Il Piano B per il pianeta non uscirà mai dall'Onu: la Bolivia chiama alla mobilitazione popoli e movimenti
Dal 10 al 12 ottobre a Cochabamba seconda Conferenza mondiale dei “Popoli sul Cambiamento Climatico, i Diritti della Madre Terra e la preservazione della specie umana”
Il fallimento del vertice mondiale sul clima di Copenhagen e l'impossibilità per le organizzazioni internazionali “universali” di rendere vincolanti paletti che per le grandi potenze occidentali non sono mai vincolanti, rendono non più rimandabile l'adozione di un piano B per la preservazione della specie umana.
Il conto alla rovescia per il futuro del nostro pianeta è iniziato. La consapevolezza dell'urgenza del momento e l'impossibilità di far affidamento su consessi dominati dai veti dei responsabili della distruzione del pianeta sono alla base della chiamata del presidente boliviano Evo Morales di una seconda conferenza mondiale dei “Popoli sul Cambiamento Climatico, i Diritti della Madre Terra e la preservazione della specie umana” che si terrà a Cochabamba (capoluogo della provincia boliviana di Cercado) dal 10 al 12 ottobre.
La conferenza mondiale indetta dal governo boliviana è stata presentata in Italia oggi dall'incaricato d'affari dell'Ambasciata di Bolivia Luis Sanchez Gomez Cuquerella e dal Professore de La Sapienza Luciano Vasapollo nella sede nazionale dell'USB (Unione sindacale di base) di via dell'aeroporto 129 in Roma.
Quella che i boliviani e, in pratica la maggior parte dei popoli andini e amazzonici, auspicano “La salvación de la Madre Tierra” sarà il monito che questo incontro lancerà all’umanità, in particolare ai paesi ricchi del Nord. Infatti, durante i tre giorni dell’incontro saranno definite proposte programmatiche che poi saranno sistematizzate in un documento finale che Papa Francesco riceverà direttamente dal presidente della Bolivia, Evo Morales, prima della chiusura dell’incontro per presentarlo, in seguito, nella prossima Assemblea delle Nazioni Unite.
Sarà, certamente, un documento polemico dal momento che il cosiddetto modello di sviluppo globale del mercato sta facendo acqua non solo dal punto di vista economico-finanziario ma, soprattutto in termini istituzionali e geopolitici. Un contesto fin troppo evidente se si considerano i conflitti armati esistenti e l’abbassamento progressivo dei livelli di vita nei paesi sottosviluppati o in via di sviluppo del Sud ma anche nelle ricche società del Nord.
Nella prima conferenza mondiale di Cochabamba del 2010 era stato prodotto un documento molto avanzato di soluzioni pratiche per porre un freno alla distruzione del pianeta in corso, all'interno del quale era presente una “Dichiarazione universale sui diritti della Madre Terra” e la proposta di un Tribunale internazionale per i reati climatici. Proposte sottoposte all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, ma ignorate dalle grandi potenze. Il fallimento ormai acclamato di questi consessi “universali” che dovrebbero garantire “la pace e il benessere” tra i popoli è palese, afferma Vasapollo, ed è giunto il momento di trovare vie alternative alla soluzione dei problemi epocali.
“Non c'è più tempo”, aveva ribadito Papa Francesco nell'ottobre del 2014, incontrando a Roma Evo Morales e i movimenti sociali. Il presidente boliviano, non a caso in uno dei paesi di quel barlume di speranza per l'umanità dell'ALba bolivariana, ha accolto l'invito del Pontefice e chiamato all'azione i popoli e i movimenti sociali. “Dal 2010, la situazione è notevolmente peggiorata mentre le istituzioni internazionali – a partire dall’Onu – e le varie conferenze mondiali ufficiali organizzate per porre rimedio al cambiamento climatico e alle sue drammatiche conseguenze non hanno sortito alcun effetto, rinviando l’adozione di misure urgenti che i paesi del sud del mondo, e in particolare quelli latinoamericani tra i quali la stessa Bolivia, hanno invece implementato e proposto all’attenzione generale. Un’inazione colpevole dei paesi a capitalismo avanzato che non può essere considerata una distrazione ma il cosciente sacrificio di misure irrimandabili (pena l’ulteriore degrado dell’ecosistema mondiale e delle condizioni di vita dei popoli dell’emisfero sud ma non solo) in nome degli interessi dei paesi imperialisti e delle multinazionali”, ha concluso Vasapollo.
Il tempo è poco e se pensate ancora che la soluzione possa venire dall'Onu, le speranze per il nostro pianeta sono davvero poche.
L'AntiDiplomatico
Nuestra America