L’invecchiamento della popolazione e decadenza, l'Italia spera nel Riarmo per uscire dalla crisi
Che senso ha denunciare l’invecchiamento della popolazione e della forza lavoro se non siamo capaci di trovare soluzioni?
di Federico Giusti
Partiamo da un tema che in apparenza non è attinente a questo articolo ossia la nozione di sicurezza esterna definita nel rapporto annuale di Banca d’Italia sul quale, sempre da queste pagine, abbiamo scritto
Estrapoliamo un passaggio eloquente, abbiate la pazienza di leggerlo
Nel nuovo contesto internazionale, è emersa la necessità di rafforzare la capacità di difesa europea. Si tratta di un obiettivo che richiede una strategia condivisa tra gli Stati membri, una solida governance comune e investimenti ingenti. La proposta della Commissione si basa su fondi nazionali e prestiti, anziché su spese europee e trasferimenti finanziati con risorse comuni. Questo approccio rischia di accrescere le disuguaglianze tra paesi e di ridurre l’efficacia della spesa. Occorre invece un programma unitario, sostenuto da debito europeo. Un impegno di tale rilevanza deve poggiare su basi chiare. Le risorse comuni vanno destinate prioritariamente alla tecnologia e alla ricerca nel campo della difesa. A livello nazionale, gli investimenti per la crescita e la spesa sociale non devono essere penalizzati dallo sforzo per la sicurezza esterna. Soprattutto, la promozione della cooperazione internazionale e della pace deve restare il cardine dell’azione europea. Investire insieme nella sicurezza non significa avviare una corsa agli armamenti, ma affrontare con realismo minacce comuni che nessun paese può contrastare da solo. Solo così la sicurezza potrà diventare un pilastro
In estrema sintesi Banca Italia spiega che la nozione di Sicurezza esterna non nasce essenzialmente dal riarmo, il capitalismo finanziario ovviamente non critica la corsa agli armamenti perché fonte di spericolate operazioni in Borsa con rialzo dei titoli e favolosi dividendi tra gli azionisti.
Ma al contempo Banca Italia invoca un insieme di interventi che vanno dagli investimenti tecnologici alla ricerca, dalla crescita del paese con le spese sociali che non andrebbero tagliate e sacrificate nel nome della sicurezza esterna alla ricerca di politiche sinergiche tra i paesi Ue. Trasformare Banca Italia nel pilastro dell’antimilitarismo sarebbe ridicolo ma resta innegabile che una voce importante, riconosciuta da politica, economia e finanza come tra le più autorevoli, esprima posizioni e critiche verso la vulgata ufficiale del Governo e dei suoi alleati atlantici. Ma per chi avesse voglia e tempo di leggere la relazione annuale altre pagine sarebbero consigliabili, ad esempio, quelle dove si spiega che nei paesi Ue la manifattura incide sull’economia molto più che negli Usa e tra le nazioni la Germania è quella maggiormente esposta. E solo acquisendo queste informazioni sarà possibile capire perché sempre la Germania sta puntando sul riarmo, sulla riconversione industria e della ricerca civile a fini di guerra nonché sulla assenza di prospettiva del Governo italiano incapace di scegliere tra il servilismo sciocco verso gli Usa e una politica estera non appiattita sui voleri renani e francesi.
E infatti, a riprova che Banca d’Italia non va iscritta nell’albo pacifista, un’ulteriore considerazione degna di nota che poi suona come una critica, pur velata, all’operato del Governo e della Ue.
Il percorso di risanamento dei conti pubblici è però solo all’inizio. Il debito resta elevato e, nei prossimi anni, la spesa sarà sottoposta a pressioni legate all’invecchiamento della popolazione, alle transizioni verde e digitale, al rafforzamento della capacità di difesa
Si parla di invecchiamento della popolazione, argomento sempre più dibattuto perché, a scanso di equivoci, un paese in decadenza e in crisi è quello in cui le nascite sono pari ai morti o perfino inferiori, in cui le politiche rivolte ai giovani restano inadeguate e insufficienti
La popolazione e la forza lavoro della maggior parte dei paesi ad alto reddito invecchiano con grande rapidità, ad esempio negli Stati Uniti i lavoratori di età pari o superiore a 55 anni sono cresciuti di quasi il 90 per cento negli ultimi 40 anni, alcuni anni fa una potenza come il Giappone è divenuta il paese con la popolazione più anziana del mondo, in Italia l’età media dei lavoratori è aumentata del 19 per cento, passando da 35,8 anni nel 1985 a 42,7 anni nel 2019.
La classica risposta all’invecchiamento della popolazione è stata quella di aumentare l’età pensionabile in tutti i paesi a capitalismo avanzato accrescendo gli anni lavorativi per poi acquisire un assegno previdenziale sempre più basso.
In alcuni paesi si è accesa la solita stucchevole polemica sulle eccessive tutele per i lavoratori anziani a discapito dei giovani, del resto se le questioni di genere diventano preponderanti a quelle di classe anche quel legame solidaristico tra generazioni è destinato a soccombere.
Il vero problema dell’Italia è rappresentato da una forza lavoro anziana che tuttavia continua ad essere determinante per il tessuto produttivo per la scarsa, a dir poco, propensione, agli investimenti in materia di formazione e politiche attive del lavoro puntando tutto sulla contrazione della manodopera.
I cambiamenti demografici sono evidenti ma la soluzione migliore non è quella di accrescere la quota di lavori “age-friendly” appositamente pensati per la forza lavoro anziana e non realizzabili se non a costo di future decurtazioni dell’assegno previdenziale o la riduzione del salario e degli orari negli ultimi anni di lavoro.
L’allarme lanciato da Camere di Commercio e Cgia per la perdita, in vari territori, della forza lavoro attiva da qui ai prossimi anni, andrebbero presi sul serio ma non solo a fini statistici ma per rimettere in discussione le politiche fino ad oggi adottate. Per vivere su un territorio le strutture pubbliche dovrebbero garantire dei servizi che sono risultato di investimenti e di assunzioni, le politiche edilizie dovrebbero essere aperte e tali da garantire affitti e acquisti di casa a prezzi non esorbitanti. Al contrario gli enti locali favoriscono il tragico fenomeno delle case sfitte specie in quartieri che opportunamente riqualificati da politiche urbanistiche potrebbero innalzare il valore degli immobili. E allo stesso tempo bisognerebbe avere delle politiche attive del lavoro degne di questo nome, investimenti atti a riqualificare e formare la forza lavoro più giovane, queste sono le scelte dirimenti per restituire speranza alle giovani generazioni e parlare, con cognizioni di causa, dell’invecchiamento della forza lavoro per trovare quelle soluzioni e risposte che invece la politica dell’abbattimento dei costi non permette di costruire.