La silenziosa disfatta dell'industria militare francese

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La silenziosa disfatta dell'industria militare francese

 

di Giuseppe Masala per l'AntiDiplomatico

 

E' risaputo come il comparto industriale degli armamenti sia uno dei più importanti (se non il più importante) per un paese che voglia considerarsi di rango elevato nel consesso internazionale. Questa constatazione è certamente vera non solo in relazione al fatto che il mercato degli armamenti è ricchissimo e consente entrate elevate ai paesi che riescono a primeggiarvi, ma anche in relazione alla possente ricerca tecnologica che vi è legata che hanno peraltro importantissime ricadute anche nel settore civile. Inoltre questo settore ha anche rilevanza in ambito geopolitico, infatti per un paese essere fornitore di sistemi d'arma verso un altro paese significa sostanzialmente avere con questo un rapporto di alleanza de facto.

 

In questa fase storica, che molto probabilmente è uno snodo fondamentale che deciderà gli equilibri internazionale per i prossimi decenni, l'industria delle armi assume un carattere – ove possibile – ancora più strategico, in particolar modo questo soprattutto in Occidente. Da un lato assistiamo agli USA che tentano di vendere armi prodotte dal loro ipertrofico settore della “sicurezza” in molti paesi del mondo; questo ovviamente non solo con finalità di mantenere a galla l'export del paese ma anche con la finalità di rinsaldare alleanze fondamentali in aree del mondo dove la loro egemonia è messa in discussione. Questo vale soprattutto nel cosiddetto “Indo-Pacifico” dove sono innumerevoli le forniture di armi americane verso la cintura di paesi (Giappone, Corea, Taiwan e Filippine) che dovrebbe tener testa all'espansionismo cinese.

Ma anche in Europa il settore degli armamenti sta assumendo un ruolo chiave, non solo dal punto di vista commerciale e tecnologico ma anche politico e strategico. Ovviamente ci stiamo riferendo al piano europeo di riarmo da 800 miliardi che ha una enorme portata sia dal punto di vista strategico che politico. Dal punto di vista strategico come si può capire, nelle intenzioni europee, il riarmo è la premessa dell'affrancamento del Vecchio Continente dalla condizione di vassallaggio nei confronti degli Stati Uniti. Del resto anche la nostra Premier Meloni ha dichiarato in Parlamento che sostanzialmente l'ambizione di Bruxelles è quella di affrancarsi dallo stato di colonia in cui si trova l'Europa.

Ma vi è forse un altro grande obbiettivo legato al piano riarmo europeo; come già abbiamo scritto sulle colonne de l'AntiDiplomatico, il cosiddetto Piano Draghi presentato all'Ecofin di Gand del 24 Febbraio 2024 ha come vero obbiettivo, dei colossali investimenti proposti, quello di sanare i profondi squilibri macroeconomici esistenti tra i due paesi fondamentali dalla UE: la Germania e la Francia. Parigi, come ben sappiamo, è la Grande Debitrice d'Europa con la sua posizione finanziaria netta negativa per circa 800 miliardi di euro mentre la Germania è la Grande Creditrice avendo accumulato una posizione finanziaria netta positiva per circa 3500 miliardi di euro. Una situazione di squilibrio che mina dalle fondamenta l'Europa e che potrebbe essere sanata grazie agli investimenti, soprattutto nel settore militare. Non a caso la Germania sta lanciando, ad integrazione, un piano di riarmo di enorme portata che potrebbe consentire alla Francia di respirare dal punto di vista delle esportazioni. Ciò può essere affermato in considerazione del fatto che la Francia ha una  industria degli armamenti che, nelle rilevazioni del SIPRI di Stoccolma, la pone al secondo posto per export a livello mondiale dopo gli USA. Fatto che le darebbe a Parigi il titolo di fare incetta di appalti e forniture di armamenti a livello di paesi europei.

Vi è però in questa strategia un convitato di pietra che sempre di più allunga la sua fosca ombra: ci riferiamo alla competitività degli armamenti francesi. Infatti in questi anni di conflitti che stanno devastando molte aree del mondo i prodotti dell'industria bellica francese non stanno dando buoni risultati per usare un eufemismo.

Le prime avvisaglie di questa débâcle le abbiamo avute sul campo di battaglia ucraino dove prima il Caesar (il sistema di di artiglieria semovente fiore  all'occhiello dell'Armée) non ha dato buoni risultati ed anzi, è stato surclassato dai pari strumenti d'artiglieria semovente russi e nordcoreani e anche da molti sistemi di altri paesi Nato.

Ancora più amaro è stato il risultato dato dal sistema antiaereo SAMP-T (una produzione franco-italiana dal costo di circa 800 milioni di euro a singolo sistema) che secondo gli osservatori è stato surclassato dal Patriot americano. Risultati che il Wall Street Journal non ha mancato di sottolineare definendo il SAMP-T  un flop incapace di intercettare i missili balistici russi anche per gravi problemi al suo softwere. Come si può comprendere il danno d'immagine (che coinvolge anche il nostro paese) è enorme anche in considerazione dell'importanza militare, e del costo, del sistema d'arma in questione.

Ma è proprio in queste ore che l'industria militare francese sta vivendo le ore più drammatiche in relazione al conflitto tra Pakistan e India. Infatti l'aeronautica indiana sembrerebbe aver subito una cocente sconfitta surclassata dai caccia J-10 di produzione cinese e in forza all'aeronautica pakistana. Secondo alcune fonti l'India si sarebbe vista abbattere dai 3 ai 5 cacciabombardieri, dei quali almneo 2 Rafale e un Mirage 2000 prodotti dalla Dassault, colosso francese per la produzione di aerei militari.

Un risultato catastrofico che pone in discussione l'intera industria aeronautica francese come leader del settore a livello mondiale. Si pensi inoltre che solo il  il 28 aprile India e Francia hanno firmato un contratto da 7,4 miliardi di dollari  per l'acquisto di 26 caccia Rafale Marine (Rafale M) destinati alla Marina indiana.  Peraltro si è trattato di un contratto onerosissimo che prevede un costo per aereo pari a circa 288 milioni di dollari, che  ha naturalmente suscitato in India polemiche legate alla considerazione sull'opportunità di investire in un caccia di quarta generazione vista la presenza sul mercato di alternative di quinta come l'F-35C statunitense, disponibili a prezzi simili se non addirittura inferiori.

Dopo l'incredibile e devastante sconfitta subita dal Rafale nei confronti del J-10 cinese in forza all'aeronautica pakistana non possiamo, inoltre, non ipotizzare che in India le polemiche legate all'acquisto diventeranno ancora più roventi e non possiamo escludere che Delhi decida di denunciare l'onerosissimo contratto per i nuovi acquisti.

Più in generale comunque il danno d'immagine per i prodotti dell'industria militare transalpina è enorme dopo le prestazioni ottenute sui campi di battaglia dell'Indo e su quelli delle pianure sarmatiche ucraine ed è ipotizzabile anche una caduta delle quote di mercato mondiale per i suoi prodotti.

Ci sarebbe anche un discorso più generale da fare; trenta anni di politica della lesina imposta dalla Germania a tutta la EU, fatta di una folle compressione dei costi per aumentare la competitività europea  sul lato dei prezzi, ha portato l'Europa ad essere irrilevante nella gara per la qualità dei prodotti. Siamo platealmente tagliati fuori per esempio nel settore della digitalizzazione dove dominano gli americani, nel settore dell'IA dove si contendono il primato cinesi e americani e ora, scopriamo, di essere sostanzialmente a zero anche nell'industria degli armamenti.

La decadenza europea continua.

Giuseppe Masala

Giuseppe Masala

Giuseppe  Masala, nasce in Sardegna nel 25 Avanti Google, si laurea in economia e  si specializza in "finanza etica". Coltiva due passioni, il linguaggio  Python e la  Letteratura.  Ha pubblicato il romanzo (che nelle sue ambizioni dovrebbe  essere il primo di una trilogia), "Una semplice formalità" vincitore  della terza edizione del premio letterario "Città di Dolianova" e  pubblicato anche in Francia con il titolo "Une simple formalité" e un  racconto "Therachia, breve storia di una parola infame" pubblicato in  una raccolta da Historica Edizioni. Si dichiara cybermarxista ma come  Leonardo Sciascia crede che "Non c’è fuga, da Dio; non è possibile.  L’esodo da Dio è una marcia verso Dio”.

 

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