In Venezuela è in corso un colpo di stato, proprio in questo momento

Ma in Italia arrivano solo gli editoriali, pilotati, del New York Times....

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In Venezuela è in corso un colpo di stato, proprio in questo momento


“In Venezuela c’è in corso un colpo di stato. I pezzi si stanno sistemando come in un brutto film sulla CIA. A ogni punto di svolta viene rivelato un nuovo traditore, viene fuori un tradimento, pieno di promesse di rivelare la prova inconfutabile che giustificherà ciò che è ingiustificabile. Le infiltrazioni sono  incontrollate, le voci si diffondono come un incendio furioso, e la mentalità del panico minaccia di prevalere sulla logica. I titoli urlano pericoli, crisi e fine imminente, mentre i soliti sospetti dichiarano una guerra segreta alle persone il cui solo reato è quello di essere il guardiano del più grosso contenitore di oro nero del mondo”. Lo scrive su Telesur Eva Golinger, ma in Italia non arriva nulla al massimo leggiamo dell'editoriale del New York Times o degli attacchi di ABC a Diosdado Cabello di essere un boss della droga per le accuse di Leasmy Salazar, in servizio al tempo del Presidente Chavez, reclutato poi dalla DEA e che ora sta diventando“ la persona preziosa” nella guerra di Washington al Venezuela. Sono note le azioni di disinformazione del NYT sul Venezuela e poi l’uso di un personaggio come Salazar, prosegue Golinger, che era noto a chiunque fosse vicino a Chavez come una delle sue guardie leali, come una forza per screditare e attaccare il governo e i suoi capi, è una tattica della vecchia scuola dell’intelligence, una tattica molto efficace: infiltrate, reclutate e neutralizzate l’avversario dall’interno o con uno dei suoi.
In Venezuela vi è un nuovo tentativo di colpo di stato, come avvenne nel 2002 contro l'allora presidente Chavez. Oggi l'arma scelta è quella, come nel caso della Russia di Putin, del crollo dei prezzi petroliferi decisi dall'Arabia Saudita (Usa). Un'arma a doppio taglio visto i fallimenti e licenziamenti di massa nel settore energetico americano, ma che serve ad eliminare uno dei pochi governi in grado di dire no alle politiche di Wasghington. 
 
Il Venezuela sta soffrendo dell’improvviso e drammatico crollo dei prezzi del petrolio. L’economia del paese che dipende dal petrolio si è gravemente contratta e il governo sta prendendo misure per riorganizzare il bilancio e garantire l’accesso ai servizi e ai beni essenziali, ma la gente sta ancora sperimentando delle difficoltà. Al contrario del fosco quadro fatto dal New York Times, i venezuelani non stanno morendo di fame, non sono senza casa e non soffrono di disoccupazione di massa, come hanno sperimentato nazioni come  la Grecia e la Spagna durante le politiche di austerità. Malgrado  delle mancanze  - alcune causate da controlli valutari e altri da incette volute, da sabotaggi o da contrabbando – il 95% dei venezuelani fanno tre pasti al giorno, una quantità che si è raddoppiata fin dagli anni ’90. Il tasso di disoccupazione è inferiore al 6% e gli alloggi sono sovvenzionati dallo stato.
Ciò nonostante dare la colpa all’economia venezuelana è senza dubbio una strategia che si intensifica rapidamente  eseguita  da interessi stranieri e dalle loro controparti venezuelane, ed è molto efficiente. Dato che le carenze di scorte continuano e l’accesso al dollaro diventa sempre più difficile, ne conseguono panico e caos. Questo malcontento sociale è sfruttato dalle agenzie statunitensi e dalle forze antigovernative in Venezuela che spingono verso un cambiamento di regime. Una strategia molto simile è stata usata in Cile per destituire il presidente socialista Salvador Allende. Prima è stata distrutta l’economia, poi è cresciuto il malcontento  di massa e i militari si sono mossi per cacciare via Allende, sostenuti da Washington in ogni fase. Affinché non  dimentichiamo il risultato: è stata una dittatura brutale guidata dal Generale Augusto Pinochet che ha torturato, assassinato, fatto sparire e costretto all’esilio diecine di migliaia di persone. Non esattamente un modello da replicare.
Quest’anno il presidente Obama ha approvato uno speciale finanziamento del Dipartimento di Stato di 5 milioni di dollari statunitensi per sostenere i gruppi anti-governativi in Venezuela. Inoltre, l’organizzazione National Endowment for Democracy  finanziata dal Congresso,  sta finanziando i gruppi di opposizione in Venezuela con oltre 1,2 milioni di dollari statunitensi e sta aiutando i tentativi di minare il governo di Maduro. Non ci sono molti dubbi che altri milioni per il cambiamento di regime vengano fatti passare tramite altri canali che non sono soggetti a minuzioso esame pubblico.
Il presidente Maduro ha denunciato questi attacchi continui contro il suo governo e ha fatto appello direttamente al presidente Obama di porre fine ai tentativi di danneggiare il Venezuela. Di recente tutte e 33 le nazioni latino-americane e caraibiche, membri della Comunità degli Stati Latino Americani e Caraibici (CELAC), hanno espresso il loro  pubblico appoggio a Maduro e hanno condannato la continua interferenza degli Stati Uniti in Venezuela. L’America Latina rifiuta decisamente qualsiasi tentativo di erodere   la democrazia  nella regione e non  consentirà un altro colpo di stato appoggiato dagli Stati Uniti. E’ ora che Washington ascolti l’emisfero e la smetta di usare le stesse sporche tattiche verso i suoi vicini.

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