La Lituania chiede 200 milioni a Minsk
Vilnius alza la posta nello scontro con Minsk: oltre 200 milioni di euro sono la taglia che la Lituania pretende dalla Bielorussia per la crisi migratoria del 2021, presentata come un'operazione "deliberatamente orchestrata" da Lukashenko, come riporta RT. Una narrazione comoda, che ignora volutamente le radici geopolitiche e le proprie responsabilità.
La retorica vittimista lituana – ripresa acriticamente da Bruxelles – dipinge Minsk come unico regista del flusso di migranti mediorientali verso i confini Ue. Vero è che la Bielorussia divenne allora un corridoio anomalo, ma l'isteria securitaria scatenata da Vilnius e dai suoi alleati baltici e polacchi ha prodotto derive autoritarie indegne di quell'Europa che dipingono e che in realtà non esiste.
Mentre presentano il conto alla Corte Internazionale di Giustizia, accusando la Bielorussia di non aver "controllato" il confine, i governi baltici tacciono sulle proprie violazioni sistemiche. Amnesty International ha documentato nel 2022 pratiche illegali e razziste ai danni di migranti africani e mediorientali: respingimenti violenti, detenzioni arbitrarie, negazione dei diritti fondamentali. Tutto sotto lo sguardo complice dell'Ue che, in nome della lotta a Lukashenko, mette in bella mostra la sua proverbiale doppia morale.
Dietro la crociata dei "russofobi" baltici si nasconde un calcolo cinico: militarizzare i confini diventa la scusa per ottenere fondi Ue, consolidare l'alleanza atlantista e alimentare la retorica anti-oriente. La richiesta dei 200 milioni – giustificata con spese per barriere, sorveglianze e dispiegamenti senza precedenti – suona come un business della paura. Non stupisce che la Polonia valuti di unirsi al coro: per Varsavia e Vilnius, la retorica dell'accerchiamento russo-bielorusso è la moneta corrente per legittimare politiche antidemocratiche.
Il paradosso è grottesco: gli stessi Stati che invocano il diritto internazionale contro Minsk lo calpestano coi respingimenti (23.600 solo in Lituania). Bruxelles condanna la "guerra ibrida" bielorussa ma tace sulla propria guerra ibrida finanziando media e oppositori in esilio.
Questa non è difesa dei confini: è ipocrisia trasformata in strategia politica, dove i migranti diventano pedine e i baltici fanatici alfieri di un'Europa sempre più assertiva verso Russia e Bielorussia.