Venezuela, il golpe e il PD

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Venezuela, il golpe e il PD



di Pino Cabras*


Poche ore dopo che il politico dell’opposizione venezuelana Juan Guaidò ha pronunciato un tentativo di colpo di Stato militare, il primo soccorso internazionale è giunto dallo spicchio piddino della Camera dei deputati italiana, per voce di Lia Quartapelle Procopio, la quale ha fatto appello al governo Conte affinché appoggi il golpe in nome della libertà. Non avevo fin qui mai sentito in presa diretta un intervento così smaccatamente in favore di un putsch. Questo avviene mentre il governo spagnolo, che pure aveva “riconosciuto” Guaidò, dichiara solennemente che «non appoggerà nessun golpe militare».

Quando in Aula ho contribuito con più interventi alla posizione prudente della Repubblica italiana ho sempre richiamato quanto sarebbe irresponsabile favorire le condizioni di una guerra civile se si assecondassero gli avventurismi e le forzature di tipo golpista. 

Nella mia dichiarazione di voto a nome del M5S sulla risoluzione sul Venezuela del 12 febbraio 2019 l’avevo detto in modo netto: «Da questo aspetto non si scappa: Guaidó nell’immediato può riuscire a esercitare davvero il potere solo in tre modi che comportano tutti un enorme incremento della violenza: o un’insurrezione militare, o una rivolta popolare armata (che si scontrerebbe con l’altro blocco politico e sociale) oppure con un intervento straniero.» Facile profezia, dunque, visto che l’autoproclamato presidente ad interim non controllava né controlla i poteri dello Stato venezuelano: non ha presa sull'amministrazione, non dirige i ministeri, non ha in mano le forze dell’ordine, non ha strumenti per garantire gli impegni internazionali presi in carico dal suo paese. Chi ha tentato di riconoscerlo si è trovato in un vicolo cieco diplomatico, che riduceva le chance per il dialogo e ricopriva di incertezze le normali questioni pratiche delle relazioni fra Stati, compresa la protezione dei propri cittadini. Più saggio si è dimostrato il tenere in piedi le vie del dialogo e della mediazione.

Oggi possiamo fare un’altra facile profezia: il sollevamento militare non ci sarà e non ci sarà di conseguenza una reazione repressiva massiccia del governo (come invece preconizza con sguardo transilvanico l’on. Quartapelle). Lo dico osservando in modo spassionato i rapporti di forza e le forme dell’organizzazione politica e sociale del Venezuela, che portano al fallimento della carta “golpe”.

Più che mai occorre evitare di fomentare la guerra civile. Rimane vivo l’interesse dei venezuelani a percorrere un sentiero per la conciliazione nazionale, pacifica e indipendente, attenta alle interdipendenze mondiali e al riconoscimento democratico di tutte le formazioni sociali e politiche del paese. Le scorciatoie sarebbero illusorie, né ci sono ultimatum in grado di produrre effetti utili. 

Ritengo che l’Italia e l’Europa farebbero meglio il loro mestiere se utilizzassero il peso del loro modello economico, aiutando il Venezuela a ricostruire un’economia mista, aperta, con un patto costituzionale sostenuto da tutti i portatori d’interesse.

Consiglierei al PD che spesso invoca l’Europa di concentrarsi su questo potenziale, anziché fare il verso agli esponenti più falchi delle amministrazioni che dichiarano di esportare democrazia ma causano solo caos e guerre civili.

*Deputato del Movimento 5 Stelle. Post Facebook 

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