Le basi economiche dell'aggressività degli Stati Uniti

Le basi economiche dell'aggressività degli Stati Uniti

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di Alberto Lombardo - La Riscossa

 

Nel suo famoso testo L’imperialismo, fase suprema del capitalismo Lenin accusa Kautsky di concentrarsi solo sugli aspetti politici della concentrazione capitalistica e di trascurare gli aspetti della base economica. Questa distorsione nella visione kautskiana porta ad aberrazioni che vengono ampiamente descritte nel testo leniniano.

È vero che lo stesso Lenin mette in guardia dal fare l’errore simmetrico, ossia di guardare solo le considerazioni economiche e non vedere le relazioni dialettiche che si istaurano tra la base economica e la sovrastruttura politico-militare. È vero che l’ultimo Engels raccomanda di non poter derivare meccanicamente dal momento economico tutte le relazioni sociali. Ma è anche vero che gli aspetti economici vanno studiati con la massima attenzione ed essi, dialetticamente combinati con quelli derivanti dalla complessa sovrastruttura della società, vanno composti in un quadro concreto e per quanto possibile esauriente.

Oggi il tema di fondo che segna il dibattito internazionale riguarda i pericoli di guerra che si fanno sempre più acuti in tutto il mondo. In particolare il dibattito si centra sul fatto che questi venti di guerra provengano esclusivamente dagli Stati Uniti e che invece le altre Nazioni più o meno grandi non abbiano un interesse ad andare verso la guerra, oppure se la natura economica stessa delle società che subiscono i cicli delle crisi capitalistiche le spingano tutte verso una soluzione bellica.

Naturalmente il tema è quanto mai complesso e richiede l’analisi di ogni singola nazione e dei legami politici e delle dipendenze economiche che essa ha col resto del mondo.

In questo articolo desideriamo contribuire mostrando e commentando un grafico che riguarda la bilancia dei pagamenti di alcune nazioni o aggregati di nazioni dal 1980 a oggi convertiti in dollari US. In particolare ci siamo serviti dell’aggregato BOP6 del OECD, in milioni di dollari USA, e dei dati disponibili nel data base di quella organizzazione.

Come si vede, dal 1980 a oggi gli USA hanno accumulato un debito costante col resto del mondo. Questo debito invece invece corrisponde a un attivo della RPC che nell’ultimo decennio si è ridotto. Invece l’area Euro, a parte il momento di crisi intorno al 2008, oggi presenta un forte attivo. C’è da notare che tale attivo è completamente assorbito dall’economia tedesca. La seconda economia più in debito col resto del mondo oggi è il Regno Unito.

 

 

Tale dati divengono ancora più eloquenti quando si guarda al cumulato in questi quarant’anni.

Gli USA hanno accumulato la cifra monstre di oltre 12 milioni di milioni di dollari. Segue staccato il Regno Unito a 2 milioni di milioni, con un’economia che è meno di 1/7 di quella. I campioni di attivo sono Cina, Giappone e Germania. In sostanza le economie manifatturiere per eccellenza. Staccata, ma comunque il forte attivo, è la Russia.

 

Ci si chiede, come sia possibile per tali nazioni reggere un debito così elevato e per così tanto tempo.

Il dollaro è la moneta di scambio quasi unica universalmente riconosciuta per tanti anni. Tra i piccoli attori che avrebbero voluto intaccarne il monopolio in questo ruolo ricordiamo, Saddam Hussein e Gheddafi.

Questa caratteristica consente virtualmente agli Stati Uniti di emettere illimitatamente moneta, certi che essa verrà in qualche modo assorbita dal resto del mondo. Più gli Stati Uniti emettono moneta – e quindi con essa possono comprare quello che vogliono – più gli altri paesi che l’acquistano, trasferendo beni e servizi al centro dell’impero, acquisiscono forza economica. Questa forza economica è basata solo sul fatto che col dollaro si può comprare tutto.

La nascita dell’euro non ha sostanzialmente intaccato il potere monopolistico del dollaro. Primo, perché l’emissione di questa moneta non è nel potere delle banche centrali nazionali, ma della Banca Centrale Europea, che non risponde a nessuna istituzione nazionale. Secondo, perché nella realtà l’euro è sempre rimasto un nano rispetto all’universale uso del dollaro.

Ridurre questo potere significa distruggere le fondamenta del capitalismo USA. Questo è ben noto a tutti. Il fatto che un sempre maggiore numero di scambi tra nazioni che si staccano dal sistema del dollaro (Russia-Cina, Iran-Cina, Africa-Cina, Sud America-Cina) mina alla base la capacità degli USA di perpetuare questo sistema.

Il fatto che gli USA si trovino al loro fianco in modo sempre più stretto la Gran Bretagna e sempre meno gli altri alleati europei è il riflesso politico-militare di questa situazione.

Come i creditori non hanno intenzione di fare la guerra al debitore, ma desiderano solo togliere di mano a questi la pistola con la quale egli continua a succhiare il sangue, così le principali nazioni non hanno l’interesse a aumentare il confronto militare che gli USA stanno portando avanti.

Osservare i dati delle spese militari di USA e GB, il loro potenziale offensivo costituito dalle 10 superportaerei statunitensi, capaci di portare ognuna fino a 80 aviogetti, e delle due britanniche, è indicativo di come queste due potenze intendano continuare a “bullizzare” il mondo intero.

 

 

 

Nota:

“La bilancia dei pagamenti è il rendiconto in cui vengono registrate tutte le operazioni effettuate dall’economia di uno stato verso l’estero, nell’arco di tempo considerato (mese, trimestre o anno), e contabilizzate in valuta nazionale.

In sintesi si intendono:

debiti (uscite di denaro dal paese in seguito ad un aumento di attività o una diminuzione di passività): ad esempio le uscite di moneta conseguenti ad acquisti di beni e servizi (importazioni), pagamenti di redditi, trasferimenti unilaterali, acquisizioni di attività non finanziarie non prodotte, aumenti di attività o diminuzioni di passività finanziarie sull’estero;

crediti (entrate di denaro nel paese in seguito ad una diminuzione di attività o un aumento di passività): ad esempio le entrate di moneta derivanti da vendite di beni e servizi (esportazioni), incassi di redditi, trasferimenti unilaterali, cessioni di attività non finanziarie non prodotte, diminuzioni di attività o aumenti di passività finanziarie sull’estero.” (da Wikipedia)

 

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