Il vento del dialogo in Medio Oriente: Milizie curde disposte alla fusione con l’esercito siriano

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Il vento del dialogo in Medio Oriente: Milizie curde disposte alla fusione con l’esercito siriano

 

Mai si era registrata un’ondata tale di dialogo e disponibilità a trovare soluzioni politiche in una delle aree più calde del pianeta come il Medio Oriente e l’Asia occidentale.

Prima la riconciliazione Arabia Saudita-Iran, mediata dalla Cina, poi i colloqui di pace tra Yemen e monarchia saudita. Su questa ondata, da registrare l’approccio diverso del mondo arabo verso la Siria, con la recente visita del Ministro degli Esteri siriano Faisal al Mekdad a Jeddah per incontrare il suo omologo saudita e la prossima riapertura delle rispettive sedi diplomatiche.

A breve ci sarà un incontro tra Russia, Iran, Turchia e Siria per risolvere la crisi nel paese levantino.

Non finiscono qui la novità.

Il comandante della milizia curda sostenuta dagli Stati Uniti, Mazloum Abdi delle Forze democratiche siriane (SDF), ha dichiarato in un'intervista al quotidiano saudita Asharq, ieri, che il suo gruppo è disposto a fondersi con l'esercito siriano in futuro.

Le SDF “non si oppongono al ripristino delle relazioni di Damasco con altri Paesi e sostengono la soluzione politica in Siria”, ha annunciato Abdi.

La milizia curda è "una forza da non sottovalutare", ha spiegato, aggiungendo che i combattenti del gruppo superano i 100mila e devono essere inclusi in "un sistema di difesa per la Siria".

Nel 2019, il ministero della Difesa siriano aveva lanciato un appello affinché i combattenti delle SDF si unissero all'esercito arabo siriano (SAA) per coordinarsi congiuntamente per la difesa contro l'occupazione militare turca.

Tuttavia, Abdi e il suo gruppo avevano respinto a suo tempo l'appello sostenendo che qualsiasi tentativo di fondersi con l'esercito siriano doveva dipendere da una soluzione che avesse riconosciuto lo "status speciale" delle SDF. Inoltre,  Abdi aveva precisato che l'establishment militare siriano doveva essere ristrutturato per fungere da "ombrello per unire gli sforzi".

Da allora le SDF e l'esercito siriano si sono coordinati militarmente. All'inizio di luglio dello scorso anno, un portavoce delle SDF aveva comunicato che Damasco aveva accettato di fornire al gruppo armi pesanti per affrontare le aggressioni turche nelle campagne di Raqqa e Aleppo. All'epoca, le truppe siriane erano schierate al confine turco in previsione di un'offensiva di terra che Ankara aveva promesso di lanciare.

Tuttavia, l'offensiva di terra alla fine è stata bloccata, poiché la spinta alla normalizzazione tra Ankara e Damasco ha iniziato a prendere forma. Damasco ha ripetutamente affermato che i colloqui in corso devono dipendere dalla volontà di Turchia di ritirarsi dalla Siria e porre fine al sostegno alle fazioni estremiste.

La ferma posizione di Damasco su questo tema è stato uno dei positivi punti di consenso raggiunti durante i negoziati tra il governo siriano e le SDF nel gennaio di quest'anno. Hanno inoltre tenuto un dialogo generale sul futuro dell'amministrazione autonoma della Siria settentrionale e orientale (AANES).

Nonostante l'esistenza di disaccordi tra le due parti, questi negoziati si sono conclusi positivamente. Fonti curde vicine alle SDF avrebbero affermato all'epoca che raggiungere una soluzione con Damasco era l'opzione più praticabile del gruppo.

Nonostante ciò, Abdi ha ricordato durante l'intervista al media saudita che Damasco non era ancora pronta "per una soluzione che fosse in linea con... con gli interessi del popolo della Siria settentrionale e orientale".

Abdi ha anche espresso preoccupazione per i negoziati turco-siriani. Questi negoziati non devono avvenire “a spese del popolo siriano, né a spese della soluzione politica”.

Il leader curdo ha dichiarato che le SDF sono pronte a dialogare con la Turchia, ma solo a condizione che Ankara accetti di porre fine all'occupazione della Siria.

"Se è pronto a dialogare con noi per porre fine alla sua occupazione e al suo cambiamento demografico e per fermare i suoi attacchi contro la nostra gente, allora siamo pronti per il dialogo con Ankara".

Solo due giorni fa, il ministro degli Esteri turco Mevlut Cavusoglu aveva ribadito che Ankara non interromperà la sua attività militare in Siria.

Restano alcuni interrogativi. I curdi si distaccheranno finalmnete dal gioco degli Stati uniti d'America? Saranno disposti a prendere una decisione autonoma nelle trattative con Damasco e Ankara? Avranno finalmente capito che quando non serviranno più a Washington saranno scaricati? 

La Redazione de l'AntiDiplomatico

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