Khomeini, l'eredità che sfida ancora l'Occidente: l'Iran nel mondo che cambia

Energia nucleare, Gaza e alleanze con i BRICS: la visione di Teheran nel caos globale

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Khomeini, l'eredità che sfida ancora l'Occidente: l'Iran nel mondo che cambia


di Fabrizio Verde

Nel 36° anniversario della scomparsa dell'Ayatollah Ruhollah Khomeini, il Leader Supremo dell'Iran, Ayatollah Ali Khamenei, ha dipinto la figura del fondatore della Repubblica Islamica come una presenza ancora "tangibile", "l'architetto di una Rivoluzione il cui impatto continua a scuotere il mondo". Le celebrazioni, oltre alla commemorazione, hanno ribadito la radicale attualità di un progetto politico concepito come sfida esistenziale all'egemonia occidentale e che oggi trova nuova risonanza in un ordine globale in frantumi.

La Rivoluzione Islamica del 1979, ha sottolineato Khamenei attingendo al nucleo del pensiero di Khomeini, fu molto più di un cambio di regime. Rappresentò una rottura profonda con il paradigma politico moderno dominante, imposto dall'Occidente. Al cuore di questa rivoluzione pulsava un'idea radicale: l'Islam non poteva essere confinato alla sfera privata del rituale o della spiritualità, ma doveva offrire un modello alternativo e autentico di organizzazione politica, culturale e sociale, radicato nella propria tradizione e impermeabile ai diktat esterni. Questo "islamismo" khomeinista si caratterizzava per il rifiuto categorico dell'egemonia normativa occidentale, la volontà di superare lo Stato-nazione come unico quadro politico legittimo, e l'affermazione della necessità di un potere islamico capace di rappresentare e difendere la Umma, la comunità globale dei credenti, sulla scena internazionale. La Repubblica Islamica nacque così come attore autonomo, plasmato da una "grammatica politica" intrinsecamente islamica.

Khomeini comprese acutamente che le società musulmane erano ancora prigioniere dello sguardo orientalista, che assumeva l'universalità delle categorie politiche e filosofiche occidentali. La sua rivoluzione fu un evento di prima grandezza: contestò questa presunzione alla radice, rifiutando la riduzione dell'Islam a mera "religione" – categoria figlia dell'Illuminismo europeo ed esportata come universale, ma che di fatto ne imponeva la marginalizzazione nel privato, legittimando il progetto secolare. Per Khomeini, accettare questa definizione equivaleva a disarmare politicamente l'Islam. "Se noi, i musulmani, non facessimo altro che pregare... gli imperialisti ci lascerebbero in pace", affermò, sottolineando come un Islam depoliticizzato fosse innocuo per i potenti. La vera forza dell'Islam risiedeva proprio nella sua capacità di strutturare il reale, di offrire una via politica autonoma. Scrivendo e agendo "come se l'Occidente non esistesse", Khomeini materializzò un'identità politica musulmana decolonizzata, rifiutando di parlare il linguaggio imposto dal centro egemonico.

I pilastri di questa visione – la Wilayat al-Faqih (Governo del Giurisperito), che ruppe il quietismo sciita tradizionale affermando la necessità di un'autorità politica religiosa attiva; il pragmatismo rivoluzionario, per cui la sopravvivenza della Repubblica Islamica poteva giustificare persino la modifica di manifestazioni concrete dell'Islam; e la ricerca di unità islamica oltre le divisioni settarie (visione "post-mazhab") – continuano a plasmare l'Iran odierno. Khamenei ha ribadito con forza la loro attualità nelle sfide contemporanee. Il principio "Noi Possiamo" è presentato come cuore pulsante dell'indipendenza nazionale: "Non significa isolamento", ha precisato il Leader, "ma rifiuto di attendere il via libera dagli USA". L'orgoglioso accesso al ciclo completo del combustibile nucleare è l'emblema di questo principio. "Gli USA vogliono che l'Iran non abbia l'industria nucleare e abbia bisogno di loro. La nostra risposta è chiara: non possono fare nulla. Perché si intromettono? Non sono affari loro!", ha tuonato Khamenei, denunciando i piani USA come diretti a bloccare la volontà di autodeterminazione iraniana.

Sul fronte internazionale, Khamenei ha legato esplicitamente l'eredità di Khomeini alla feroce condanna dei "crimini scioccanti" di Israele a Gaza, definendo gli USA "complici" che "devono essere espulsi dalla regione". Ha ammonito che "il regime sionista sta collassando per decreto divino" e ha lanciato un appello accorato ai governi musulmani: "Oggi non è il momento di compromessi, calcoli politici o silenzio". Ogni sostegno, anche indiretto, a Israele sarà marchiato da "vergogna eterna". Questo posizionamento anti-egemonico e di difesa della causa palestinese è parte integrante dell'identità rivoluzionaria forgiata da Khomeini.

L'eredità nel nuovo mondo multipolare risplende proprio in questa fase storica. Mentre l'egemonia unipolare USA mostra crepe profonde e nuovi attori emergono, la Rivoluzione Islamica appare non più come un'anomalia isolata, ma come un precursore della rivolta contro l'universalismo imposto occidentale. La decolonizzazione perseguita da Khomeini – l'affermazione di un modo differente di concepire la politica, la società e le questioni internazionali, radicato in una tradizione non occidentale – risuona potentemente in un'epoca che vede il sorgere di un nuovo pluralismo e il rifiuto di modelli unici. La difesa irriducibile della sovranità, simboleggiata dal programma nucleare e dal rifiuto di sottomettersi a Washington, si allinea con le aspirazioni di molti Stati del Sud del Mondo in un sistema che si frammenta. Khomeini, ha concluso Khamenei, ha infranto l'identificazione tra "universale" e "Occidente". In un mondo che costruisce a velocità sorprendenti nuovi assetti multipolari, la sua scommessa su un ordine politico alternativo, costruito sulla base di un'identità condivisa di fede religiosa, continua a rappresentare una sfida intellettuale e geopolitica dirompente. La sua presenza, ha affermato il Leader, è ancora "tangibile", non solo nella memoria iraniana, ma nelle crepe dell'ordine globale che contribuì a incrinare con la sua potente azione e la forza del suo pensiero rivoluzionario.



Fabrizio Verde

Fabrizio Verde

Direttore de l'AntiDiplomatico. Napoletano classe '80

Giornalista di stretta osservanza maradoniana

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