L'obiettivo vero di Draghi è salvare (nuovamente) l'euro

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L'obiettivo vero di Draghi è salvare (nuovamente) l'euro

Perché Mario Draghi ha accettato l'incarico di Presidente del Consiglio?

È una domanda che resta ad aleggiare nella crisi che sta azzerando totalmente la classe politica italiana.

Una foto ormai icona di queste prime consultazioni di Draghi con i partiti politici ce lo mostra con l'album delle figurine per distinguere e memorizzare i volti dei politici con cui sta trattando. E parliamo dei principali rappresentanti dei partiti.

Sicuramente la leva che ha spinto Draghi ad accettare un così ostico compito non è il prestigio personale.

Aldilà della santificazione apologetica dei media, non ha alcun bisogno, Draghi, di scendere nell'arena. 

Anzi.

Avrebbe potuto mantenere il suo "alto profilo" nell'ombra, senza doversi scoprire troppo, fino alla consacrazione da presidente della Repubblica.

E allora? Senso di Patria?

Quando sarebbe dovuto intervenire per frenare la speculazione nel 2011 contro l'allora governo Berlusconi, non lo fece.

Intervenne solo il 26 luglio del 2012 durante un forum di investitori a Londra, nel mezzo della profonda crisi economica che aveva colpito l’Europa. Disse che la BCE, da lui presieduta, avrebbe fatto «whatever it takes», «tutto il necessario» per salvare l’euro.

Quindi perché Draghi è sceso in campo?

Perché, per salvare l'euro, oggi è indispensabile "salvare l'Italia"?

Forse è così. Forse non c'era più tempo.

Quando gli italiani non cantavano più dai balconi e nulla era stato fatto per intervenire sullo sfascio annoso della sanità pubblica, le nuove povertà socioeconomiche erano percepibili in modo drammatico, il blocco dei licenziamenti non più prorogabile.

La favoletta dei soldi del Recovery Fund non poteva reggere a lungo.

C'erano tutte le condizioni per una crisi di portata enorme e ingestibile che avrebbe potuto colpire la tenuta della zona euro.

Allora serviva uno di "alto profilo", non legato al "ricatto" del consenso elettorale, che rimettesse a posto il tessuto produttivo, che avesse il "coraggio" di farlo anche contro i veti frugali della UE, anche mettendosi contro il nazionalismo francese o la miopia tedesca.

L'inizio del governo Draghi non sarà subito lacrime e sangue, ma bastone e carota.

Per introdurre le riforme che Leuropa vuole, cioè altri tagli e altre tassazioni, occorre che ci sia chi può pagare senza mettere tutto a ferro e fuoco.

Le rivolte socioeconomiche che stanno incendiando anche l'Europa hanno bisogno di un pompiere per spegnere il fuoco, dividendolo con un muro in tanti piccoli focolai non comunicanti.

Quindi Draghi già parla di rilanciare la spesa pubblica, ma di bloccare l'assistenzialismo (leggi ristori ai piccoli imprenditori, reddito di cittadinanza, cassa integrazione straordinaria).

Draghi non vuole salvare l'Italia, vuole salvare, come sempre, l'euro.

Draghi ci metterà in ventilazione forzata, per preparare il paziente a subire le riforme senza morire nel frattempo.

A rimetterci sarà proprio l'Italia, quella della "sovranità appartiene al popolo", quella fondata sul diritto al lavoro.

A perdere siamo sempre noi. La lotta di classe l'hanno vinta loro.

Agata Iacono

Agata Iacono

Sociologa e antropologa

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