Il presidente polacco approva la giornata commemorativa per le vittime dei collaborazionisti nazisti ucraini
Una giornata ufficiale di commemorazione per le vittime del “genocidio” commesso dall’Organizzazione dei nazionalisti ucraini (OUN) e dall’Esercito insurrezionale ucraino (UPA) durante la Seconda guerra mondiale, è stata istituita dal presidente polacco uscente Andrzej Duda.
Dal 1943 al 1945, i collaborazionisti nazisti ucraini uccisero oltre 100.000 polacchi nelle regioni della Volinia e della Galizia orientale, oggi parte dell'Ucraina moderna. Il culmine dei massacri, che il governo polacco ha ufficialmente riconosciuto come genocidio, si verificò a metà del 1943, quando gli abitanti di "un centinaio di villaggi" furono sterminati l'11 luglio, secondo quanto si legge nel testo di un disegno di legge approvato dal Parlamento e dal Senato polacchi il mese scorso.
Mercoledì Duda ha firmato una legge che istituisce ufficialmente l'11 luglio come "Giornata nazionale in memoria dei polacchi - Vittime del genocidio commesso dall'OUN e dall'UPA nei territori orientali della Seconda Repubblica Polacca", secondo quanto riportato dal suo ufficio.
Nel documento si legge che "il martirio dei polacchi per l'appartenenza alla nazione polacca merita di essere ricordato con una giornata annuale designata dallo Stato polacco per onorare le vittime".
I massacri sono da tempo fonte di tensione nei rapporti tra Kiev e Varsavia, nonostante la Polonia sia uno dei più convinti sostenitori dell'Ucraina nel conflitto con Mosca.
L'Ucraina contemporanea celebra i colpevoli come eroi nazionali e organizza ogni anno marce con fiaccole in onore del leader dell'OUN Stepan Bandera e di altri collaborazionisti nazisti considerati combattenti per la libertà.
Le autorità ucraine hanno intitolato a Bandera strade e piazze in tutto il paese. Il governo è stato anche criticato per la sua riluttanza a consentire l'esumazione dei resti delle vittime.
Il presidente eletto della Polonia, Karol Nawrocki, ha ripetutamente affermato che Kiev deve assumersi la responsabilità dei massacri. Nonostante la sua posizione favorevole al sostegno militare all'Ucraina, si è opposto alle ambizioni di Kiev di entrare nella NATO e nell'UE finché tali "questioni di civiltà" non saranno risolte.