La Cina, la guerra tecnologica con gli USA e la resa del WSJ

Secondo l'autorevole quotidiano economico americano la Cina starebbe vincendo la guerra tecnologica con gli USA. A fare la differenza la programmazione di lungo periodo del PCC

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La Cina, la guerra tecnologica con gli USA e la resa del WSJ

 


di Giuseppe Masala per l'AntiDiplomatico

 

Non è certamente passato inosservato né nelle cancellerie di tutto il mondo, né tra gli osservatori più attenti l'articolo del Wall Street Jornal del 30 Maggio dal titolo “The U.S. Plan to Hobble China Tech Isn’t Working”, nel quale si sostiene apertamente che la Cina stia vincendo la disfida tecnologica con gli USA e che la strategia di contenimento implementata da Washington si stia dimostrando del tutto inadeguata per raggiungere l'obbiettivo prefissato.

L'estensore del pregevole articolo, Christopher Mims, elenca in maniera puntuale tutte le tappe principali di questa mortale partita a scacchi che Washington ha deciso di intraprendere contro Pechino. Una partita molto sottovalutata, anche perchè si è svolta – senza esclusione di colpi – mentre tutti o quasi erano distratti dal conflitto bellico in corso in Ucraina.

Secondo Mims la strategia di contenimento tecnologico è iniziata durante la prima presidenza Trump, quando nel 2018, l’allora segretario al commercio Wilbur Ross ha tagliato la società di telecomunicazioni cinese ZTE dalla tecnologia statunitense, ad esempio in relazione ai microchip, per le preoccupazioni per la sicurezza nazionale.

Probabilmente entusiasta per i discreti risultati ottenuti con le restrizioni contro la ZTE, Washigton ha fatto seguire una ulteriore serie di restrizioni sui microchip e sul software, rivolte in particolare al gigante cinese degli smartphone e delle telecomunicazioni Huawei. C'è da notare peraltro che a quel tempo anche le aziende tecnologiche cinesi non erano disposte ad acquistare chip fatti a livello nazionale perché erano inferiori ai chip di progettazione americana prodotti negli Stati Uniti, in Corea del Sud e a Taiwan. Private di questa opzione le aziende tecnologiche cinesi, però, hanno dovuto fare di necessità virtù decidendo di passare all'acquisto di microchip prodotti da player cinesi.

Nota nel suo articolo il WSJ che questa mossa di Washington si è rivelata il punto di svolta per la Cina: la decisione di porre in essere un embargo sui microchip di ultima generazione ha dato il via a enormi investimenti da parte delle società tecnologiche cinesi e del suo governo alimentando una spirale per la quale più i chip cinesi hanno ottenuto risultati, più gli Stati Uniti hanno tentato di rallentare l’avanzata della Cina, aumentando ulteriormente l'embargo sulle esportazioni. Queste ultime oltre al prodotto finito si sono allargate anche ai macchinari e ai materiali per la produzione di chip in Cina.  Una strategia, che alla lunga, sempre per il WSJ, si è rivelata perdente per gli USA non solo a causa degli enormi investimenti mobilitati da Pechino ma per due fattori che si stanno rivelando fondamentali: il primo è la gigantesca popolazione cinese che è eccezionalmente ben addestrata, il secondo fattore è dato dai lavoratori di fabbrica qualificati fino ad arrivare agli ingegneri istruiti nelle università del paese. Ormai gli analisti - come per esempio Huang di Nvidia – sottolineano come la metà degli ingegneri dell’IA del mondo sono residenti e operanti Cina. Un tale enorme vantaggio quello della densità di competenze nella popolazione che si sta rivelando cruciale per Pechino, a tal punto che la stessa Nvidia è stata costretta ad aprire un altro boureau di ingegneria a Shangai per non essere tagliata fuori dal vero flusso di conoscenze relative alle IA che ormai non è più nella Silicon Valley ma in Cina. 

Secondo gli analisti americani interpellati sempre dal WSJ l'altro punto di forza fondamentale che la Cina può vantare è l'enorme mercato interno, che permette di incubare le aziende all'interno dei suoi confini prima di diventare globali. Un fattore questo che, anno dopo anno, sta riducendo il gap che la Cina ha rispetto agli Stati Uniti e al resto del mondo sia per molte materie prime e beni tecnologicamente avanzati. Nota l'articolista che questi straordinari risultati sono possibili anche grazie alla programmazione economica garantita dal Partito Comunista Cinese che si pone degli obbiettivi e poi muove le leve politiche, economiche e finanziarie in maniera coerente. Se solo dieci anni fa ci avessero raccontato di un simile giudizio espresso sul Partito Comunista Cinese espresso dalle colonne del Wall Street Journal avremmo sostenuto che sarebbe stato possibile solo nella fertile mente di uno scrittore di fantapolitica, eppure è tutto vero!

Venendo ai giorni nostri, questa lunga analisi storico-economica del Wall Street Journal sottolinea come ormai i veicoli elettrici cinesi sono più economici e con molte misure migliori di quelli americani. Così come Pechino domina il mercato sia dei droni di consumo che quello dei veicoli a guida autonoma che già  operano per le strade di Wuhan e Pechino a un ritmo che Waymo e Tesla devono ancora eguagliare. Inoltre, sempre per il giornale economico newyorkese la Cina fa la parte del leone a livello mondiale nella produzione dei pannelli solari e delle batterie. Dunque, in definitiva, gli Stati Uniti e i loro alleati mantengono solo un leggero vantaggio nei microchip avanzati e nell’IA, ma il divario anche qui sembra destinato a chiudersi più velocemente che mai.

A questa esaustiva analisi del Wall Street Journal si può aggiungere – secondo l’opinione di chi scrive – che addirittura la strategia di contenimento tecnologico americana si è rivelata controproducente e anzi, più questa è stata imposta in maniera aggressiva più ha spinto Pechino verso risultati incredibili. Anche con l'avvento della seconda amministrazione Trump questa evidenza non sembra essere cambiata: basti pensare alla politica muscolare dei dazi che nelle intenzioni di Trump avrebbe dovuto “spezzare le reni” alla Cina. La Cina non solo non sembra aver sofferto, ma ha ribaltato le sorti dello scontro imponendo a sua volta il blocco dell'esportazione delle terre rare, necessarie sia per le industrie degli armamenti ma anche per quelle dell'automotive. Inoltre i cinesi stanno anche rallentando le forniture di molte componenti nei quali sono leader a livello mondiale, sostanzialmente imprimendo una decelerazione, se non addirittura fermando, molte produzioni  in USA, in Europa, in Giappone e in India

Una situazione di emergenza che ha spinto Trump a cambiare repentinamente strategia, chiamando Xi e provando a instaurare una trattativa amichevole. Insomma, la solita mossa di Trump tentata negli scorsi mesi anche con Putin inidonea peraltro a ottenere risultati. Non crediamo che con i cinesi andrà meglio.

Il declino spettacolare dell'Impero d'Occidente è ormai nei fatti. Come è nei fatti l'ascesa dell'Impero di Mezzo.

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