L'odio nella società neoliberale spiegato alle sardine

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L'odio nella società neoliberale spiegato alle sardine



di Paolo Desogus*

Spezziamo una lancia in favore delle sardine: che in Italia ci sia una tensione emotiva molto forte è vero. Il discorso pubblico è indubbiamente inquinato da sentimenti di rabbia e di rancore oggetto di continua strumentalizzazione da parte di quasi tutte le formazioni politiche, ovvero Lega, Fratelli d'Italia, il M5S a cui si è recentemente aggiunta Italia viva con lo squadrismo mediatico dei renziani contro Corrado Formigli. È per questo assolutamente auspicabile che si torni a toni più pacati, a un maggiore rispetto tra le parti. Questo naturalmente dovrebbe valere per le stesse sardine a cui potrebbero essere ascritti comportamenti non meno rabbiosi. Ma non è questo il punto su cui vorrei soffermarmi. La lotta all'odio mi pare infatti nasconda qualche cosa. Mi pare che si soffermi solo sulla superficie del problema e che non vada a fondo, non si interroghi cioè sul contesto in cui nascono questi sentimenti. Partiamo da un dato: credere che esistano manifestazioni d'odio solo perché esistono dei partiti che le fomentano o perché stanno tornando in auge vecchie ideologie è falso.

Questo sentimento di cui tanto si parla ha delle precise ragioni sociali. Non ha niente a che fare col fascismo o col nazismo. Esso è assolutamente interno al nostro assetto economico, dominato dall'ideologia neoliberale e dunque dall'ideologia che ha promosso l'allentamento dei legami sociali ed affettivi, la disintermediazione politica e sindacale, l'atomizzazione della società e dunque la crisi dei valori comunitari ed affettivi. Vi ricordate Ronald Reagan?: "Bisogna affamare la bestia" è lo slogan che caratterizza questa nostra epoca neoliberale, e che è stato ripreso anche dalla sinistra. Tommaso Padoa-Schioppa, ministro dell'economia durante il secondo governo Prodi, con parole simili a quelle di Reagan diceva che occorreva rimettere gli italiani a "contatto diretto con la durezza del vivere". Come ha descritto in maniera esemplare Onofrio Romano nel suo recente volume, “La libertà verticale”, a partire dagli anni Ottanta il neoliberismo ha destrutturato la società e flessibilizzato il lavoro per riavvicinare i cittadini, in passato protetti dal sistema del welfare state, a una condizione di crisi esistenziale e di precarietà allo scopo di riattivare nei singoli quelle energie che la protezione garantita dallo stato durante il trentennio glorioso aveva assopito. Il neoliberismo ha in questo modo rimesso i singoli cittadini nella condizione di dover tornare a dover lottare per fronteggiare i bisogni primari. Con il neoliberalismo, quello che prima sembrava scontato, un lavoro, una casa, delle protezioni sociali finisce. Si ritorna a dover lottare per sopravvivere.

Il neoliberismo ha in questo senso riportato i singoli a una condizione civile e umana più arretrata, verrebbe da dire più animale. Ha fatto riscoprire la "durezza del vivere", ha "affamato la bestia". È chiaro che in un contesto in cui l'essere umano viene ridotto a una bestia, in cui si ritorna cioè a uno stadio di darwinismo sociale le reazioni politiche non potranno che essere irrazionali, violente, cariche di odio, e questo è vero soprattutto per quelle fasce di popolazione che in passato hanno conosciuto la stabilità garantita dallo stato con il welfare state. Ecco che allora lottare contro l'odio è qualche cosa privo di senso, che non tocca la questione di fondo. Non solo, anche l'accostamento dei sentimenti che attraversano la società con l'ideologia fascista risulta totalmente fuorviante. Nasconde i veri responsabili della condizione attuale e cioè tutte quelle agenzie, quelle organizzazioni sovranazionali e quale associazioni culturali che hanno favorito l'avanzata neoliberale e che hanno permesso che gli stati si impoverissero sempre di più creando spaventose diseguaglianze ed eliminando dal discorso pubblico qualsiasi pensiero volto a riscoprire l'individuo dentro il collettivo.

Care sardine, se volete combattere l'odio dovete allora combattere contro il neoliberalismo e proporre una società diversa da quella attuale. In caso contrario non sarete altro che uno strumento di falsa coscienza del potere attuale.

*Professore associato all'Università Sorbonne di Parigi

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