Venezuela, la risoluzione per fermare Trump affondata al Senato
Via libera di fatto all'escalation militare. La Marina USA schiera portaerei e sottomarini nei Caraibi, mentre Trump rifiuta di escludere attacchi terrestri
Un dibattito molto teso ha avuto luogo nel Senato degli Stati Uniti, dove una risoluzione bipartisan per impedire al presidente Donald Trump di lanciare un’azione militare in Venezuela senza l’autorizzazione del Congresso è stata respinta per un soffio. La proposta, promossa principalmente dai senatori democratici Tim Kaine e Adam Schiff, è stata sconfitta con 49 voti a favore e 51 contrari, nonostante la defezione di due repubblicani che hanno scelto di schierarsi con l'opposizione.
Il voto, seppur negativo, ha messo a nudo una profonda frattura nella politica estera USA e una crescente inquietudine per l’escalation militare nell'area caraibica. La risoluzione rappresentava un tentativo di riaffermare il ruolo del Congresso nelle decisioni di guerra, un potere che i senatori accusano la Casa Bianca di aver eroso. «Siamo stanchi di vedere il Congresso abdicare a questo potere solenne in favore di un presidente», aveva dichiarato con forza il senatore Kaine, sottolineando la necessità di ristabilire l'equilibrio costituzionale di fronte a un Esecutivo che agisce con crescente unilateralismo.
Lo scenario che preoccupa i legislatori è tangibile. Gli Stati Uniti hanno dispiegato una forza navale senza precedenti nei Caraibi, che include la sua portaerei più avanzata, la USS Gerald R. Ford, e persino un sottomarino nucleare. Washington giustifica l'operazione dietro il fallace pretesto di una missione antidroga, ma per molti esperti e per gli stessi senatori si tratta di una strategia diretta a un cambio di regime e di una palese minaccia verso il governo bolivariano di Nicolás Maduro.
Le recenti azioni belliche, con attacchi a navi in acque internazionali che hanno causato almeno 65 vittime, descritte da Washington come narcotrafficanti ma denunciate da familiari ed esperti come pescatori uccisi in esecuzioni extragiudiziali, hanno acuito i timori. Il sospetto, espresso apertamente dal senatore Schiff, è che l'obiettivo reale della Casa Bianca vada ben oltre la lotta al narcotraffico, puntando invece a destabilizzare il governo venezuelano per imporre un leadership affine (leggi Machado) e controllare le immense risorse petrolifere del paese.
Lo stesso Trump, in un’intervista, ha alimentato le speculazioni. Pur negando piani di guerra, ha affermato che i giorni di Maduro sono "contati" e si è rifiutato di escludere esplicitamente "attacchi terrestri", sostenendo di non voler rivelare le proprie mosse strategiche.
La sconfitta della risoluzione, se da un lato consegna a Trump mano libera nell'immediato, dall'altro segnala una significativa resistenza politica alla sua linea dura. Il voto stretto è un monito: una parte consistente del Congresso, trascinando con sé anche frange del Partito Repubblicano, non intende permettere che il presidente utilizzi le forze armate come strumento di una politica personale, rischiando di trascinare il paese in un nuovo conflitto in America Latina.

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