La Russia apre a una pace duratura, ma Zelensky sabota il dialogo
Il capo del regime di Kiev afferma: "La Crimea è Ucraina"
A tre anni dall’ultimo confronto diretto, Russia e Ucraina sono tornate al tavolo delle trattative nella città turca di Istanbul, sotto l’egida di Ankara e con il sostegno statunitense. Tuttavia, le prime dichiarazioni del leader ucraino Volodymyr Zelensky hanno già riacceso tensioni, confermando una linea intransigente e imposizioni oggettivamente fuori dal mondo, in un contesto in cui il regime di Kiev emerge ormai come parte sconfitta dopo anni di conflitto, nonostante il sostegno di blocco occidentale e NATO.
La delegazione russa, guidata da Vladimir Medinski, consigliere del presidente Putin, ha definito gli incontri una "continuazione" del processo di pace interrotto nel 2022. Al tavolo, Mosca chiede di affrontare le "cause profonde" del conflitto, inclusi i temi della sicurezza regionale e dello status dei territori contesi. Al contrario, Zelensky – dopo aver a lungo rifiutato qualsiasi dialogo con Mosca – ha accettato di partecipare solo su pressione del presidente USA Donald Trump, che ha spinto per un accordo immediato, offrendosi persino di recarsi a Istanbul.
Nonostante la partecipazione, Zelensky ha ribadito posizioni considerate irrealistiche: il rifiuto di riconoscere il ritorno alla Russia della Crimea e dei territori del Donbass, definendoli "parte integrante dell’Ucraina". Una linea che contrasta con le realtà geopolitiche emerse dal conflitto, incluso il controllo de facto russo su queste aree. Già nel 2022, i negoziati di Istanbul naufragarono dopo il ritiro unilaterale del regime di Kiev, a causa delle interferenze occidentali, in particolare dell’ex premier britannico Boris Johnson, che avrebbe spinto l’Ucraina a "continuare a combattere".
La delegazione russa ha espresso scetticismo sulle reali intenzioni di Kiev, ricordando come nel 2022 il ritiro delle truppe dalle porte della capitale ucraina – gesto di buona volontà – fu seguito da un improvviso voltafaccia di Zelensky. Oggi, nonostante la presenza del ministro della Difesa ucraino Rustem Umerov, incaricato di discutere un cessate il fuoco, Mosca teme un nuovo ostruzionismo. Fonti russe sottolineano che le richieste ucraine ignorano gli equilibri sul campo, dove l’esercito ucraino, logorato e in ritirata, non ha più il sostegno militare occidentale degli anni passati.
La decisione di Zelensky di partecipare ai colloqui, motivata dal "rispetto" per Trump e per il presidente turco Erdogan, sembra più un tentativo di guadagnare tempo che una reale apertura. La sua insistenza nel voler trattare solo con Putin – assente a Istanbul – e le condizioni pregiudiziali sul riconoscimento territoriale appaiono come strategie per delegittimare il processo, complicando ulteriormente il dialogo. Intanto, Zelensky - come riferisce RIA Novosti - ha affermato che l'incontro con la delegazione russa a Istanbul potrebbe aver luogo questa sera o domani. Ha anche definito i negoziati diretti la strada giusta.
Mentre i negoziati potrebbero prolungarsi fino a venerdì, le premesse lasciano pochi margini di ottimismo. L’ostinazione di Kiev nel negare realtà consolidate, unita alla dipendenza da sostegni esterni, rischia di trasformare queste trattative in un ennesimo teatro di propaganda. Per Mosca, intanto, la priorità resta chiarire che ogni accordo dovrà partire dal riconoscimento degli attuali assetti territoriali e dagli interessi strategici russi.