Stalin consegnava ebrei ai nazisti?

Stalin consegnava ebrei ai nazisti?

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Pare che circa 3 milioni e mezzo di italiani abbiano visto Alberto Angela che, in una trasmissione sui rastrellamenti nazisti degli ebrei avvenuti durante la Seconda Guerra Mondiale, è riuscito ad inserire un attacco contro “i russi”, che avrebbero consegnato ebrei alla Germania. È evidente che si tratta di un innesto utile a proseguire la narrazione borghese dell'accostamento dei due “feroci totalitarismi”, la Germania nazista e l'URSS comunista. Sulle responsabilità ben più serie e gravi di USA, Gran Bretagna, Francia e perfino Italia nell'ascesa del nazismo e nella tragedia della Shoah si potrebbero e si sono versati fiumi di inchiostro, non sempre oggetto dell'adeguata attenzione. Per chi fosse interessato a tali aspetti consiglio i brevi rimandi offerti già ricordati da Francesco Santoianni (vd Stalin consegnava gli Ebrei da gasare ai nazisti. Una colossale bufala targata RAI), e in maniera più articolata i materiali offerti nel capitolo 10 del libro In Difesa del Socialismo Reale (scaricabile su http://intellettualecollettivo.it/), in cui si mostrano anche, all'opposto della narrazione borghese, gli enormi meriti sovietici nella salvezza di milioni di ebrei.

 

 

 

Per quanto riguarda nello specifico l'accusa di Angela, va spiegata un po' meglio, riguardando essa il periodo conseguente l'autunno 1939. Dopo la firma del patto Molotov-Von Ribbentrop (per capire il quale rimando sempre a “In Difesa”) datato 23 agosto 1939, l'ambasciatore tedesco Schulenberg, seguendo richieste simili dell'ambasciatore italiano, chiese ai sovietici di avere tutti i tedeschi detenuti nei gulag, esclusi gli ebrei. Tra essi vi erano chiaramente anche molti prigionieri politici, borghesi o “comunisti tedeschi e austriaci” (circa 500 secondo un articolo del PCL, coinvolti per lo più in quella che due giornalisti statunitensi chiamarono “la grande congiura contro l'URSS”). I sovietici, al fine di mantenere buoni rapporti ed evitare di dare appigli per mettere in discussione il patto (tale la politica cauta di Stalin utile per prendere più tempo possibile in vista della guerra che si riteneva inevitabile), accettarono, chiedendo in cambio che la Germania facesse lo stesso con i prigionieri sovietici detenuti nei lager. Consegnarono di conseguenza tutti i prigionieri tedeschi, compresi gli ebrei, evidentemente o perché non riconosciuti come una nazionalità particolare, o per antisemitismo da parte di alcuni settori dell'NKVD, che presiedeva le operazioni. Vanno ricordati a tal riguardo alcuni aspetti particolari:

 

 

 

1) L'NKVD era stato guidato negli anni precedenti da Jagoda e poi da Ezov, accusati non senza motivo di essere parte del grande complotto guidato da Trockij per cercare di eliminare il Governo Stalin (fatti, questi, accertati dalla storiografia recente, i cui materiali principali sono riportati nei capp. 5-8 di “In Difesa”, dove trovate anche molti resoconti dei processi di Mosca; segnalo inoltre l'ottimo resoconto offerto nel recente Il volo di Pjatakov). Dall'autunno 1938 subentra alla guida dell'organizzazione Berija, con cui viene cambiato un elevato numero di quadri e funzionari. Si possono dire tante cose su Berija, ma è difficile accusarlo di antisemitismo, dato che ha avuto nel proprio entourage diversi ebrei, così come Stalin d'altronde. Nel 1942 Berija sarà anzi addirittura tra i promotori del Comitato Antifascista Ebraico.

 

 

 

2) È errato quindi pensare che Stalin, il PCUS e l'URSS siano stati antisemiti. Già il 12 gennaio 1931 Stalin, rispondendo ad una richiesta dell'Agenzia Telegrafica Ebraica d'America, affermava: “Lo sciovinismo nazionale e razziale è una sopravvivenza di costumi antiumani che sono propri al periodo del cannibalismo. L'antisemitismo, quale forma estrema di sciovinismo razziale, è la più pericolosa sopravvivenza di cannibalismo. L'antisemitismo è utile agli sfruttatori come parafulmine che eviti al capitalismo il colpo dei lavoratori. L'antisemitismo è pericoloso per i lavoratori come falso sentiero che li stacca dal giusto cammino e che li porta nella giungla. Per questa ragione i comunisti, quali conseguenti internazionalisti, non possono non essere inconciliabili e mortali nemici dell'antisemitismo. Nell'URSS si persegue nel modo più severo con la legge l'antisemitismo come fenomeno profondamente avverso al sistema sovietico. Gli antisemiti attivi si puniscono, in base alle leggi dell'URSS, con la pena di morte.”

 

3) Non è da escludere quindi che l'NKVD abbia agito a tal riguardo in autonomia nella scelta di consegnare gli ebrei “sgraditi” ai tedeschi. Occorre ricordare anche in questo caso, fatto anch'esso spiegato e dimostrato, che Stalin e il PCUS non sempre avevano l'ultima parola su ogni piccola facezia. Tutt'altro che onnipotenti, come si ama credere, essi coordinavano e davano le direttive solo sulle macro-questioni, lasciando poi ai quadri locali di sbrogliarsela secondo indicazioni precise ma assai spesso poco rispettate. È certo che uno scambio di prigionieri non potesse quindi avvenire senza il consenso del Partito. Non mi risulta però che il Partito abbia dato lo specifico ordine di consegnare anche gli ebrei. Se è vera quindi tale storia che i tedeschi non volevano i prigionieri ebrei, è probabile che la loro consegna sia stata responsabilità esclusiva di qualche dirigente o funzionario dell'NKVD. È difficile, per quanto non impossibile data la spregiudicatezza politica del personaggio, che la scelta sia dovuta a Berija, ma non è nemmeno da escludere che la cosa sia potuta avvenire per indifferenza o per connivenza antisemita di qualche quadro intermedio infiltrato nell'organizzazione. Nonostante infatti le leggi sovietiche punissero gravemente l'antisemitismo, tale fenomeno non era del tutto scomparso tra le masse sovietiche, cresciute per decenni nella giustificazione ideologica dei pogrom in epoca zarista.

 

 

 

Occorre anche ricordare che all'epoca non si palesava ancora nessuna “soluzione finale” degli ebrei (solo dall'agosto 1941 i tedeschi iniziano a parlare in tal senso di sterminio sistematico di massa), e che i casi di cui si discute rappresentino davvero un numero esiguo: i prigionieri complessivi consegnati ai tedeschi furono poche centinaia di persone. Posti di fronte ai massacri di milioni di esseri umani messi in atto a quei tempi (ma anche tuttora) dall'imperialismo occidentale in tutto il mondo, l'attenzione che si è data alla questione è veramente ridicola e aggravata dal silenzio sulle responsabilità dei “democratici” dell'epoca e di quelli odierni. Hanno ragione i compagni che ricordano come non si vincano i premi oscar senza falsificare la storia e non si vada in televisione (se non di rado) a offrire divulgazione scientifica senza accettare in una certa misura l'accettazione di una propaganda anticomunista. Ricordo che uno dei più grandi intellettuali dell'epoca contemporanea, Domenico Losurdo, che su questi temi ha scritto anni fa un capolavoro (Stalin. Storia e critica di una leggenda nera), è stato scientemente oscurato dai media.


Sarebbe utile che Alberto Angela e i programmi di divulgazione della RAI, pagati con denaro pubblico, divulgassero i contenuti delle sue opere, tradotte e diffuse in tutto il mondo, piuttosto di portare avanti un processo di revisionismo storico sempre più avanzato teso evidentemente a favorire la lotta culturale e politica dei settori “liberali” e “democratici” odierni. A quanto pare, nonostante tutto, di fronte alla crisi economica, componente strutturale del capitalismo, lo spettro del comunismo continua ancora a far paura.

 

 

Alessandro Pascale

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