"Il pensiero di XI come marxismo del XXI° secolo" - Recensione

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Il libro di Burgio, Leoni e Sidoli è il tentativo più organico e meglio riuscito di analizzare il pensiero di Xi Jinping e il suo contributo al marxismo nel XXI secolo. Nella prefazione Diego Bertozzi coglie e sottolinea la vitalità del marxismo cinese ‘da Mao a Xi’, discostandosi in questo da Luciano Canfora, il quale in una recensione a ‘La sinistra assente’ Di Domenico Losurdo ‘ne criticava a più riprese le posizioni relative alla Repubblica popolare cinese’ [pag. V].

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Gli Autori hanno invece ben presente l’apporto teorico di Xi Jinping al pensiero marxista e, a mio avviso, ne colgono il senso quando affermano che ‘il pensiero di Xi Jinping rappresenta infatti il marxismo nella stagione di una gigantesca rivoluzione tecnoscientifica’ [pag. 3]. In passato il marxismo è stato piegato a visioni luddiste lontane dalle concezione marxiana del progresso, per chiarire questo punto è illuminante quello che scrisse Pier Paolo Pasolini che distingueva fra sviluppo, a beneficio di pochi, e progresso che si ha quando lo sviluppo viene redistribuito.

I comunisti e i marxisti non devono avere paura del progresso, la tecnologia non è cattiva o buona in sé, perché vi è sempre un elemento soggettivo che la determina. Prendiamo ad esempio la ricerca sul nucleare, essa può contribuire a costruire armi, a produrre energia o a diagnosticare malattie non è quindi né positiva né negativa, essa non può prescindere dall’uso che ne viene fatto. Penso di interpretare correttamente l’opera di Burgio, Sidoli e Leoni dicendo che in Cina il PCC sta redistribuendo lo sviluppo tecnologico, la riduzione della povertà, i cui numeri sono ben documentati nel testo, è la rappresentazione concreta di questa politica.

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La globalizzazione va letta dentro questo contesto, a suo tempo fece molto parlare l’intervento di Xi Jinping a Davos che venne presentato come la difesa del neoliberismo contro il trumpismo isolazionista, il realtà alla globalizzazione è sbagliato rispondere con politiche che tecnicamente possiamo definire ‘reazionarie’ (ovverosia il rifiuto della modernità) mentre a senso parlare di ‘globalizzazione con e assieme sovranità e sicurezza nazionale’ [pag. 33], la Cina non rifiuta il progresso ma lo vuole piegare verso la costruzione di una nuova società. Questa idea di mondo espressa dalla Cina è un’idea di mondo multipolare e come scrive Cheng Enfu anche la via della seta ‘assume il volto di edificazione globale del socialismo con caratteristiche cinesi’ [pag. 37].

Come gli Autori sottolineano quello cinese è un percorso non certo privo di ostacoli, Xi Jinping e il PCC rifiutano ‘la concezione di natura meccanicista, determinista e fatalista riguardo alla dinamica globale di trasformazione del genere umano’ [pag. 49], un tema che ha affrontato anche Carlo Formenti nel suo ultimo libro e che ci fa capire l’importanza dell’elemento soggettivo e che di conseguenza il ruolo dei comunisti in Cina come in Italia è determinante. In considerazione di questo anche la battaglia teorica diviene centrale, fanno quindi bene Burgio, Sidoli e Leoni a dedicare una riflessione finale alla sinistra trotzkista e non solo che attacca la Cina definendolo Paese imperialista, sono gli stessi che scendono in piazza per solidarizzare con le ‘resistenza’ ucraina e che in passato manifestavano sotto l’ambasciata libica. Come brillantemente affermano gli Autori ‘gratta gratta un marxista occidentale e, molto spesso, si troverà un sottile strato di sciovinismo bianco’ [pag. 100], è proprio questo ‘sciovinismo’ a non permettere di cogliere il ruolo dell’a Cina e dell’Asia non solo nel contrastare l’imperialismo statunitense ma anche nel rivitalizzare il pensiero marxista.

Quando il New York Times parlò di ‘nuovo asse’ in riferimento all’incontro di Putin con Xi Jinping del 4 febbraio aveva colto la carica di trasformazione dell’ordine mondiale, certamente la Russia non è più l’URSS ma è attorno alla Cina che sta nascendo il nuovo ordine mondiale e questo è stato possibile proprio perché il Partito Comunista Cinese è stato capace di imparare dagli errori del PCUS. Proprio in virtù della capacità di riflettere sulla sconfitta oggi la Cina può affrontare con rinnovato ottimismo le sfide del XXI secolo potendo lavorare per ‘costruire un socialismo che sia superiore al capitalismo’ [pag. 152] per citare le parole di Deng Xiaoping.

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