“Il 'Corridoio Trump” nel Caucaso preludio alla guerra con l'Iran?
Mentre negli Stati Uniti e in Turchia si celebra l'intesa tra Armenia e Azerbaigian, l'Iran lancia avvertimenti drammatici: "Sarà un cimitero per i mercenari americani". Le parole infuocate del consigliere di Khamenei e il rischio concreto di un'escalation militare.
di Francesco Fustaneo
Venerdì scorso, in una cerimonia carica di simbolismo politico, Armenia e Azerbaigian hanno firmato un accordo storico, sotto gli occhi compiaciuti del presidente statunitense, Donald Trump. Quello che nelle intenzioni dovrebbe porre fine a decenni di tensioni sul Nagorno-Karabakh, in realtà rischia di sancire l’apertura di una nuova fase d'instabilità geopolitica.
Al centro dell'intesa c'è la creazione di un corridoio commerciale e di transito - ribattezzato con non troppo velata autocelebrazione "Corridoio Trump" - che collegherà l'Azerbaigian alla sua enclave di Nakhchivan attraverso il territorio armeno. Una svolta che nei fatti isola ulteriormente l'Armenia, già sconfitta militarmente nel 2023 e rischia di tagliare fuori Russia e Iran dalle rotte commerciali regionali, avvantaggiando enormemente la Turchia, storico alleato di Baku, che assesta un altro colpo a favore del proprio sogno di espansione egemonica nell’area.
A Teheran, l'annuncio dell'accordo è visto con enorme fastidio e sospetto. Ali Akbar Velayati, influente consigliere del leader supremo Ali Khamenei per gli affari internazionali, ha rilasciato alla stampa iraniana dichiarazioni di una durezza inusitata, rivelando il profondo nervosismo che aleggia nelle nomenclature del paese persiano.
“Il Caucaso meridionale è forse una terra senza padrone da affittare a Trump?” ha esordito Velayati in un'intervista all'agenzia di stampa Tasnim, vicina alle Guardie della Rivoluzione. “Questa è una delle regioni più sensibili al mondo. Un simile passaggio non diventerà proprietà di Trump, ma un cimitero per i suoi mercenari.”
Il linguaggio usato dal veterano della politica estera iraniana non lascia spazio a interpretazioni:
“Le dichiarazioni di Trump sono ingenue e vuote, come se qualcuno qui decidesse improvvisamente di affittare il Canale di Panama. Non permetteremo alla NATO di avvicinarsi ai nostri confini settentrionali, così come la Russia non ha permesso l'invasione attraverso l'Ucraina. Prevenire è meglio che curare.”
Velayati ha ricordato come le Forze Armate iraniane abbiano già condotto esercitazioni nel nordovest del paese sotto la guida del defunto generale Mohammad Bagheri, “per dimostrare la nostra determinazione a bloccare questo progetto neocoloniale”.
Ha inoltre rivelato dettagli significativi sull'incontro tra il primo ministro armeno Nikol Pashinyan e le autorità iraniane: “Lo stesso leader armeno ha riconosciuto la natura cospiratoria di questo corridoio ed espresso la sua opposizione di principio", un'affermazione che getta ombre sulla reale volontà di Yerevan nell'accordo.
Particolarmente interessante è la posizione espressa da Velayati riguardo alle pretese statunitensi di controllo sulle risorse energetiche:
“Affermano che questa rotta servirà a trasportare energia dal Mar Caspio? Il Caspio appartiene esclusivamente agli stati rivieraschi. Le recenti esercitazioni navali congiunte Iran-Russia sono state un chiaro messaggio: nessuna potenza esterna deciderà per noi.”
Velayati ha poi smontato pezzo per pezzo la necessità del corridoio: “Collegare il Nakhchivan all'Azerbaigian continentale può avvenire attraverso il nostro territorio. L'unico scopo di questa operazione è strategico: portare la NATO alle nostre porte.".
A onor del vero, il ministero degli Esteri iraniano ha rilasciato una dichiarazione ufficiale più moderata, definendo l'accordo “un passo importante verso la stabilità” pur mettendo in guardia da “interferenze esterne”.
Questa apparente contraddizione riflette il delicato equilibrio che Teheran deve mantenere: da un lato la necessità di contrastare l'avanzata NATO, dall'altro il tentativo di non rompere completamente con Baku, con cui intrattiene relazioni complesse ma importanti.
Conclusioni: verso una nuova crisi regionale?
Le dichiarazioni di Velayati non sono semplici esternazioni retoriche, ma rivelano il reale timore iraniano per l'accerchiamento NATO, mostrano come l'Iran tema che gli sviluppi di questo accordo possano per lei divenire una minaccia esistenziale e infine indicano la volontà di azione concreta, anche militare.
Mentre Turchia e Azerbaigian festeggiano e l'Armenia, al di la’ delle apparenze, tenti di digerire una sconfitta annunciata, il vero banco di prova sarà la capacità/volontà degli USA di sostenere direttamente o tramite le sue proxy concretamente il loro progetto, contro l'inevitabile resistenza iraniana.
Una cosa è certa: al di la’ dei proclami della stampa occidentale, il Caucaso si avvia a una nuova stagione di stravolgimenti e contese.