Il sud deve impegnarsi?

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Il sud deve impegnarsi?



di Francesco Fustaneo
 

«Occorre che il nostro partito […] distrugga nell'operaio industriale il pregiudizio inculcatogli dalla propaganda borghese che il Mezzogiorno sia una palla di piombo che si oppone ai più grandiosi sviluppi dell'economia nazionale […].» (da Relazione di Gramsci sul III Congresso (Lione) del Partito comunista d'Italia, L’Unità, 24 febbraio 1926)


È polemica per le parole “sprezzanti” pronunciate dal ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, il leghista Marco Bussetti, che in occasione della visita in Campania lo scorso otto febbraio ad Afragola e Caivano (Napoli), intervistato non ha esitato ad “attaccare” il Sud.


Alle domande del giornalista che chiedeva informazioni su eventuali stanziamenti destinati al meridione per recuperare il gap con le scuole del nord, il Ministro rispondeva: “Ci vuole l’impegno del sud, vi dovete impegnare forte, questo ci vuole”.


Più fondi?” tornava a domandare timidamente il giornalista, al quale Bussetti in modo secco rispondeva: “No! impegno, lavoro, sacrificio, impegno, lavoro e sacrifici.”


Non sono mancate le reazioni di protesta da parte di esponenti di più parti politiche e malumori anche all’interno dei 5S, suoi alleati di governo.


In realtà le parole del Ministro non dovrebbero apparire come inaspettate, perché figlie di una concezione di un sud visto perennemente come improduttivo e parassita, zavorra della locomotiva economica settentrionale; un sud, periferia di Italia e d’Europa, che va privato delle risorse pubbliche e da abbandonare economicamente a se stesso. Visione, questa, che in tanti ambienti della Lega cova da tempo.


A Salvini vanno riconosciute abilità politica e di marketing e un’innata destrezza nello sfruttare i social e gli spazi televisivi concessi. Con un’ operazione di restyling, puntando sul cavallo elettorale (finora risultato vincente) del contrasto all’immigrazione, il partito fondato da Bossi è riuscito a estendere i suoi consensi in tutto lo stivale e nelle isole, cosa impensabile solo fino a qualche anno fa. Gli ultimi sondaggi lo darebbero addirittura come primo partito, al 30%.


Eppure nonostante la nuova immagine ricucitasi addosso, tra le sue fila, il filone di pensiero nella Lega sembra essere rimasto lo stesso. Si è soliti dire: “il lupo perde il pelo ma non il vizio”. Come dimenticarsi le parole dell’attuale Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, Gian Marco Centinaio, quando nella scorsa legislatura durante una “calda” sessione parlamentare, inveiva contro il “siciliano” Grasso apostrofandolo con quella che per lui doveva essere l’offesa più ripugnante: “infame ma soprattutto “terrone di merda”.


Salvini, lo stesso personaggio che cantava in coro offendendo i napoletani, che si faceva filmare davanti alle telecamere con felpe e magliette con la scritta “Padania is not Italy”, è riuscito grazie anche alla complicità dei 5S (che al governo stanno facendo letteralmente il suo gioco) nell’impresa di far dimenticare alla gente trent’anni di offese gratuite contro il sud, le invettive contro “Roma Ladrona” e i proclami di secessione spesso annunciati.


Ma la fiamma cova sotto le ceneri e il sentimento antimeridionale è li dietro l’angolo, sempre pronto a saltare fuori, ieri con Centinaio, oggi con Bussetti, domani con chissà chi altro.


Al sud la cosa che comunque dovrebbe più preoccupare della Lega è la sua politica economica: promotori di due referendum consultivi vincenti in Lombardia e Veneto sull’autonomia fiscale, i leghisti hanno una visione economica chiara e non ne fanno mistero: nell’ultima manovra finanziaria, complice la scelta del M5s di puntare sul reddito di cittadinanza in luogo di investimenti infrastrutturali, il taglio delle risorse al Fondo Coesione e Sviluppo è solo uno degli ultimi segnali di conferma di una politica che da parte leghista dovrebbe premiare le regioni del nord convogliando qui le entrate fiscali prodotte nella parte più ricca del paese e progressivamente ridurre gli stanziamenti ad un sud già penalizzato da un notevole gap economico e infrastrutturale. Le parole di Bussetti sono solo una conferma di tutto questo.


Finora la campagna contro l’immigrazione sembra premiarli, nonostante i segnali non esaltanti di un’economia nazionale appena entrata in recessione tecnica, condita da incremento dello spread e crescita preoccupante del tasso di disoccupazione. La domanda però che molti si pongono è la seguente: fino a quando l’attenzione esclusiva al tema dell’immigrazione riuscirà a premiarli e a nascondere dal dibattito politico le problematiche reali del Paese, a partire dall’economia? Da parte loro, i M5s che partivano da una solida base elettorale, hanno svolto finora la parte degli ingenui comprimari, riuscendo a farsi drenare consensi e stanno ora per giocarsi il tutto e per tutto puntando sulla carta del reddito di cittadinanza.


Nel frattempo il meridione, insultato e deriso oggi come ieri, continua a svuotarsi; le fabbriche chiudono, la disoccupazione e i neet aumentano, le strade collassano e in prospettiva futura i tagli ai fondi e l’assenza di seri e consistenti progetti infrastrutturali non fanno prevedere nulla di buono.

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