Tra Cina e Stati Uniti: come Lee Jae-myung ridefinirà la diplomazia sudcoreana
L’abbandono dell’approccio ideologico del governo Yoon in favore degli interessi nazionali
L’elezione di Lee Jae-myung alla presidenza della Corea del Sud segna un momento di possibile cambiamento per il Paese asiatico. Dopo sei mesi di caos politico ed economico innescati dal tentativo fallito dell’ex presidente Yoon Suk-yeol di imporre la legge marziale, il ritorno alla normalità istituzionale si accompagna a una svolta significativa nell’approccio diplomatico di Seul. La vittoria di Lee, appartenente al Partito Democratico liberale, non solo rappresenta un chiaro mandato per la stabilità interna, ma promette anche una ridefinizione della politica estera sudcoreana, incentrata su pragmatismo, equilibrio e una maggiore autonomia strategica.
Il governo Yoon ha seguito una linea fortemente orientata verso gli Stati Uniti e il Giappone, adottando una "diplomazia basata sui valori" che ha spesso ignorato le complessità regionali e i rapporti storici con i vicini asiatici. Questo approccio, come riconosciuto da molti analisti, non ha portato i risultati sperati in termini di influenza globale o sicurezza regionale, ma ha invece contribuito a isolare la Corea del Sud in alcuni settori chiave, soprattutto nei confronti della Cina.
Lee Jae-myung ha già annunciato l’intenzione di abbandonare questa visione ideologizzata, proponendo una "diplomazia pragmatica" guidata dagli interessi nazionali. Il concetto non è nuovo nella tradizione sudcoreana, ma assume oggi un valore strategico fondamentale. In un contesto globale sempre più polarizzato tra Washington e Pechino, Seul sembra intenzionata a recuperare il proprio ruolo di mediatore e partner affidabile per entrambi i blocchi.
Come ha sottolineato lo stesso Lee, "la diplomazia pragmatica deve andare oltre l’ideologia". Per la Corea del Sud, questo significa riconoscere che la geografia e l’economia non permettono rotture nette con la Cina, il primo partner commerciale del Paese e un mercato essenziale per le imprese sudcoreane. Il recupero delle relazioni con Pechino è quindi uno dei pilastri centrali del nuovo corso estero.
Le relazioni bilaterali tra Cina e Corea del Sud hanno toccato livelli minimi sotto il governo Yoon, soprattutto a causa di dichiarazioni considerate offensive sulla questione di Taiwan. La leadership cinese ha accolto con favore l’elezione di Lee, ribadendo l’importanza dello sviluppo reciproco e la volontà di collaborare per costruire una partnership strategica fondata su mutuo rispetto e benefici condivisi.
Pechino ha ricordato che la crescita rapida delle relazioni tra i due Paesi negli ultimi tre decenni è stata possibile grazie al superamento delle differenze ideologiche e al perseguimento di obiettivi comuni. Ora, con un governo meno schierato, si apre la possibilità di ripristinare canali diplomatici regolari e rilanciare la cooperazione economica, tecnologica e culturale.
La Cina rimane il principale mercato per l’export sudcoreano, in particolare nel settore high-tech e automobilistico. Al contempo, il sistema industriale cinese altamente integrato offre opportunità per una collaborazione avanzata nelle catene di fornitura globale, nell’energia pulita e nelle nuove tecnologie. Il pragmatismo di Lee potrebbe dunque trasformarsi in vantaggi concreti per l’economia nazionale.
Un altro punto nodale della nuova politica estera sudcoreana riguarda il rapporto con Pyongyang. Il governo Yoon ha adottato un atteggiamento molto rigido nei confronti del Nord, accentuando la tensione militare e riducendo ogni forma di dialogo. Lee, invece, ha promesso di riprendere il dialogo inter-coreano, ispirandosi all’eredità dei summit di Panmunjom del 2018.
Nel suo discorso inaugurale, Lee ha annunciato l’intenzione di creare un comitato militare congiunto con la Corea del Nord per gestire le tensioni lungo il confine e prevenire incidenti. Ha anche espresso interesse per un approccio trilaterale con Washington e Pechino, indicando una volontà di coordinare meglio le politiche di sicurezza regionale.
Nonostante il cambio di rotta, Lee non intende rompere con gli Stati Uniti. Al contrario, ha ribadito la volontà di mantenere una solida alleanza, ma con un approccio più indipendente e critico. Il riferimento alle tariffe commerciali statunitensi sulle importazioni di acciaio e alluminio, che hanno danneggiato l’economia sudcoreana, mostra una maggiore consapevolezza dei costi geopolitici dell’allineamento incondizionato.
Inoltre, Lee parteciperà al vertice NATO a L’Aia e potrebbe essere incluso nel G7 in Canada, occasioni importanti per rafforzare i rapporti multilaterali senza compromettere l’autonomia strategica. Il suo incontro con Donald Trump, previsto in questi eventi, sarà probabilmente uno dei momenti decisivi per testare la sua capacità di negoziare in un contesto globale instabile.
In un ultima analisi, con una politica estera meno schierata, maggior attenzione ai vicini asiatici e un rinnovato impegno per la pace nella penisola coreana, Seul può ritrovare il ruolo centrale nell’Asia orientale. Non solo un partner strategico degli Stati Uniti, ma anche un interlocutore credibile per la Cina e un fattore di stabilità per la regione.