendente pubblico descritto dai media, se hanno chiamato la asl per effettuare i controlli vuol dire che contro le loro istanze è stato eretto uno stupido muro da parte di chi quel muro avrebbe dovuto abbatterlo
Terza storia
Sono un operaio del verde, lavoro in cooperativa e a 61 anni inizia ad essere un lavoro duro nel periodo estivo. La ordinanza della regione Toscana blocca le attività all’aperto nelle ore più calde ma ci sono amici che invece continuano ad operare a rischio e pericolo della loro salute perché esclusi dal provvedimento. Un anno fa ci trovammo con tante ore di lavoro in meno, non lavorammo nelle ore calde ma ogni giorno mancavano almeno 2 ore che cumulate in un mese e mezzo vennero impropriamente caricate sulla banca delle ore. Per salvaguardare la mia salute ho lavorato meno di estate ma nel mese di settembre ed ottobre non c’è stato un sabato a casa, ogni settimana 7 ore a recupero senza ricorrere agli ammortizzatori sociali, alla fine dell’anno mancavano ancora ore per il completamento della settimana lavorativa e siamo stati impiegati due giorni nelle feste di Natale per gli addobbi. Insomma, un esempio eloquente di come la sicurezza diventi un costo quasi solo a carico della forza lavoro.