Il vocabolario è saturo

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Il vocabolario è saturo


di Paolo Desogus

È da ieri che cerco di pensare a qualche cosa da dire di intelligente o che abbia la parvenza di "necessario" sui fatti di Gaza. La verità è che come molti di voi mi sento totalmente disarmato. Le immagini che arrivano sono tremende e ancora più tremendo è dover leggere la dichiarazione del ministro israeliano Katz che con grande compiacimento afferma che "Gaza brucia: non cederemo". Trovo quelle parole di una disumanità sconcertante. Sono il segno della barbarie. Indicano il piano inclinato in cui ci sta trascinando Israele con il suo fanatismo giunto oramai allo stadio di massima brutalità.

Ma ecco, oltre a ripetere le stesse cose su quanto sono criminali gli israeliani e quanto siamo complici noi non riesco a fare. Ci troviamo infatti di fronte a un paradosso. Il nostro vocabolario è saturo di parole gravi e di fronte ai tanti morti cerca di esprimere un minimo di solennità, di rispetto per i morti palestinesi. Allo stesso tempo però quelle stesse parole gravi e solenni sono effimere. Il loro significato è del tutto aleatorio. Non afferrano la realtà. Danno un'immagine del mondo senza essere però capaci di andare oltre la mera petizione di principio.

Il genocidio non solo crea morte e distruzione, ma smaschera il vuoto politico in Italia e in Europa. La nostra parola non ha infatti più la forza di coagularsi e dare forma alla volontà politica popolare. Si traduce in un discorso fatuo. Talvolta assume persino l'aspetto di un'estetica dietro la quale ci illudiamo di autoassolverci, mentre in realtà ne siamo perfettamente complici.

Il genocidio porta con sé anche il declino democratico. Mette in evidenza la regressione della politica in moralismo e della volontà collettiva in petizione individuale. Questo è l'esito di una regressione culturale che per molti versi è stata sostenuta anche da sinistra, dalle tante teorie che hanno liquidato la politica organizzata in partiti e che hanno squalificato le istituzioni democratiche in nome di un anarchismo che pareva fico e progressivo, ma che in realtà ha svolto la funzione di piattaforma su cui il neoliberismo ha impiantato la sua antropologia dell'uomo disintermediato, funzione "autopoietica" della propria volontà di potenza.

Ecco dove ci hanno portato 'ste cazzate" che circolano all'università, nei salotti cosmopoliti per bene e nelle librerie frequentate da chi vuole stare al passo coi tempi. Ci hanno portato a non contare un nulla, a non saper riconoscere i grandi rapporti di forza geopolitici e a non avere la minima idea della relazione tra i processi materiali e le pratiche di dominio che il capitalismo oggi diversifica a seconda delle necessità: il genocidio a Gaza, la colonizzazione militare ed economica in Europa, i dazi al 100% in oriente e tante altre belle cose che fanno dell'"autopoiesi" celebrata dai "postumanisti" una chiacchiera inutile, che non cancella le nostre complicità con il genocidio a Gaza.

*Post Facebook del 16 settembre 2025

Paolo Desogus

Paolo Desogus

Professore associato di letteratura italiana contemporanea alla Sorbonne Université, autore di Laboratorio Pasolini. Teoria del segno e del cinema per Quodlibet.

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